domenica 23 dicembre 2012

Monti, smonta e rimonta


Ormai è quasi certo: Monti guiderà la grande ammucchiata alle prossime elezioni. Altro che grosse Koalition! Faremo impallidire la Merkel. Udc, Italia futura, Fli, ex Pdl ed ex An andranno a formare il più grande ammasso di resti politici. Una sorta di ricetta culinaria con gli avanzi delle feste. Non sarà una schifezza ma neppure una prelibatezza.
C’è poco da fidarsi dei tecnici. Nessuno di essi, in Italia, chiamato a risolvere un problema, è poi rientrato nella sua sfera di appartenenza. Del resto per i latini techna era l’astuzia, la furberia. Dispiace davvero per Napolitano, il quale chiude il suo settennato presidenziale con una furbata, formalmente a lui attribuibile, sostanzialmente da lui subita.
Ancora una volta il centrosinistra, che sembrava avere finalmente a portata di mano il potere, rischia di vederselo scippare. Ma questa volta è assai più grave delle precedenti, perché ad involarglielo non è una formazione politica, ma un rassemblement di tecnici, di imprenditori, di uomini d’affari, di banchieri, di finanzieri, di speculatori, di impolitici, adusi ad obbedir contando e contando avanzar; contando – si capisce – soldi. In questa loro operazione il popolo non ha parte alcuna; la politica sembra bandita, come cosa perversa. I problemi della gente (lavoro, istruzione, sanità, sicurezza, giustizia), ben chiusi perfino da noi tra parentesi, non hanno voce in capitolo. Contano questioni astruse, successi monetari, finanziari, preferibilmente dai nomi inglesi, virtuali, come è successo nel corso di quest’anno. Bisestile, per Dio, con una coda bismontiana! Come dire, due volte bisestile.
La partita elettorale che ci apprestiamo a giocare diventa, a questo punto, fondamentale. Non sarà tra due schieramenti politici che si fronteggiano, con due programmi alternativi; ma tra la politica da una parte e l’antipolitica dall’altra. La politica, rappresentata dall’unica forza – non la migliore o la più credibile ma la sola rimasta – che garantisce una certa continuità democratica, tradizionalmente intesa, che è il Pd, sia pure con qualche alleato scomodo, e l’antipolitica, formata da pezzi vecchi e nuovi della fu Democrazia cristiana, tecnocrati che obbediscono a centrali esterne all’Italia, la giulleria in ordine sparso dei comici (Grillo, Benigni, Crozza) e il neonato partito dei magistrati, tutti insieme ad impedire che in Italia si formi finalmente un governo politico con una sua cultura e una sua prospettiva sociale. Una deriva pericolosa, che potrebbe evocare, se non sarà evitata, l’estrema risorsa politica del popolo, che è l’azione diretta. Che storicamente è a disposizione del popolo, inteso nella sua interezza e complessità, ma non di altri soggetti, neppure se uniti insieme. Banchieri, giullari e magistrati non potranno mai avere, fuori dalla liturgia legale, la forza che ha il popolo nei luoghi reali della politica.
L’aspetto più inquietante della situazione attuale è che il popolo appare come assente dalla prospettiva bismontiana. Un’operazione di vertici, italiani ed europei, benedetta perfino dalla chiesa, mira ad impadronirsi del governo del Paese e a gestirlo secondo logiche tecnocratiche extranazionali. Qui non si tratta solo di perdita di un pezzo di sovranità da parte dell’Italia, ma della perdita da parte del popolo del suo ruolo nel Paese. E’ come se esso fosse precipitato indietro di un secolo, quando non godeva del suffragio universale, introdotto in Italia nel 1913 con limiti peraltro importanti. Questa perdita non è così appariscente. Nessuno si sognerebbe di deprivare il popolo del voto, ma nella situazione politica, a cui si è giunti, il voto popolare è del tutto privo di efficacia. E non solo per colpa del Porcellum – come si dice – che consente alle oligarchie politiche e pseudopolitiche di decidere gli eletti, ma anche e soprattutto per la perdita progressiva del ruolo degli elettori, chiamati a ratificare decisioni già prese in una sorta di rituale.
La prospettiva dell’Italia, ove dovesse prevalere la grande ammucchiata di Monti, è di un Paese sempre più allo sbando, con un governo alle prese con problemi interni, data la varietà dei componenti, e con problemi esterni, ossia con le opposizioni, sia quella parlamentare, che tornerebbe ad essere vera opposizione, sia quella esterna, della piazza, che potrebbe diventare sempre più di tipo greco e spagnolo. Una situazione tanto più pericolosa quanto più assente appare il popolo dalle decisioni attuali.
Un normale avvicendarsi di forze politiche vorrebbe che da queste elezioni uscisse una maggioranza che in questi ultimi anni ha svolto la funzione critica dell’opposizione. Chi in questa maggioranza, di centrosinistra, non si riconosce per una diversità politica e ideologica – e tra questi il sottoscritto – non può d’altro canto non riconoscere che oggi è la sola forza capace di garantire un governo politico responsabile. Tra politica ed antipolitica è sempre preferibile la prima. Non si può non riconoscere che in democrazia è normale l’alternanza e non la perseveranza, più o meno bene mascherata, delle solite forze di dominio.

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