domenica 29 settembre 2013

Berlusconi è un macigno che rotola giù


Stupisce – ma forse è improprio il verbo – che tanti senatori e deputati, per quanto siano stati nominati e non eletti, si siano messi agli ordini di un uomo, Silvio Berlusconi, che ormai è un macigno che rotola giù a valle e travolge tutto ciò che incontra. Forse si capisce perché lo facciano: pensano che mettendosi davanti come rincalzo riescano a non farlo precipitare. Ma è follia pura, perché ormai ha percorso gran parte del pendio, Berlusconi, e aspetta solo di toccare il piano e fermarsi definitivamente.
Le dimissioni in massa da parlamentari, ad eccezione di Giovanardi, che da buon democristiano ha capito che per Berlusconi è finita, e le dimissioni dei ministri, criticate da Cicchitto, che da buon socialista, è pratico di vie d’uscita, stanno mettendo in crisi mezza Italia, l’Italia del centrodestra, un’Italia che lavora o vorrebbe lavorare, che produce o vorrebbe produrre, che tiene alla libertà o vorrebbe tanto essere libera. Quest’Italia rischia di non avere più, per i prossimi dieci anni, un’adeguata rappresentanza politica.
D’altra parte è superficiale e riduttivo dire che tutta la buriana dipende da un uomo solo, come si vuol far credere. D’accordo, Berlusconi avrebbe potuto compiere un gesto forte e virile – lui che tiene tanto alla virilità! – e dimettersi subito dopo la condanna confermata dalla Cassazione e gestire la sua uscita con dignità. Nella vita accade anche di essere sconfitti. Tutti i grandi della storia, sconfitti, hanno compiuto gesti nobili, pur nella certezza di aver combattuto per una causa giusta. Lui non l’ha fatto perché è espressione di una società malata, la società delle apparenze, dell’immagine, del sembrare a tutti costi anche ciò che non si è più o non si è mai stati; una società non di cittadini ma di guappi. L’Italia è stata guappizzata non solo dalle mafie ma anche dal berlusconismo per un verso e dall’antiberlusconismo per un altro
Non solo Berlusconi, perciò, nell’ostinatezza di una classe politica che facendo cadere il governo dà battaglia a rischio di un disastro politico generale. C’è un’Italia che non vuole essere governata dalla sinistre, che vuole riprendere la sua strada, quella di tanti imprenditori che negli anni hanno fatto l’Italia grande nel mondo coi loro marchi, oggi tutti venduti o svenduti perché non protetti da una chiara politica nazionale e travolti dalla globalizzazione selvaggia. E’ l’Italia che vorrebbe conservarsi in tutta la sua dimensione politica, sociale, culturale e produttiva. Quella che potrebbe definirsi dei conservatori, dei moderati, che nella sua storia ha trovato forme diverse di organizzazione del potere ma ancorata agli stessi valori di fondo: l’Italia liberale, l’Italia fascista, l’Italia democratica. L’Italia che non vuole avere nella magistratura il braccio armato di una parte politica, ma un importante ramo dello Stato di diritto, forte e separato dagli altri, a garanzia di tutti.
Berlusconi a parte, il problema della magistratura è di una dimensione enorme. Questo terzo potere dello Stato ormai si è arrogato il diritto di interferire nella politica e nell’economia senza avere né al di sopra né al lato altro potere che lo bilanci o lo controlli. In questa fase la magistratura si è posta al servizio di una parte politica, di cui è espressione e filiazione. Verrebbe di paragonare i parlamentari al servizio di Berlusconi ai magistrati al servizio delle Sinistre. E’ inoppugnabile – solo armati della più legnosa malafede si potrebbe negarlo – che essa si è avventata, come un cane aizzato dal padrone, contro l’ospite indesiderato per ridurlo a brandelli. Non si è lasciata sfuggire occasione di dimostrarlo nei cinquanta e passa processi contro Berlusconi, fino alle eclatanti sentenze risarcitorie nei confronti del comunista miliardario ed evasore fiscale De Benedetti e della moglie divorziata Veronica Lario, subissati di danaro berlusconiano.
La differenza che passa tra un magistrato corretto ed un magistrato deviato è che il primo assolve l’imputato, anche quando è convinto della sua colpevolezza ma non ha le prove; il secondo lo condanna a prescindere e in difetto dei reati da contestargli e delle prove s’inventa gli uni e le altre. E’ quanto accaduto con Berlusconi: alle leggi ad personam si è risposto con sentenze contra personam.
Questa magistratura fa paura al cittadino. Nessuno in Italia nega il conflitto di interessi di Berlusconi, i suoi eccessi di vita, il suo ostentare ricchezze e potere, le sue indecenze e stravaganze, che a volte lo hanno reso odioso a tanta gente; ma gli italiani convinti della bontà dello Stato di diritto avrebbero voluto che Berlusconi venisse condannato per reati veri e non inventati, con prove vere e non immaginate. Berlusconi doveva rimanere una questione politica, come più volte a parole hanno dato ad intendere che volessero i suoi avversari dello schieramento opposto.
Nei confronti di Berlusconi si è creato un fronte non tutto visibile. Come sa chi frequenta la storia, sempre e in tutte le società il potere politico ha avuto due livelli: uno è quello delle regole, degli ordinamenti, dei fatti che si sentono e che si vedono; l’altro è quello della cosiddetta ragion politica, è il livello in cui si fa non quello che la costituzione e le leggi dicono ma quello che in quel momento è più importante per gli interessi concreti del Paese. Per fare un esempio: l’accordo Stato mafia per porre fine agli attentati terroristici dei primi anni Novanta, per il quale oggi la Procura di Palermo vuole ascoltare come testimone il Presidente Napolitano. Cosa è accaduto in questo secondo livello: si è ordito anche lì contro Berlusconi o improvvisamente, in questo strano “Eldorado” che è l’Italia di oggi, il secondo livello non c’è più?
Chi della politica ha una conoscenza scientifica sa che il secondo livello, quello della ragion politica, c’è e non potrebbe non esserci. Si arguisce pertanto che la ragion politica non è andata in direzione di quello che si dice e si ostenta: il bene dell’Italia, ma in direzione dell’annientamento di quello che da vent’anni è considerato il male assoluto dell’Italia.
La ragion politica avrebbe potuto salvare Berlusconi e il Paese; la ragion politica lo ha annientato. Che sia questo il bene superiore per l’Italia è da dimostrare. Il resto è solo un vociare confuso come il frinire delle cicale che si scatena in un assolato meriggio d’estate.

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