Ogni volta che cerchiamo una
nuova legge elettorale andiamo a guardare nelle vetrine degli altri; in
Germania, in Israele, in Francia, in Spagna, i loro modelli colà sperimentati.
E’ la nostra psicologia di ultimi arrivati che ci caratterizza fin
dall’unificazione nazionale. Ancora oggi discettiamo se è meglio il modello
francese, a doppio turno, o quello spagnolo ad un turno. Pare che dall’incontro
di Renzi con Berlusconi di sabato sera, 18 gennaio, la scelta sia caduta sul
modello spagnolo, ritoccato e battezzato Italicum.
Il nome latino denuncia l’eterna retorica italiana, da Cola di Rienzo a Matteo
dei Renzi.
La storia ha dimostrato invece
che i migliori modelli non sono acquisibili ma prodotti da ogni popolo in un
processo che è frutto di condizioni, storia, esigenze, cultura; modelli che
vengono poi continuamente adattati alle mutevoli circostanze.
Tuttavia, quando la vita
nazionale è grama ed offre poco, si può benissimo prendere spunto dalla realtà
circostante e di qui partire per elaborare un proprio modello. Pur che serva
alla bisogna.
Prendiamo per buona la “profonda
sintonia” tra Renzi e Berlusconi e poniamo che si adotti l’Italicum. Intanto precisiamo che riguarda l’elezione solo della
Camera dei Deputati, perché con la revisione della Costituzione il Senato
perderà il suo potere legislativo e non esprimerà voto di fiducia al governo,
per diventare Camera delle Autonomie. Il sistema, dunque, sarà monocamerale.
Ecco come dovrebbe essere il
sistema elettorale così ipotizzato, particolare più particolare meno: il paese
viene diviso in 118 circoscrizioni, ogni circoscrizione elegge da un minimo di
4 ad un massimo di 5 deputati, un solo turno ma in caso di necessità due turni,
varie soglie di sbarramento, la minima è del 5 %, premio di maggioranza del 15
% (92 deputati), listini bloccati. Il secondo turno scatta allorquando nessuno
degli schieramenti prende il 35 % dei voti che dà diritto al premio di
maggioranza e mette a confronto i due schieramenti più votati al primo turno.
Questo modello favorisce il
bipolarismo, i partiti con forte rappresentanza locale; la soglia alta di
sbarramento (5 % se in coalizione, 8 % da soli) impedisce ai piccoli partiti di
avere rappresentanza parlamentare, di fatto li elimina dalla scena
politica.
Se così dovesse passare la
riforma elettorale – cosa assai improbabile – in Italia nascerebbe la Terza Repubblica , anzi sarebbe
la vera Seconda Repubblica, a carattere stabilmente bipolare: una maggioranza
che governa, un’opposizione che controlla e si prepara a diventare a sua volta
maggioranza.
Perché si ha ragione di essere
quanto meno scettici? Per una serie di considerazioni. La prima è che si farà
pretestuosamente una guerra per avere il voto di preferenza. Ma la ragione
sostanziale è che questo sistema deve fare i conti con la realtà degli
italiani, che – ovvio! – non sono né tedeschi, né francesi, né spagnoli. La
realtà degli italiani ci dice che tanto in maggioranza quanto all’opposizione
essi hanno una grande vocazione al nomadismo, ovvero al trasformismo, fenomeno
che solo di recente ha assunto il nome di scilipotismo dal pittoresco
parlamentare siciliano Domenico Scilipoti. Questo fenomeno lo si riscontra
anche nel frazionamento di un gruppo parlamentare e nella nascita di altri
gruppi, quando il numero sufficiente dei parlamentari consente di entrare in
mobilità e di associarsi in un nuovo gruppo. L’ultimo caso è stato il Nuovo
Centro Destra di Alfano e amici, che hanno lasciato il gruppo del Pdl e dato
vita al proprio. Dunque, dopo le elezioni, avvenute col modello di cui si è
parlato, la geografia politica può sempre cambiare, a danno del bipolarismo e
della governabilità.
E’ di tutta evidenza che il vero
problema della politica italiana è come impedire lo stravolgimento del
bipolarismo, che, uscito tale dalle elezioni, può diventare, per le ragioni
dette, un confuso assemblearismo. Per questo si dovrebbe introdurre quel
principio da tutti ritenuto opportuno ma da nessuno voluto che è il vincolo
parlamentare, che non consente il passaggio di un parlamentare da un gruppo
all’altro, da un polo all’altro, né di dar vita ad un nuovo gruppo
parlamentare. L’attuale art. 67 della Costituzione recita: «Ogni membro del
Parlamento rappresenta la
Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di
mandato». Questo principio andrebbe abolito – dispiace dirlo – perché poco
s’attaglia agli italiani, i quali nella loro storia unitaria hanno dato ampie
prove di cambiare e ricambiare non già per interesse della Nazione ma per
interesse personale o per giochi di potere. Bisognerebbe introdurre il vincolo
di mandato. E’ inutile e dannoso insistere su certi principi – belli e
importanti – ma poco adatti al carattere di un popolo, che alla democrazia
liberale dovrebbe essere educato attraverso un’adeguata fase di coazione.
E’ inoltre sotto gli occhi di
tutti la finta dei partitini di confluire in un unico partito o in una
coalizione per superare la soglia di sbarramento per poi, una volta in
Parlamento, dividersi in vari gruppi parlamentari con politiche a volte anche
contrastanti.
Probabilmente l’intesa
Renzi-Berlusconi sulla nuova legge elettorale finirà per perdere i caratteri
originari, perché le opposizioni esterne ed interne del Pd e del Centrodestra
daranno battaglia per aggiustare le cose in modo tale che alla fine tutto
resterà come prima. Su questo Renzi si gioca più della faccia. Ha ragione di
dire che si gioca tutto. Non si dimentichi – purtroppo in Italia accade di non
ricordare mai i fatti passati, neppure quelli del giorno prima – che la legge
Calderoli, la famosa “porcata”, poi diventata per questo “porcellum”, fu
stravolta dal suo testo originario.
L’intesa Renzi-Berlusconi non è
certo la panacea di tutti i mali della politica italiana, ma per le delusioni
vissute in questi ultimi vent’anni appare come una favola bella. Con la
speranza che essa non si concluda come quella di Ermione della d’annunziana Pioggia nel pineto.
La situazione è drammatica. Già subito dopo l'accordo di massima, sono iniziate le richieste di "aggiustamento".
RispondiEliminaOggi, 27 Gennaio, dell'iniziale accordo è rimasto poco, tanto che Renzi minaccia la chiusura della legislatura se non verrà approvata la legge elettorale con una base compatibile secondo l'accordo.
Forse la probabilità di tornare a casa indurrà i deputati alla resipiscenza; non ci credo, questi sono capaci di tutto e se la meneranno fino allo sfinimento.