Monti ha rassegnato le
dimissioni. L’ipotesi di governare con una sola parte politica della grande
anomala maggioranza si è rivelata la solita sbagliata previsione dei giornali
italiani, che il più delle volte commentano non le cose reali ma quelle desiderate.
Ora, che lascia Monti?
La disastrosa situazione economico-finanziaria
degli italiani è sapientemente nascosta da una situazione positiva dell’Italia
nel quadro economico-finanziario europeo e mondiale. Che è come se una persona
vestisse Prada mentre sul corpo è coperta di piaghe, ovviamente ben nascoste.
Sulla condizione degli italiani c’è poco da discutere. Il “Sole 24 Ore” di
giovedì, 6 dicembre, lo ha illustrato in maniera impietosa. Ciascuno lo vede e
lo sente sulla propria pelle, su quella dei figli, dei vicini di casa, dei
colleghi di lavoro, degli amici al bar, delle persone che incontra per strada.
Se vuole avere un minimo di conforto deve recarsi al cimitero, unico luogo che
non è mutato rispetto a prima, coi morti morti, con le lapidi al loro posto,
coi fiori…beh qui forse si vede che è cambiato qualcosa, se ne vedono di meno e
di meno freschi, ma si capisce perché, è la sola dipendenza dal mondo dei vivi,
i quali stanno, come si diceva, in ristrettezze assai gravi.
Monti ha fatto pagare agli
italiani la non più pericolante condizione dell’Italia. Ma è proprio su questo
aspetto che è necessario puntare l’attenzione.
Prima domanda. Poteva conseguire
i risultati che si dice abbia conseguito facendo soffrire di meno gli italiani? Non è facile rispondere,
d’altro canto ognuno potrebbe dire e dice quel che vuole in difetto di una
controprova. Né la seconda domanda – è poi vero che l’Italia è fuori pericolo?
– favorisce risposte attendibili. A sentire gli esperti – non Casini, evidentemente,
che, essendo “persona seria”, si vede addosso – sembrerebbe di sì; ma altri e
gli stessi protagonisti del governo “salva Italia” dicono che la luce in fondo
al tunnel ora si vede e ora no, come il lampeggiare nella notte buia tra gli
innamorati di una volta che si lanciavano segnali convenuti. Ma se la luce non
si vede, delle due l’una: o non c’è o il tunnel ha delle curvature insidiose
che non consentono di vedere l’uscita.
***
Fermiamoci al certo, non
discutibile: gli italiani sul piano socio-economico stanno peggio dell’anno
scorso. Sul piano politico, invece, ci sono italiani e italiani. Quelli del
centrodestra stanno di gran lunga peggio, versano in una situazione politica tanto
confusa da sembrare inestricabile. Quelli del centrosinistra sembrano meglio
messi; e probabilmente lo sono. Dico probabilmente perché le recenti primarie,
che comunque hanno restituito alla politica qualche punto in immagine, non sono
state di partito – come il filosofo-politico Cacciari sosteneva dovessero
essere e come logica e buon senso avrebbero suggerito che fossero – ma di
schieramento. Ahi ahi, gli schieramenti! Scartine a parte, Puppato e Tabacci,
si ha ragione di pensare che gli altri tre, Bersani Renzi Vendola, non
garantiscono compattezza e tenuta ad un probabile governo di centrosinistra. Gli
schieramenti, in Italia, non reggono; non sono grosse koalition, come in Germania, qui da noi sono grossi mucchion di interesse immediato,
che alle prime scelte importanti si sfasciano. Lo ha dimostrato il
centrosinistra coi governi Prodi, il centrodestra coi governi Berlusconi. Quel
che hanno fatto a sinistra i Bertinotti, a destra lo hanno fatto i Bossi e i Fini.
Si è capito, però, che né il centrodestra né il centrosinistra vogliono davvero
cambiare la legge elettorale, il cosiddetto porcellum.
L’interesse immediato e di parte rende i politici in Italia giuri e spergiuri
nel breve volgere di qualche mese. Forse più che di porcellum si dovrebbe parlare di cochonnerie.
***
E’ per la situazione disastrosa
in cui versa che il centrodestra ha affrettato i tempi per far cadere Monti e
per tentare di ricompattarsi intorno a Berlusconi, approfittando di uno
scontento sociale sempre più diffuso nel paese e del fatto che contro ha
Bersani, un avversario più attaccabile di quanto non sarebbe stato Renzi se
avesse vinto lui le primarie. Ma che grandissima minchiata!
Che l’esperienza Monti abbia più
danneggiato il centrodestra che il centrosinistra non c’è dubbio, ma che il
centrodestra, per rimediare, voglia azzerare un anno di governo e di tempo, è operazione
disperata. Di disperazione ha parlato perfino Berlusconi. Ma la responsabilità
di una simile scelta non è tanto sua. Perso per perso, Berlusconi tenta
l’ultima carta, quella di fare della Valtellina le sue Termopili, ma di chi gli
sta attorno, in particolare di quanto rimane in termini di uomini e di risorse
ideali del fu Msi, poi An.
Questi signori dovrebbero un
attimo fermarsi e chiedersi che cosa hanno più a che fare – se mai hanno avuto
veramente a che fare – con un uomo che ha dimostrato di non saper sacrificare
neppure un vezzo o un vizio personali per il bene pubblico. Dovrebbero
ricordarsi che fascisti o missini non lo sono stati per tanti anni per
nostalgia di saluti romani, labari e gagliardetti, ma per un preciso senso
dello Stato, della Nazione e della Società. Un partito, sia quello fascista
storico che quello missino, che ha sempre coniugato l’interesse nazionale con
le esigenze della società, intesa, questa, nel suo insieme e nei singoli
cittadini e lavoratori, non ha niente a che fare con una forza politica, il Pdl
o quel che ne resta, formatasi con materiali di risulta dal crollo di un
sistema di partiti dal quale il Msi era stato sempre escluso. Se una qualche
giustificazione c’era prima, prima cioè che Berlusconi e il berlusconismo
producessero gli effetti devastanti che hanno prodotto, oggi non c’è alcuna
giustificazione. Oggi è solo l’estremo tentativo – demenziale e patetico per
molti aspetti – per non doversi mettere dignitosamente da parte o per non
riprendere con forza la propria bandiera e gettarsi nella mischia. Il
berlusconismo è anche questo: lo svuotamento di tanti coraggiosi volontari
della politica, quali erano i missini, fino a ridurli a dei gusci vuoti.
***
Se l’essere di destra o di sinistra non fosse dopotutto come essere
interista o juventino, gli ex missini oggi, in difetto di un loro partito,
dovrebbero sentirsi più vicini allo schieramento di centrosinistra che non a
quello di centrodestra. E dovrebbero sentirsi più sociali che liberali, secondo
la loro storia e la loro tradizione. I tempi sono diversi? I tempi sì, ma le
strade maestre della politica sono quelle di sempre pur con nomi diversi. Certo, ci sono moltissime cose – e una più di
tutte, la casa madre da cui si è nati – che tengono lontani i missini da tentazioni
socialdemocratiche, quali sono oggi le posizioni di Bersani e compagni. Ma,
come molti missini anni addietro sono finiti con Di Pietro ed oggi perfino con
Grillo, ritengo che non sarebbe meno ignobile che altri ex missini finissero
con Bersani, se l’alternativa resta quella di Berlusconi. Salvo che non nasca
una forza autenticamente social nazionale, che garantisca il ritorno alla
testimonianza politica, da preferire di gran lunga alle squallide esperienze
dei tanti berlusconati.
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