Sarà l’atmosfera natalizia o
forse naturale compulsione che induce Silvio Berlusconi a vedersi nel presepe
che sta allestendo ora nel ruolo di San Giuseppe, ora della Madonna, ora del
bue, ora dell’asinello e, ovviamente, di Gesù Bambino. O forse vorrebbe essere
tutti i pupazzi insieme, compresa la stella cometa. Protagonismo ipertrofico o
forse profonda insoddisfazione di sé. Montanelli disse che se Berlusconi avesse
avuto le tette avrebbe fatto anche l’annunciatrice alla sua emittente
ammiraglia. Montanelli aveva il gusto del paradosso, ma sapeva vedere.
Berlusconi è fatto così; anzi, non è fatto, è un tutto fare, è un farsi
continuo, è un contraffarsi. Ma gli altri? Quando lo manderanno a strafottere,
come si dice nel sanissimo gergo paesano?
Toglie la fiducia al governo
Monti con qualche anticipo rispetto alla sua naturale conclusione, servendosi
di quel che resta in Parlamento del suo partito. E fin qui, passa! Boccia il
governo Monti dopo averlo sostenuto per un anno. E sia, la contraddizione
ricade nella dialettica politica, che – si sa – non è il rigore della
razionalità. Ma poi, dopo le sassate che gli sono piovute addosso come grandine
da ogni parte d’Italia e del mondo, dice: se Monti vuole guidare il centrodestra
ovvero il partito dei moderati, faccio un passo indietro; per ora il candidato
resto io. Ma non basta. Ad un certo punto rispolvera Angiolino Alfano: potrebbe
essere lui il candidato premier. Esclude Dell’Utri da ogni candidatura, ma dopo
una telefonata fra i due, non ci sono più problemi. A questo punto, aveva
ragione la sua ex moglie, la signora Veronica Lario: il soggetto non risponde
di quel che dice e di quel che fa. Andrebbe protetto, ma non nel modo come
intende lui e come fanno i suoi avvocati. Ha bisogno di medici. Se non lo
“ricoverano”, va a finire che diventa difficile distinguere nel partito chi è
il Berlusconi vero dai tanti Berlusconi che gli stanno accanto, come nella lite
fra un ubriaco e un sobrio: dopo un po’ non si distinguono, non nella sobrietà
ma nell’ubriachezza.
Ora il punto non è più chi vince
tra il polo del centrosinistra e il polo del centrodestra. Questo non c’è più
come alternativa; e se i suoi responsabili – si fa per dire – non si danno una
regolata sparirà come soggetto politico. La partita non si gioca più tra
Berlusconi e Bersani, anche se gli unici a non averlo ancora capito sembrano
essere proprio loro due; la partita si gioca tra Monti e Bersani. Piaccia o non
piaccia a chi pensa a Monti come ad una riserva di lusso della Repubblica, il
Professore resta in campo. Non l’ha ancora detto, probabilmente non c’è bisogno
che lo dica: illic est et illic manebit
optime! Del resto è nella virtù delle cose e nel vizio degli uomini.
Certo, deve prepararsi Monti a
dare un dispiacere a sua madre, che gli ha sempre consigliato di tenersi
lontano dalla politica. La politica, purtroppo, lo attende. Che è qualcosa di
profondamente diverso da quella conosciuta
nel corso dell’anno, tra falsi inchini e false riverenze; funzionali tuttavia a
farlo andare avanti nell’esercizio politico-amministrativo del governo. Dovrà
conoscere le posizioni preconcette, gli attacchi strumentali, le aggressioni
personali, il fuoco amico, i trucchi, gli inganni, le forchette, tutto il
campionario della fenomenologia politica italiana, che tende, per esplicita
ammissione, a far cadere il governo in carica, fosse come fosse. Si rilegga,
perciò, Torquato Accetto; di Machiavelli non c’è bisogno.
Il centrodestra, intanto, deve ricostruirsi e lo deve fare senza
Berlusconi e i suoi pretoriani; anzi, lo deve fare bonificandosi dal
berlusconismo, malattia assai più grave per le sue mutazioni della stessa
sindrome berlusconiana. Preferibilmente come centrodestra, ma se non dovesse
essere possibile, allora il primo passo dovrebbe essere fatto in direzione di
una separazione della destra dal centro, che, in questo momento, non si capisce
più dove stia. A meno che non si voglia
assumere il centro come Giordano Bruno filosoficamente lo intendeva: il centro
in ogni punto. Cessi finalmente l’equivoco, prodotto dal bipolarismo di questi
anni, di una destra sociale, filiazione del fu Msi, fusa e confusa con la
destra economica e finanziaria. Ritorni la destra sociale ad essere un punto di
riferimento vero per i ceti medi, per i lavoratori, per la gente che vive nel
bisogno; una destra rispondente alle proprie storiche origini e alle
tradizionali funzioni sociali. La ripresa del cammino, a volte, è più faticosa
e lenta di quanto non sia stato il cammino abbandonato. Di una destra che
sappia coniugare lo Stato e
Nessun commento:
Posta un commento