domenica 9 dicembre 2012

Monti: fine della corsa



Monti ha rassegnato le dimissioni. L’ipotesi di governare con una sola parte politica della grande anomala maggioranza si è rivelata la solita sbagliata previsione dei giornali italiani, che il più delle volte commentano non le cose reali ma quelle desiderate. Ora, che lascia Monti? 
La disastrosa situazione economico-finanziaria degli italiani è sapientemente nascosta da una situazione positiva dell’Italia nel quadro economico-finanziario europeo e mondiale. Che è come se una persona vestisse Prada mentre sul corpo è coperta di piaghe, ovviamente ben nascoste. Sulla condizione degli italiani c’è poco da discutere. Il “Sole 24 Ore” di giovedì, 6 dicembre, lo ha illustrato in maniera impietosa. Ciascuno lo vede e lo sente sulla propria pelle, su quella dei figli, dei vicini di casa, dei colleghi di lavoro, degli amici al bar, delle persone che incontra per strada. Se vuole avere un minimo di conforto deve recarsi al cimitero, unico luogo che non è mutato rispetto a prima, coi morti morti, con le lapidi al loro posto, coi fiori…beh qui forse si vede che è cambiato qualcosa, se ne vedono di meno e di meno freschi, ma si capisce perché, è la sola dipendenza dal mondo dei vivi, i quali stanno, come si diceva, in ristrettezze assai gravi.
Monti ha fatto pagare agli italiani la non più pericolante condizione dell’Italia. Ma è proprio su questo aspetto che è necessario puntare l’attenzione.
Prima domanda. Poteva conseguire i risultati che si dice abbia conseguito facendo soffrire di  meno gli italiani? Non è facile rispondere, d’altro canto ognuno potrebbe dire e dice quel che vuole in difetto di una controprova. Né la seconda domanda – è poi vero che l’Italia è fuori pericolo? – favorisce risposte attendibili. A sentire gli esperti – non Casini, evidentemente, che, essendo “persona seria”, si vede addosso – sembrerebbe di sì; ma altri e gli stessi protagonisti del governo “salva Italia” dicono che la luce in fondo al tunnel ora si vede e ora no, come il lampeggiare nella notte buia tra gli innamorati di una volta che si lanciavano segnali convenuti. Ma se la luce non si vede, delle due l’una: o non c’è o il tunnel ha delle curvature insidiose che non consentono di vedere l’uscita.
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Fermiamoci al certo, non discutibile: gli italiani sul piano socio-economico stanno peggio dell’anno scorso. Sul piano politico, invece, ci sono italiani e italiani. Quelli del centrodestra stanno di gran lunga peggio, versano in una situazione politica tanto confusa da sembrare inestricabile. Quelli del centrosinistra sembrano meglio messi; e probabilmente lo sono. Dico probabilmente perché le recenti primarie, che comunque hanno restituito alla politica qualche punto in immagine, non sono state di partito – come il filosofo-politico Cacciari sosteneva dovessero essere e come logica e buon senso avrebbero suggerito che fossero – ma di schieramento. Ahi ahi, gli schieramenti! Scartine a parte, Puppato e Tabacci, si ha ragione di pensare che gli altri tre, Bersani Renzi Vendola, non garantiscono compattezza e tenuta ad un probabile governo di centrosinistra. Gli schieramenti, in Italia, non reggono; non sono grosse koalition, come in Germania, qui da noi sono grossi mucchion di interesse immediato, che alle prime scelte importanti si sfasciano. Lo ha dimostrato il centrosinistra coi governi Prodi, il centrodestra coi governi Berlusconi. Quel che hanno fatto a sinistra i Bertinotti, a destra lo hanno fatto i Bossi e i Fini. Si è capito, però, che né il centrodestra né il centrosinistra vogliono davvero cambiare la legge elettorale, il cosiddetto porcellum. L’interesse immediato e di parte rende i politici in Italia giuri e spergiuri nel breve volgere di qualche mese. Forse più che di porcellum si dovrebbe parlare di cochonnerie.
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E’ per la situazione disastrosa in cui versa che il centrodestra ha affrettato i tempi per far cadere Monti e per tentare di ricompattarsi intorno a Berlusconi, approfittando di uno scontento sociale sempre più diffuso nel paese e del fatto che contro ha Bersani, un avversario più attaccabile di quanto non sarebbe stato Renzi se avesse vinto lui le primarie. Ma che grandissima minchiata!
Che l’esperienza Monti abbia più danneggiato il centrodestra che il centrosinistra non c’è dubbio, ma che il centrodestra, per rimediare, voglia azzerare un anno di governo e di tempo, è operazione disperata. Di disperazione ha parlato perfino Berlusconi. Ma la responsabilità di una simile scelta non è tanto sua. Perso per perso, Berlusconi tenta l’ultima carta, quella di fare della Valtellina le sue Termopili, ma di chi gli sta attorno, in particolare di quanto rimane in termini di uomini e di risorse ideali del fu Msi, poi An.
Questi signori dovrebbero un attimo fermarsi e chiedersi che cosa hanno più a che fare – se mai hanno avuto veramente a che fare – con un uomo che ha dimostrato di non saper sacrificare neppure un vezzo o un vizio personali per il bene pubblico. Dovrebbero ricordarsi che fascisti o missini non lo sono stati per tanti anni per nostalgia di saluti romani, labari e gagliardetti, ma per un preciso senso dello Stato, della Nazione e della Società. Un partito, sia quello fascista storico che quello missino, che ha sempre coniugato l’interesse nazionale con le esigenze della società, intesa, questa, nel suo insieme e nei singoli cittadini e lavoratori, non ha niente a che fare con una forza politica, il Pdl o quel che ne resta, formatasi con materiali di risulta dal crollo di un sistema di partiti dal quale il Msi era stato sempre escluso. Se una qualche giustificazione c’era prima, prima cioè che Berlusconi e il berlusconismo producessero gli effetti devastanti che hanno prodotto, oggi non c’è alcuna giustificazione. Oggi è solo l’estremo tentativo – demenziale e patetico per molti aspetti – per non doversi mettere dignitosamente da parte o per non riprendere con forza la propria bandiera e gettarsi nella mischia. Il berlusconismo è anche questo: lo svuotamento di tanti coraggiosi volontari della politica, quali erano i missini, fino a ridurli a dei gusci vuoti.
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Se l’essere di destra o di sinistra non fosse dopotutto come essere interista o juventino, gli ex missini oggi, in difetto di un loro partito, dovrebbero sentirsi più vicini allo schieramento di centrosinistra che non a quello di centrodestra. E dovrebbero sentirsi più sociali che liberali, secondo la loro storia e la loro tradizione. I tempi sono diversi? I tempi sì, ma le strade maestre della politica sono quelle di sempre pur con nomi diversi.  Certo, ci sono moltissime cose – e una più di tutte, la casa madre da cui si è nati – che tengono lontani i missini da tentazioni socialdemocratiche, quali sono oggi le posizioni di Bersani e compagni. Ma, come molti missini anni addietro sono finiti con Di Pietro ed oggi perfino con Grillo, ritengo che non sarebbe meno ignobile che altri ex missini finissero con Bersani, se l’alternativa resta quella di Berlusconi. Salvo che non nasca una forza autenticamente social nazionale, che garantisca il ritorno alla testimonianza politica, da preferire di gran lunga alle squallide esperienze dei tanti berlusconati.

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