domenica 14 luglio 2013

Italia, la normalità e il nulla


Nessuno s’indigni! Tu pure, giornalista, che nella tua fredda ipocrisia fingi d’indignarti. E tu pure, cittadino, che segnali cacca dappertutto e neppure ti accorgi di quella che ti sei fatta nei pantaloni. L’Italia è da sempre questa: il paese delle normalità ampie, infinite, straripanti; diverse, ma pur sempre normalità. In Italia non esiste il concetto di anormalità e neppure di subnormalità. Ci sono – questo sì – fenomeni ed episodi che possono far risaltare i dati di una particolare situazione, evidenziare le sensibilità convenzionali; ma nulla di più.
E’ il caso della fine di Berlusconi, stretto ormai nella morsa della giustizia, della politica, della stampa e dell’opinione pubblica abbondantemente plagiata, come lo era nella sua stagione berlusconiana. Che qualcuno trovi poco o affatto normale il dettaglio o il tutto di questa vicenda e faccia finta di indignarsi è francamente uno sproposito. Se costui cerca qualcuno che gli creda, lo cerchi nello specchio più vicino. Ce lo dice l’excursus ultraventennale di Berlusconi. Una vicenda che più italiana e perciò più normale non potrebbe.
E’ normale che un grosso imprenditore in quattro e quattr’otto metta su un partito e conquisti più volte il potere politico? Sissignori, è normalissimo. Normale che un Presidente del Consiglio organizzi in casa sua festini ed ospiti puttane di ogni tipo e taglia, d’ogni colore di pelle e di capelli? Normalissimo. Qualcuno, che non ci crede, si legga la storia d’Italia, e non solo quella. Vittorio Emanuele II aveva la reggia e la …reggina, che non è un refuso ma proprio una piccola reggia per la sua Bella Rosina. L’americano Clinton nello studio ovale della Casa Bianca non pensava solo ai destini del suo paese e del mondo. Normale che un commerciante cerchi, benché capo di governo, di realizzare affari ai limiti del lecito ed oltre per la propria azienda? Normalissimo, anzi sarebbe anormale – se l’anormale esistesse – se non ne approfittasse.
E’ normale che una giustizia solitamente distratta, lentissima, autoreferenziale, infingarda, che trascina per decenni cause da ridere, che tiranneggia avvocati e testi, accusatori e accusati, senza distinzione, trovi la seriosità, la grinta e la determinazione di perseguire – non perseguitare, ma sarebbe normale lo stesso – un uomo politico di idee avverse alla vulgata comunista, o chiamatela come cazzo volete, di quel partito comunista che aveva le sue scuole di magistratura e preparava gli adepti a “vincere” i concorsi? E’ normale che piccoli, medi e grandi magistrati siano naturalmente vocati ad operare di concerto coi poteri forti dello Stato? Per Dio! Normalissimo: basta vedere certe foto del regime fascista con anziani e panciuti magistrati tutti sull’attenti ad accogliere il Duce col braccio levato nel saluto fascista e la bocca spalancata nel gridare Alalà! Perché non considerare normale che gli eredi di quei magistrati facciano lo stesso con altri duci di stagione?
E’ normale che ci sia una stampa asservita ad un padrone o ad un’opinione comune dominante – è lo stesso se la motivazione è la stessa – che non riesce ad operare un minimo di distinguo critico per cercare un metro d’informazione che non sia quello di stare nel piccolo cesso dei suoi bisogni immediati? Normalissimo! Il famoso J’accuse di Zola nelle redazioni italiane è come l’immagine di Padre Pio nel regno dei casalesi.
Ed è normale che una classe politica trovi il suo leader in un comico scaduto, un professionista mancato, un offeso e risentito, che scopre il più stupido e subdolo metodo di reclutare adepti, che sembrano usciti dalle uova di Bulgakov? Ignoranti di tre cotte che non sanno se il Po sfocia nell’Adriatico o nel Tirreno, che parlano di dittatura e di democrazia come di preservativi? Certo, che è normale…di più: è reale!
Ed è normale che un partito, come il fu comunista, dal ferreo centralismo democratico passi alla  democrazia decentralizzata, frantumata, al punto che per ogni piccola o grande scelta si formano percorsi a raggiera, in un movimento centrifugo? Normalissimo, mai così normale: siamo nel paese dove non c’è limite alla normalità, dove l’anormalità non è neppure il conio sbagliato di una moneta di un cent.
Ed è normale che nemici giurati di Berlusconi gongolino all’idea della sua fine fingendo dispiacere che sia la magistratura a toglierlo di mezzo, per potersi sentire la squallida coscienza a posto? Oh, sì che è normale. Sarebbe normale perfino se qualcuno si mettesse a versare lacrime di dispiacere. A molte puttane basta la faccia!
Ed è normale che uomini e donne di un partito, giovani e anziani, non riescano a convincere il loro capo ad avere comportamenti meno spendibili sul piano della indignatio altrui, e poi s’infurino, diano ad isterismi, a comportamenti assurdi quando lo stesso capo sta per essere accoppato dalle orde nemiche? Che normale e normale! In Italia è il menu quotidiano. 
Ed è normale che uno che per quarant’anni ha fatto il professore ed ha passato il suo tempo a dire ai ragazzi: questo si fa e questo non si fa, ora non si scandalizzi e non s’indigni neppure lui? Ahimè, quarant’anni di insegnamento portano la coda. E ancora oggi mi provo di predicare speranza e fiducia nelle cose buone, condanna senza appello per le cattive.   
Siamo irrimediabili, se pensiamo che ci possa essere un rimedio per cambiarci di natura. Rimediabilissimi, se pensiamo a qualche intervento forte, anche questo normale, mirato a far capire agli italiani come è giusto e normale che ogni tanto s’induca la gente, con le buone o con le cattive o con le cattive soltanto quando le buone sono come pile scariche,  che oltre il normale non si può andare in un paese in cui, come si diceva, oltre il normale c’è il nulla.

Da dove dovrebbe partire questo moto di difesa? Forse da coloro che il problema della normalità non se lo pongono affatto ed operano nella società con l’istinto della sopravvivenza. Qualcuno prima o poi in Italia si renderà conto che è giunto il momento di sopravvivere. Confidiamo in lui.

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