Ormai è quasi certo: Monti
guiderà la grande ammucchiata alle prossime elezioni. Altro che grosse Koalition! Faremo impallidire la Merkel. Udc , Italia futura,
Fli, ex Pdl ed ex An andranno a formare il più grande ammasso di resti
politici. Una sorta di ricetta culinaria con gli avanzi delle feste. Non sarà
una schifezza ma neppure una prelibatezza.
C’è poco da fidarsi dei tecnici.
Nessuno di essi, in Italia, chiamato a risolvere un problema, è poi rientrato
nella sua sfera di appartenenza. Del resto per i latini techna era l’astuzia, la furberia. Dispiace davvero per Napolitano,
il quale chiude il suo settennato presidenziale con una furbata, formalmente a
lui attribuibile, sostanzialmente da lui subita.
Ancora una volta il
centrosinistra, che sembrava avere finalmente a portata di mano il potere,
rischia di vederselo scippare. Ma questa volta è assai più grave delle
precedenti, perché ad involarglielo non è una formazione politica, ma un rassemblement di tecnici, di
imprenditori, di uomini d’affari, di banchieri, di finanzieri, di speculatori,
di impolitici, adusi ad obbedir contando e contando avanzar; contando – si
capisce – soldi. In questa loro operazione il popolo non ha parte alcuna; la
politica sembra bandita, come cosa perversa. I problemi della gente (lavoro,
istruzione, sanità, sicurezza, giustizia), ben chiusi perfino da noi tra
parentesi, non hanno voce in capitolo. Contano questioni astruse, successi
monetari, finanziari, preferibilmente dai nomi inglesi, virtuali, come è
successo nel corso di quest’anno. Bisestile, per Dio, con una coda bismontiana!
Come dire, due volte bisestile.
La partita elettorale che ci
apprestiamo a giocare diventa, a questo punto, fondamentale. Non sarà tra due
schieramenti politici che si fronteggiano, con due programmi alternativi; ma
tra la politica da una parte e l’antipolitica dall’altra. La politica,
rappresentata dall’unica forza – non la migliore o la più credibile ma la sola
rimasta – che garantisce una certa continuità democratica, tradizionalmente
intesa, che è il Pd, sia pure con qualche alleato scomodo, e l’antipolitica,
formata da pezzi vecchi e nuovi della fu Democrazia cristiana, tecnocrati che
obbediscono a centrali esterne all’Italia, la giulleria in ordine sparso dei
comici (Grillo, Benigni, Crozza) e il neonato partito dei magistrati, tutti
insieme ad impedire che in Italia si formi finalmente un governo politico con
una sua cultura e una sua prospettiva sociale. Una deriva pericolosa, che
potrebbe evocare, se non sarà evitata, l’estrema risorsa politica del popolo,
che è l’azione diretta. Che storicamente è a disposizione del popolo, inteso
nella sua interezza e complessità, ma non di altri soggetti, neppure se uniti
insieme. Banchieri, giullari e magistrati non potranno mai avere, fuori dalla
liturgia legale, la forza che ha il popolo nei luoghi reali della politica.
L’aspetto più inquietante della
situazione attuale è che il popolo appare come assente dalla prospettiva bismontiana.
Un’operazione di vertici, italiani ed europei, benedetta perfino dalla chiesa,
mira ad impadronirsi del governo del Paese e a gestirlo secondo logiche
tecnocratiche extranazionali. Qui non si tratta solo di perdita di un pezzo di
sovranità da parte dell’Italia, ma della perdita da parte del popolo del suo
ruolo nel Paese. E’ come se esso fosse precipitato indietro di un secolo,
quando non godeva del suffragio universale, introdotto in Italia nel 1913 con
limiti peraltro importanti. Questa perdita non è così appariscente. Nessuno si
sognerebbe di deprivare il popolo del voto, ma nella situazione politica, a cui
si è giunti, il voto popolare è del tutto privo di efficacia. E non solo per
colpa del Porcellum – come si dice –
che consente alle oligarchie politiche e pseudopolitiche di decidere gli
eletti, ma anche e soprattutto per la perdita progressiva del ruolo degli
elettori, chiamati a ratificare decisioni già prese in una sorta di rituale.
La prospettiva dell’Italia, ove
dovesse prevalere la grande ammucchiata di Monti, è di un Paese sempre più allo
sbando, con un governo alle prese con problemi interni, data la varietà dei
componenti, e con problemi esterni, ossia con le opposizioni, sia quella
parlamentare, che tornerebbe ad essere vera opposizione, sia quella esterna,
della piazza, che potrebbe diventare sempre più di tipo greco e spagnolo. Una
situazione tanto più pericolosa quanto più assente appare il popolo dalle
decisioni attuali.
Un normale avvicendarsi di forze
politiche vorrebbe che da queste elezioni uscisse una maggioranza che in questi
ultimi anni ha svolto la funzione critica dell’opposizione. Chi in questa
maggioranza, di centrosinistra, non si riconosce per una diversità politica e
ideologica – e tra questi il sottoscritto – non può d’altro canto non
riconoscere che oggi è la sola forza capace di garantire un governo politico
responsabile. Tra politica ed antipolitica è sempre preferibile la prima. Non
si può non riconoscere che in democrazia è normale l’alternanza e non la
perseveranza, più o meno bene mascherata, delle solite forze di dominio.
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