domenica 16 dicembre 2012

Il presepe di Berlusconi, il centro e la destra



Sarà l’atmosfera natalizia o forse naturale compulsione che induce Silvio Berlusconi a vedersi nel presepe che sta allestendo ora nel ruolo di San Giuseppe, ora della Madonna, ora del bue, ora dell’asinello e, ovviamente, di Gesù Bambino. O forse vorrebbe essere tutti i pupazzi insieme, compresa la stella cometa. Protagonismo ipertrofico o forse profonda insoddisfazione di sé. Montanelli disse che se Berlusconi avesse avuto le tette avrebbe fatto anche l’annunciatrice alla sua emittente ammiraglia. Montanelli aveva il gusto del paradosso, ma sapeva vedere. Berlusconi è fatto così; anzi, non è fatto, è un tutto fare, è un farsi continuo, è un contraffarsi. Ma gli altri? Quando lo manderanno a strafottere, come si dice nel sanissimo gergo paesano?
Toglie la fiducia al governo Monti con qualche anticipo rispetto alla sua naturale conclusione, servendosi di quel che resta in Parlamento del suo partito. E fin qui, passa! Boccia il governo Monti dopo averlo sostenuto per un anno. E sia, la contraddizione ricade nella dialettica politica, che – si sa – non è il rigore della razionalità. Ma poi, dopo le sassate che gli sono piovute addosso come grandine da ogni parte d’Italia e del mondo, dice: se Monti vuole guidare il centrodestra ovvero il partito dei moderati, faccio un passo indietro; per ora il candidato resto io. Ma non basta. Ad un certo punto rispolvera Angiolino Alfano: potrebbe essere lui il candidato premier. Esclude Dell’Utri da ogni candidatura, ma dopo una telefonata fra i due, non ci sono più problemi. A questo punto, aveva ragione la sua ex moglie, la signora Veronica Lario: il soggetto non risponde di quel che dice e di quel che fa. Andrebbe protetto, ma non nel modo come intende lui e come fanno i suoi avvocati. Ha bisogno di medici. Se non lo “ricoverano”, va a finire che diventa difficile distinguere nel partito chi è il Berlusconi vero dai tanti Berlusconi che gli stanno accanto, come nella lite fra un ubriaco e un sobrio: dopo un po’ non si distinguono, non nella sobrietà ma nell’ubriachezza.
Ora il punto non è più chi vince tra il polo del centrosinistra e il polo del centrodestra. Questo non c’è più come alternativa; e se i suoi responsabili – si fa per dire – non si danno una regolata sparirà come soggetto politico. La partita non si gioca più tra Berlusconi e Bersani, anche se gli unici a non averlo ancora capito sembrano essere proprio loro due; la partita si gioca tra Monti e Bersani. Piaccia o non piaccia a chi pensa a Monti come ad una riserva di lusso della Repubblica, il Professore resta in campo. Non l’ha ancora detto, probabilmente non c’è bisogno che lo dica: illic est et illic manebit optime! Del resto è nella virtù delle cose e nel vizio degli uomini.
Certo, deve prepararsi Monti a dare un dispiacere a sua madre, che gli ha sempre consigliato di tenersi lontano dalla politica. La politica, purtroppo, lo attende. Che è qualcosa di profondamente diverso  da quella conosciuta nel corso dell’anno, tra falsi inchini e false riverenze; funzionali tuttavia a farlo andare avanti nell’esercizio politico-amministrativo del governo. Dovrà conoscere le posizioni preconcette, gli attacchi strumentali, le aggressioni personali, il fuoco amico, i trucchi, gli inganni, le forchette, tutto il campionario della fenomenologia politica italiana, che tende, per esplicita ammissione, a far cadere il governo in carica, fosse come fosse. Si rilegga, perciò, Torquato Accetto; di Machiavelli non c’è bisogno.
Il centrodestra, intanto, deve ricostruirsi e lo deve fare senza Berlusconi e i suoi pretoriani; anzi, lo deve fare bonificandosi dal berlusconismo, malattia assai più grave per le sue mutazioni della stessa sindrome berlusconiana. Preferibilmente come centrodestra, ma se non dovesse essere possibile, allora il primo passo dovrebbe essere fatto in direzione di una separazione della destra dal centro, che, in questo momento, non si capisce più dove stia.  A meno che non si voglia assumere il centro come Giordano Bruno filosoficamente lo intendeva: il centro in ogni punto. Cessi finalmente l’equivoco, prodotto dal bipolarismo di questi anni, di una destra sociale, filiazione del fu Msi, fusa e confusa con la destra economica e finanziaria. Ritorni la destra sociale ad essere un punto di riferimento vero per i ceti medi, per i lavoratori, per la gente che vive nel bisogno; una destra rispondente alle proprie storiche origini e alle tradizionali funzioni sociali. La ripresa del cammino, a volte, è più faticosa e lenta di quanto non sia stato il cammino abbandonato. Di una destra che sappia coniugare lo Stato e la Società, la legge e il bisogno, si sente oggi la mancanza; una destra moderna, proiettata nel futuro, ma che sappia dare risposte immediate. Chi fa politica, senza l’assillo elettorale o il raggiungimento del potere, sa perfettamente che comunque un ruolo finisce per averlo anche nelle decisioni più importanti. Il successo elettorale è un’ossessione che non ha mai disturbato più di tanto chi ama veramente la partecipazione politica. Si ritorni al piacere e all’interesse di farla sapendo di rappresentare uomini e cose, non più e non solo carte e formule in vista di una scadenza elettorale.

Nessun commento:

Posta un commento