domenica 26 gennaio 2014

Renzi-Berlusconi, la nuova favola bella che oggi c'illude


Ogni volta che cerchiamo una nuova legge elettorale andiamo a guardare nelle vetrine degli altri; in Germania, in Israele, in Francia, in Spagna, i loro modelli colà sperimentati. E’ la nostra psicologia di ultimi arrivati che ci caratterizza fin dall’unificazione nazionale. Ancora oggi discettiamo se è meglio il modello francese, a doppio turno, o quello spagnolo ad un turno. Pare che dall’incontro di Renzi con Berlusconi di sabato sera, 18 gennaio, la scelta sia caduta sul modello spagnolo, ritoccato e battezzato Italicum. Il nome latino denuncia l’eterna retorica italiana, da Cola di Rienzo a Matteo dei Renzi. 
La storia ha dimostrato invece che i migliori modelli non sono acquisibili ma prodotti da ogni popolo in un processo che è frutto di condizioni, storia, esigenze, cultura; modelli che vengono poi continuamente adattati alle mutevoli circostanze.
Tuttavia, quando la vita nazionale è grama ed offre poco, si può benissimo prendere spunto dalla realtà circostante e di qui partire per elaborare un proprio modello. Pur che serva alla bisogna.
Prendiamo per buona la “profonda sintonia” tra Renzi e Berlusconi e poniamo che si adotti l’Italicum. Intanto precisiamo che riguarda l’elezione solo della Camera dei Deputati, perché con la revisione della Costituzione il Senato perderà il suo potere legislativo e non esprimerà voto di fiducia al governo, per diventare Camera delle Autonomie. Il sistema, dunque, sarà monocamerale.
Ecco come dovrebbe essere il sistema elettorale così ipotizzato, particolare più particolare meno: il paese viene diviso in 118 circoscrizioni, ogni circoscrizione elegge da un minimo di 4 ad un massimo di 5 deputati, un solo turno ma in caso di necessità due turni, varie soglie di sbarramento, la minima è del 5 %, premio di maggioranza del 15 % (92 deputati), listini bloccati. Il secondo turno scatta allorquando nessuno degli schieramenti prende il 35 % dei voti che dà diritto al premio di maggioranza e mette a confronto i due schieramenti più votati al primo turno.
Questo modello favorisce il bipolarismo, i partiti con forte rappresentanza locale; la soglia alta di sbarramento (5 % se in coalizione, 8 % da soli) impedisce ai piccoli partiti di avere rappresentanza parlamentare, di fatto li elimina dalla scena politica. 
Se così dovesse passare la riforma elettorale – cosa assai improbabile – in Italia nascerebbe la Terza Repubblica, anzi sarebbe la vera Seconda Repubblica, a carattere stabilmente bipolare: una maggioranza che governa, un’opposizione che controlla e si prepara a diventare a sua volta maggioranza.
Perché si ha ragione di essere quanto meno scettici? Per una serie di considerazioni. La prima è che si farà pretestuosamente una guerra per avere il voto di preferenza. Ma la ragione sostanziale è che questo sistema deve fare i conti con la realtà degli italiani, che – ovvio! – non sono né tedeschi, né francesi, né spagnoli. La realtà degli italiani ci dice che tanto in maggioranza quanto all’opposizione essi hanno una grande vocazione al nomadismo, ovvero al trasformismo, fenomeno che solo di recente ha assunto il nome di scilipotismo dal pittoresco parlamentare siciliano Domenico Scilipoti. Questo fenomeno lo si riscontra anche nel frazionamento di un gruppo parlamentare e nella nascita di altri gruppi, quando il numero sufficiente dei parlamentari consente di entrare in mobilità e di associarsi in un nuovo gruppo. L’ultimo caso è stato il Nuovo Centro Destra di Alfano e amici, che hanno lasciato il gruppo del Pdl e dato vita al proprio. Dunque, dopo le elezioni, avvenute col modello di cui si è parlato, la geografia politica può sempre cambiare, a danno del bipolarismo e della governabilità.
E’ di tutta evidenza che il vero problema della politica italiana è come impedire lo stravolgimento del bipolarismo, che, uscito tale dalle elezioni, può diventare, per le ragioni dette, un confuso assemblearismo. Per questo si dovrebbe introdurre quel principio da tutti ritenuto opportuno ma da nessuno voluto che è il vincolo parlamentare, che non consente il passaggio di un parlamentare da un gruppo all’altro, da un polo all’altro, né di dar vita ad un nuovo gruppo parlamentare. L’attuale art. 67 della Costituzione recita: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». Questo principio andrebbe abolito – dispiace dirlo – perché poco s’attaglia agli italiani, i quali nella loro storia unitaria hanno dato ampie prove di cambiare e ricambiare non già per interesse della Nazione ma per interesse personale o per giochi di potere. Bisognerebbe introdurre il vincolo di mandato. E’ inutile e dannoso insistere su certi principi – belli e importanti – ma poco adatti al carattere di un popolo, che alla democrazia liberale dovrebbe essere educato attraverso un’adeguata fase di coazione. 
E’ inoltre sotto gli occhi di tutti la finta dei partitini di confluire in un unico partito o in una coalizione per superare la soglia di sbarramento per poi, una volta in Parlamento, dividersi in vari gruppi parlamentari con politiche a volte anche contrastanti.
Probabilmente l’intesa Renzi-Berlusconi sulla nuova legge elettorale finirà per perdere i caratteri originari, perché le opposizioni esterne ed interne del Pd e del Centrodestra daranno battaglia per aggiustare le cose in modo tale che alla fine tutto resterà come prima. Su questo Renzi si gioca più della faccia. Ha ragione di dire che si gioca tutto. Non si dimentichi – purtroppo in Italia accade di non ricordare mai i fatti passati, neppure quelli del giorno prima – che la legge Calderoli, la famosa “porcata”, poi diventata per questo “porcellum”, fu stravolta dal suo testo originario.

L’intesa Renzi-Berlusconi non è certo la panacea di tutti i mali della politica italiana, ma per le delusioni vissute in questi ultimi vent’anni appare come una favola bella. Con la speranza che essa non si concluda come quella di Ermione della d’annunziana Pioggia nel pineto.

1 commento:

  1. La situazione è drammatica. Già subito dopo l'accordo di massima, sono iniziate le richieste di "aggiustamento".
    Oggi, 27 Gennaio, dell'iniziale accordo è rimasto poco, tanto che Renzi minaccia la chiusura della legislatura se non verrà approvata la legge elettorale con una base compatibile secondo l'accordo.
    Forse la probabilità di tornare a casa indurrà i deputati alla resipiscenza; non ci credo, questi sono capaci di tutto e se la meneranno fino allo sfinimento.

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