Sono periodici, direi stagionali.
Si tratta di fenomeni di allergia ricorrente, a cui nessun antistaminico
culturale può porre rimedio. I più colpiti sono proprio quelli che stanno in
luoghi meno sospettabili. Il “Corriere della Sera”, per esempio. Da qualche
tempo due suoi editorialisti della specie “stampa di regime” insistono perché
in Italia si abbattano certi monumenti, si tolgano certe scritte, si cambino certi
nomi di piazze e strade, si faccia piazza pulita di certe memorie. Monumenti,
scritte, nomi, memorie del fascismo e di fascisti, s’intende. Ci fosse un
regime dittatoriale in Italia questi due campioni sarebbero suoi formidabili
cantori, allo stesso modo come lo sono del più sgangherato regime antifascista.
Sono Aldo Cazzullo e Gian Antonio Stella.
Aldo Cazzullo vorrebbe che a Roma
si cancellasse la scritta verticale “Mussolini Dux” dall’obelisco del “Foro
Italico”, già “Foro Mussolini”. Il suo collega Gian Antonio Stella vorrebbe che
a Napoli si cambiasse l’intestazione della via a Gaetano Azzariti, noto
giurista ai tempi del fascismo e presidente della Consulta in era repubblicana
e antifascista, col nome di Luciana Pacifici, una bambina ebrea che non
sopravvisse nel 1943 alla deportazione in Polonia nei lager nazisti e morì
all’età di otto mesi.
Si dirà: che male c’è? Tutto
cambia, tutto scorre; “pànta rêi”, diceva il filosofo greco Eraclito. E’ così
normale! Perciò anche le strade e le piazze si devono adeguare ai regimi e gli
stessi monumenti. Si potrebbe obiettare che allora bisognerebbe demolire
edifici, piazze e monumenti di tre quarti d’Italia, perché costruiti dal
fascismo e irrimediabilmente compromessi col fascismo per via della loro
inconfondibile architettura; ma non servirebbe. Dire che allora bisognerebbe
restituire l’Italia come era prima del fascismo, perfino con la malaria
infestante metà delle coste italiane, servirebbe ancor meno e anzi verrebbe da
ridere. Ma – si sa – i ridicoli si salvano sempre perché non hanno specchi. Dove
potrebbero specchiarsi i Cazzullo e gli Stella? Sono degli autoriflessi.
Questi antifascisti, nostalgici
di una resistenza mai fatta per ragioni anagrafiche e conosciuta solo nella
vulgata di regime, vorrebbero acquisire medaglie ad antifascismo finito e mantenuto
in vita da velleitari eroi del poi, come li chiamerebbe Giusti.
Il personaggio che a Napoli si
vuole cancellare dalla memoria è Gaetano Azzariti, a cui nel 1970
l’amministrazione comunale intitolò la via che oggi, anche per volontà dell’amministrazione
di Luigi De Magistris, si vorrebbe
reintitolare alla bambina ebrea. Stando a quanto dice Stella nel suo articolo "Quel sacrosanto cambio della targa", apparso sul settimanale “Sette” del “Corriere della Sera” del 15 maggio, la
reintitolazione dovrebbe avvenire il prossimo 28 maggio, giorno in cui la Pacifici
avrebbe compiuto 72 anni. L’operazione ha una finalità chiara, un valore
simbolico: via il nome di un indegno italiano perché fascista e al suo posto il
nome di una bambina simbolo della shoah.
Si potrebbe finire qui il
discorso, ma vale la pena fare alcune considerazioni. Chi era Gaetano Azzariti?
Un massacratore fascista? Il capo di una banda tipo Koch? No. Si legge nella
motivazione della delibera per l’intitolazione della via: «Magistrato, nel 1931
era presidente di Corte d’Appello. Messo a riposo nell’ultimo periodo della
guerra dai fascisti della Repubblica Sociale, dopo la liberazione riprese la
sua attività. Ministro di grazia e giustizia nel gabinetto Badoglio, firmò il
decreto per la scarcerazione dei prigionieri politici; quelli contro gli
illeciti arricchimenti e contro la pena
di morte. Giudice della Corte Costituzionale nel 1955 e di essa presidente nel
1957». Dunque, un italiano come tanti, che ebbe la ventura di vivere e di
operare sotto due regimi diversi e di servirli entrambi con merito.
La motivazione è per Stella
“addomesticata”, perché nasconde il ruolo importante che l’alto magistrato ebbe
durante il fascismo fino alla carica di Presidente del Tribunale della Razza
dal 1939 al 1943. E qui s’incentra l’operazione epurativa: via il nome del boia
e al suo posto quello della vittima. A distanza di più di settant’anni, quando
si dovrebbero giudicare con più serenità i fatti, c’è ancora chi rimesta per
acquisire meriti scaduti.
Si dirà: ma se tutto scorre, non
è anche necessario che ci sia chi tutto faccia scorrere, chi si faccia carico
di un compito che può essere pure poco intelligente ma è sicuramente normale?
Certo, i Cazzullo e gli Stella sono necessari a rendere il mondo come è sempre
stato e sarà, sono i garanti della normalità. Ma è altrettanto normale che
simili personaggi si vestano di panni apparentemente ammirabili, ma in buona
sostanza sgradevoli.
Si pensi a Giuda. Anche il
tradimento è normalità. Se non ci fosse stato lui, come poteva essere tradito
Gesù e dare corso al cristianesimo?
Giuda fu un uomo utile e necessario, non c’è dubbio alcuno, ma resta il simbolo
in eterno del tradimento.
I monumenti e le intitolazioni di
luoghi urbani non dovrebbero mai essere rimossi o cambiati perché testimoniano
la realtà del momento in cui sono stati realizzati. Realtà bella, realtà
brutta? Cosa conta, è la realtà; che non vale far finta che non ci sia o che
non debba esserci. Deidentificare un monumento equivale a privarlo della sua
ratio di fondo, che è di ammonire (da moneo).
Non è certo una cosa intelligente farlo, anche se è normale.
I Cazzullo e gli Stella non
propongono cose intelligenti, ma normali. E fa niente se rivelano la loro indole
di soggetti che ai regimi, comunque questi si presentino, offrono le loro
carezze e le loro adulazioni quando sono in auge, sputi e sberleffi quando sono
caduti.
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