domenica 19 gennaio 2014

Berlusconi, Grillo e Renzi: populismo e populisti


In Italia si continua ad agitare la minaccia populista, per scongiurarla. Ma chi sono i tementi,  chi i temuti?  I campioni dell’antipopulismo sono i democratici. I campioni del populismo sono il partito di Berlusconi, il movimento di Beppe Grillo e dulcis in fundo il modo di far politica di Matteo Renzi, una sorta di populismo fatto in casa, questo, la serpe cresciuta nel seno Pd.
Ma cosa si intende per populismo? Mettendo da parte analisi e definizioni di sofisticata politologia, populismo nell’accezione più immediata e semplice è pensare, volere e agire come pensa, vuole e agisce il popolo. E questo spaventa i democratici? Sì, li spaventa. Perché ritengono che si tratti di un pensar basso, senza una cultura politica di progresso, di innalzamento del livello di civiltà.
E’ sulla definizione di popolo che si dovrebbe convergere in accordo. Giovanni Berchet nella sua Lettera semiseria del 1816, due secoli fa, divise la società in tre parti: i parigini, il popolo, gli ottentotti. I primi erano le persone aristocratiche, colte, sofisticate; gli ottentotti erano gli ignoranti, i rozzi, privi di qualsiasi cultura; il popolo erano i liberali, i borghesi, i produttori, i professionisti, in breve il ceto medio. Oggi una simile ripartizione non s’attaglia, anche se vagamente potrebbe trovare analogie e corrispondenze. Ai tempi del Berchet i classicisti erano contro i romantici, ed essi erano col popolo; i democratici di oggi non disprezzano il popolo – non potrebbero farlo senza negare se stessi in radice – ma ritenendosi per qualche aspetto dei parigini lo sospingono quasi al livello degli ottentotti.
Premesso che democrazia ha in sé il concetto di popolo – significa letteralmente «potere del popolo» –  non dovrebbe un buon governo fare ciò che il popolo chiede? In genere il popolo vuole il bene immediato, poco maledetto e subito, e d’altro non sembra preoccuparsi, per soddisfare i bisogni materiali e quotidiani di cui avverte l’impellenza, secondo criteri utilitaristici. In genere, invece, i democratici si preoccupano di migliorare la qualità della vita in termini anche di civiltà, di conquista di nuovi diritti e libertà civili, di prospettiva.
Una simile differenziazione è piuttosto radicale e dà l’idea che gli uni non mangino oggi per mangiare meglio domani; gli altri mangiano oggi perché di doman non v’è certezza. Così non dovrebbe essere. L’azione politica contempera sempre l’oggi e il domani, la circostanza e la prospettiva, privilegiando, a seconda delle situazioni, ora un aspetto ora un altro. E’ decisamente sbagliato attestarsi su posizioni radicali, nefaste le une e nefaste le altre.
Facciamo alcuni esempi. In Italia, paese in cui vige la democrazia, i politici sono pervasivamente corrotti. Non c’è giorno che non si informi la gente che in tutte le regioni d’Italia consiglieri ed assessori hanno abusato del denaro pubblico per spese personali, anche ridicole come mutande, dentifrici, bottiglie di liquori, pecore e vitelli. Cosa pensa in merito il popolo e cosa vuole? Pensa che quanto meno quei politici, responsabili di quei reati, dovrebbero vergognarsi, risarcire lo Stato restituendo entro e non oltre una certa data il mal preso, lasciare la politica senz’altro; in caso contrario, sequestro dei beni e interdizione dei pubblici uffici. Questo vorrebbero i populisti.
In un paese serio e veramente democratico tutti dovrebbero volere questo e tutti dovrebbero essere d’accordo a perseguirlo. Invece, cosa accade? Che i populisti sfruttano l’indignazione popolare per raggiungere il potere, sottraendolo ai democratici, i quali, per non cedere alle pressioni dei populisti, a parole sono contro i corrotti, nei fatti difendono la situazione per come è.  Se ne deduce che i ladri e i corrotti, se democratici, sono da preferire ai populisti, a prescindere se essi siano onesti o meno.
Così, mentre la situazione è ferma per l’impotenza dei democratici, il populismo monta, s’accresce e minaccia prospettive che vengono presentate come antidemocratiche. E intanto chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, alla partenopea.  Alle successive elezioni, coi soldi capitalizzati disonesti e corrotti si ri-propongono, vengono ri-eletti e ri-rubano.
Un altro esempio. Per una cosa da niente la giustizia impiega anni per arrivare a sentenza, quando quale che sia l’esito nulla ha più a che fare con la giustizia. I condannati per crimini gravi non scontano la pena e a pizzica e mozzica se la cavano con pochissimo. Che cosa pensa, che cosa vuole il popolo? Pensa e vuole che chi commette reati, gravi o meno, debba scontare per intero la pena. Condividere un simile pensiero è populismo, perché non tiene conto dei diritti dell’individuo, che, sebbene in carcere, deve star bene e più che punito deve essere rieducato. Cosa propongono i democratici in alternativa? Nulla, assolutamente nulla, dato che finora non hanno comandato i populisti in Italia ma i democratici e le leggi che consentono a delinquenti e criminali di non scontare la pena le hanno fatte i democratici. Far scontare la pena per intero, in ragione della gravità dei reati commessi, non è democratico. Vai a capire perché! Nel frattempo l’indignazione popolare aumenta, siccome viene meno la sicurezza dei cittadini.
Ma il populismo in sé si presta ad interpretazioni contraddittorie. Perché è populismo chiedere giustizia, colpire i corrotti senza perdere tempo, dare risposte ai cittadini in tempi comprensibilmente utili, e non è populismo la legalizzazione della droga, l’aborto, il divorzio, il matrimonio gay, e tutta quella serie di libertà dette diritti civili? C’è forse popolo e popolo? C’è un popolo da condannare se la pensa in un certo modo e un altro da ascoltare e assecondare se la pensa in un altro?  E’ solo una questione di numeri, dato che certe sensibilità riguardano comunque una minoranza? Forse. Sta di fatto che in politica tutto avviene in funzione elettorale; si governa per avere il consenso del popolo. In questo senso il populismo svolge un ruolo di mediazione, tanto in democrazia quanto in dittatura, che è di garantire il popolo da chi governa, impedendogli di concretizzare iniziative antipopolari.

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