domenica 27 aprile 2014

Due Papi, due Santi, una Chiesa


Si può scherzare coi Santi? Io credo di sì, perché i Santi sono buoni, capiscono e non sono vendicativi. Invece non conviene scherzare coi fanti, che per stare nel motto sono i loro seguaci, che non capiscono, sono permalosi e se possono te la fanno pagare. Mettiamola così, allora: dai Santi mi guardo io; dai fanti mi guardi Iddio!
Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II oggi, domenica 27 aprile 2014, sono canonizzati, santi a tutti gli effetti. Ora bisogna chiamarli San Giovanni e San Giovanni Paolo, meglio San Gianpaolo per economia di fiato. Il Cardinal Martini, dal luogo in cui si trova, deve parlare con rispetto del papa polacco, nei confronti del quale, chiamato a dare la sua testimonianza nel processo di santificazione,  espresse un parere negativo. A suo dire, non meritava di diventare santo perché nel corso del suo lungo pontificato avrebbe fatto degli errori e non avrebbe saputo tenere rapporti e distanze con talune personalità del secolo poco raccomandabili – il dittatore cileno Pinochet, tanto per fare un nome –; insomma si sarebbe distinto di più come uomo di politica e di potere che come uomo di chiesa e di santità. Ma un santo-santo, per la causa santa, deve anche avere rapporti con Satana. E siccome la santificazione è come una sentenza passata in giudicato, il Cardinal Martini, se pure avesse ragione, dovrebbe tener conto della inappellabilità delle decisioni di Santa Romana Chiesa, ispirata dallo Spirito Santo.
Giovanni XXIII, il Papa buono, nonostante il breve pontificato, 1958-1963, impresse una svolta decisiva alla Chiesa, non solo con il Concilio Vaticano II, continuato dopo la sua morte da Paolo VI, ma anche con una serie di gesti di chiara significanza politica. Fu il Papa che ruppe una certa consuetudine. Si avvicinò alla gente, alla quale seppe sempre parlare con parole di tenerezza e di poesia – celebre il discorso della carezza e della luna – in un modo semplice, di immediata comprensione. Si definì un “sacco vuoto” che poi lo Spirito Santo avrebbe riempito. La gente lo sentì vicino, come mai in precedenza era accaduto ad un papa. Tanto più che il suo predecessore, Pio XII, era stato la rappresentazione della distanza anche quando scendeva dal soglio per incontrare la gente, come in occasione dei bombardamenti al quartiere di San Lorenzo a Roma il 19 luglio 1943. Quando Pio XII apriva le braccia e guardava al cielo sembrava volesse assumere la posizione del Crocifisso o giungere da un capo all’altro del mondo in un gesto ecumenico grandioso. Era coltissimo, parlava una dozzina di lingue. Avrà faticato lo Spirito Santo a trovare un po’ di spazio per metterci qualcosa. Era distante dal cuore della gente. Ma sarà santo pure lui, perché i papi seguono la tradizione degli imperatori romani, ascendono alla gloria dei cieli come i Cesari a quella dell’Olimpo. 
Ma fu anche Giovanni XXIII un papa politico, non meno politico di Pio XII, benché di orientamento decisamente opposto. Dove uno si era caratterizzato per cultura e diplomazia, l’altro si caratterizzò per il suo modo di fare alla buona nell’immediatezza del problema da risolvere, fosse un conforto ai carcerati o un appello ai potenti della Terra per scongiurare la guerra. A Russia – gli disse la figlia di Kruscev che andò a fargli visita dopo la crisi di Cuba – ti chiamano il Papa contadino. Doveva proprio piacere ad uno come Kruscev Giovanni XXIII; come doveva piacere a John Kennedy, il presidente americano della Nuova frontiera. Questi tre uomini ebbero la ventura di vivere e di operare per qualche situazione insieme, tutti e tre funzionali ad un nuovo rapporto tra gli Stati e tra le classi sociali, capaci di rompere col passato.
Giovanni Paolo II è stato il grande papa che ha traghettato il Novecento dall’uno all’altro secolo, non solo e non tanto in senso temporale, 1978-2005, ma anche e soprattutto in senso politico. E’ stato l’iniziatore della serie dei papi stranieri. Lui, polacco, ha contribuito ad abbattere il regime comunista, a mettere in crisi l’impero sovietico, a restituire all’Europa quell’unità geopolitica che la spartizione di Jalta nel dopoguerra aveva fortemente messo in discussione. Non solo la riunificazione tedesca con l’abbattimento fisico e assai più simbolico del Muro di Berlino, ma anche il recupero all’Europa di terre cristiane ed europee in un processo che è tuttora in corso come i fatti drammatici dell’Ucraina dimostrano.
Questi due papi, ora santi, pur nella loro distanza ideologica, l’uno più spostato a sinistra, l’altro più spostato a destra, per usare categorie profane, hanno reso all’umanità in momenti diversi dei servigi straordinari. La visione della Chiesa che ha bisogno di scelte, apparentemente opposte, ma sempre votate all’unico bene comune, si è affermata con questi due pontefici, a riproporre quella bellissima immagine di San Francesco e di San Domenico, celebrati nel Paradiso da Dante Alighieri. Santi diversi, ordini diversi, fanti diversi, ma tutti utili alla chiesa e al mondo.
Spesso si dice che il Papa non fa politica. Recentemente Francesco ha respinto l’accusa di comunismo, ma non v’è dubbio alcuno che la politica la fanno, sanno di farla, per raggiungere obiettivi che nel momento in cui la fanno ritengono importanti per gli uomini e per gli stati. Forse non condividono il linguaggio comune: loro operano per il bene senza porsi dei problemi di etichettatura; fanno quello che noi chiamiamo politica.

Che poi per farli santi si abbia bisogno di inventarsi dei miracoli, senza cui non ci può essere santificazione, è un fatto che riguarda la percezione mondana, popolare, che parla un linguaggio e capisce quel linguaggio, fuori del quale non c’è santità né antisantità. I veri miracoli questi due papi li hanno fatti non guarendo da malattie chi per la scienza medica doveva morire senz’altro, ma dando al mondo la speranza di una prospettiva, aprendo sentieri nuovi, contribuendo con altri grandi della Terra a risolvere dei problemi. I veri miracoli sono questi. E per questi non c’è bisogno di scomodare testimoni, postulatori o avvocati del diavolo. Basta vedere cosa hanno lasciato dietro di sé. E più il tempo si allontana dalla loro esperienza terrena e più gli effetti dei loro “miracoli” si accendono, perché il tempo è olio alla lampada dei grandi. 

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