Il rimborso delle pensioni è un
affare politico e non economico. Cerco di spiegarlo. I membri della Corte
costituzionale con la sentenza n. 70 del 30 aprile 2015 sul rimborso
dell’indicizzazione delle pensioni
bloccata dal governo Monti nel 2012 hanno detto chiaramente che
quell’atto era illegittimo. Con ciò hanno dimostrato di non essere dei
cortigiani della politica, come pure c’è chi in questi tristi anni li ha
sospettati, ma dei giudici indipendenti, a prescindere da quanti di essi hanno
votato in un senso o nell’altro.
Quella sentenza ha avuto
l’effetto di una tracheotomia in un paziente che stava per soffocare, non
potendo respirare normalmente. I cittadini italiani, al di là di qualche
centinaio o migliaio di euro che potranno riavere, hanno ottenuto di più, hanno
recuperato la fiducia nelle istituzioni. Cazzo, se non è più importante di una
manciata di euro!
A fronte di una simile sentenza,
che costringe il governo – non parliamo di Stato, che è un’altra cosa – a
restituire ai cittadini depredati quanto di loro spettanza, Renzi ha risposto
da guappariello, quale non si stanca di dimostrare di essere.
Primo, ha fatto la solita
polemica coi soliti nemici, quelli che la legge Fornero
l’avevano pur votata, come se l’aver ragione in una polemica significa essere
nella ragione reale. Secondo, ha preso i soldi del tesoretto, due miliardi
circa, per dare il 1° agosto di quest’anno un bonus, una tantum, a quattro
milioni di pensionati che percepiscono una pensione al disotto di circa
millecinquecento euro lordi (tre volte la pensione minima), facendo sembrare un
grazioso omaggio ciò che è invece solo la restituzione di una parte del “furto”
o, se non vogliamo chiamarlo così, dell’indebita ritenuta perpetrata ai loro danni.
Gli altri son figli di puttana, si dice al paese mio.
Si eccepisce: ma se il governo dovesse
restituire tutti i diciotto miliardi di euro, l’Italia andrebbe oltre il
rapporto deficit/pil con conseguenze disastrose. L’Europa non lo permetterebbe.
A parte la questione
Europa , che ha già tolto agli Stati membri parte di sovranità,
senza neppure un buongiorno o una buona sera, ed ora sta erodendo alla
chetichella parte anche di giustizia, non è esattamente così. Renzi potrebbe
benissimo tagliare qualche spesa, magari tra quelle che lo rendono popolare;
potrebbe aumentare le tasse e restituire i soldi ai legittimi creditori. I quali non sono cittadini di serie B solo
perché hanno una certa età e sono pensionati rispetto ai più giovani e ai non
pensionati, e non sono neppure cadaveri in attesa di sepoltura; ma è gente viva
e vegeta che di andarsene all’altro mondo non ci pensa minimamente, capaci
anch’essi di “trattar il ferro e dar la morte, / e a dritta e a manca …girar lo
scudo / e infaticat[i] sostener l’attacco, / e a pié fermo danzar nel
sanguinoso / ballo di Marte”. Grande Omero!
Ma se Renzi ciò facesse, ossia
restituisse tutti i soldi – e qui la questione diventa politica – non potrebbe
vantarsi di aver fatto questo e quest’altro, di non aver aumentato le tasse e
via propagandando. In altri termini Renzi vuole costruire e rafforzare consenso
coi diritti degli altri, coi soldi degli altri, passando sul cadavere dello
Stato di diritto.
Sulla questione di chi la
famigerata legge Fornero sulle pensioni la votò c’è da fare qualche
considerazione. In quel momento si aveva a livello politico la percezione che
fosse necessaria per evitare il disastro economico del Paese. Ricordiamo la
metafora montiana dell’Italia sull’orlo del
baratro salvata un attimo prima che cadesse?
Sarebbe stato più ragionevole che
il governo dicesse fin d’allora: signori, il Paese ha bisogno dei vostri soldi,
ora li prendiamo e poi ve li restituiamo in un momento più felice. Invece, no.
Presi d’autorità, come bottino rimediato da banditi che entrano in un negozio,
vanno alla cassa, si prendono i soldi e via. Si può vivere così in uno Stato di
diritto?
E il Presidente Napolitano?
Perché non bloccò il provvedimento che la Corte costituzionale ha poi
sentenziato essere illegittimo? Risposta muta perché scontata e perciò
superflua: perché da almeno quattro anni in Europa c’è una lobbie politica che
fa e disfa come vuole. Una lobbie che aveva in Napolitano la referenza italiana. Fu
lei che buttò giù il governo Berlusconi nel novembre del 2011, che rielesse
Napolitano nel 2013, che chiamò al governo prima Letta (Enrico) nel 2013 e poi
Renzi nel 2014. Ovvio, che le cose potrebbero non essere andate esattamente
così, non è la sceneggiatura di un film, questa, è un ragionamento politico; i
dettagli contano poco.
Tra gli episodi poc’anzi citati
non figura la trombatura di Romano Prodi al Quirinale quando ormai la sua
elezione sembrava cosa fatta. Ebbene, lo sanno tutti che Prodi era inviso alla
lobbie cui si è accennato prima. E lo era perché da qualche tempo aveva
espresso giudizi critici nei confronti della politica europea, fra cui la
guerra alla Libia. La sua elezione avrebbe rappresentato uno strappo con
l’Europa. Basta leggere il suo libro “Missione incompiuta”, di recente
pubblicazione, per convincersene.
Per tornare a Bomba, come si
dice, se il governo non restituisce ai pensionati il maltolto o il
provvisoriamente bentolto si infligge un vulnus alla credibilità dello Stato –
qui è proprio il caso di parlare di Stato e non più di governo – perché c’è di
mezzo un’importantissima istituzione, la Corte costituzionale, che è garanzia
di giustizia. Al momento potrebbe non accadere niente, ma chi ha dimestichezza
con la storia sa che certe ferite non si rimarginano mai completamente e
possono costituire un colpo piuttosto grave al progressivo processo di
indebolimento generale del sistema.
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