domenica 5 agosto 2012

Monti e la luce in fondo al tunnel

In procinto di partire per la sua tournée europea Monti si è detto fiducioso: non siamo ancora fuori ma vedo una luce in fondo al tunnel. Francamente stupisce questa nota di ottimismo. Tutti i dati economico-finanziari sono negativi: cresce il debito pubblico, cresce la disoccupazione, cresce il costo della vita, diminuisce la produttività, molte aziende chiudono. L’ultima ad essere messa in liquidazione la gloriosa Richard Ginori. C’è stata – è vero – in questi ultimissimi giorni la scossa del presidente della Bce Mario Draghi, che ha dato ossigeno alle borse e ha fatto diminuire lo spread, cui sono seguite le dichiarazioni di Hollande e Merkel in difesa strenua dell’Euro; ma tutto questo può essere episodico, un sussulto fisiologico in uno stato di crisi profonda. Alla dichiarazione di ottimismo Monti ha fatto seguire la solita ammonizione: se i partiti litigano lo spread aumenta, riferendosi alla zuffa tra i partiti per la legge elettorale. Sarà pure vero che lo spettacolo offerto dalla politica non lasci ben sperare né ai mercati né a noi, ma che si voglia tacitare il dibattito, pur balordo, con la minaccia del mau-mau mi ricorda quella dell’uomo cattivo che le mamme una volta facevano ai bambini discoli.
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La Bundesbank ha stoppato l’iniziativa di Mario Draghi di fare di tutto per salvare l’Euro. Nei giorni scorsi aveva espresso fiducia nel ruolo imparziale della Bce. Dopo è arrivata la doccia fredda. La Bce – hanno fatto sapere da Frankfurt – non vada oltre i limiti del suo mandato. Un brutto segnale arrivato in un momento in cui c’era bisogno di fiducia e di ottimismo, mentre Monti cercava di convincere i partner europei che l’Italia non ha bisogno di aiuti ma che potrebbe aver bisogno dello scudo antispread. E’ la prima volta che Monti ipotizza tale eventualità. La sortita di Draghi era arrivata come un elettrochoc in tutto l’ambiente e aveva fatto ben sperare in una più consistente ripresa. Ora nuovamente tutti a seguire l’andamento dello spread. Monti, intanto, a Helsinki, parlando davanti alla Confindustria finlandese ha usato la sua tecnica ricattatoria del mau-mau. Attenti – ha detto – che se qui lo spread non scende e la situazione non migliora nonostante gli sforzi che l’Italia ha fatto e fa non si esclude che il suo prossimo governo possa essere euroscettico. Una minaccia! In Italia i suoi modi di fare funzionano. In Europa sarà più complicato, anche perché non c’è nessun Casini tedesco o francese a far da campana e a estendere coi suoi rintocchi a martello i lugubri messaggi.
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Dopo la grande abbuffata di Monti sulle prime pagine dei quotidiani, c’è una sorta di astinenza. Monti figura ancora sulla prima pagina del “Corriere della Sera”, il suo grande sponsor, ma nelle vignette di Giannelli. Come dire? Mettiamola sul ridere. La verità è che ormai l’hanno capito tutti, tranne forse Casini, che la cura Monti ha soltanto lenito saltuariamente il dolore, si è trattato di un analgesico, ma non ha prodotto alcun effetto sull’organismo. Anche il suo ondivagare su scetticismo (percorso di guerra) ed ottimismo (luce in fondo al tunnel) è segno di un esaurimento della carica. Se non si va subito a votare è perché i politici si stanno dimostrando più ondivaghi dei tecnici, con le loro quotidiane liti e col rivelarsi pezzi estranei e non compatibili di un presunto puzzle. Non solo disaccordo sulla legge elettorale, ma anche sulle alleanze. Casini ha detto che lui balla da solo, poi dopo le elezioni non esclude di accordarsi col Pd, il quale fa coppia fissa con la Sel di Vendola, il quale a sua volta ritiene il liberismo di Casini il diavolo. Non si capisce davvero che coalizione potrebbe venir fuori. Ma intanto dov’è andato a finire il bipartitismo delle alleanze preelettorali, che avrebbero dovuto far scegliere gli elettori: o con gli uni o con gli altri, o col centrodestra o col centrosinistra? Di questo passo va a finire che si continuerà con Monti anche dopo le elezioni.
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L’esempio che questa classe dirigente, tecnica + politica, sta dando sul piano dell’informazione non ha precedenti per confusione, indeterminatezza, truffaldinità. Un giorno si fa credere che l’Italia non ha bisogno di aiuti, un altro si profila una richiesta dello scudo anti-spread, un altro ancora che possiamo farcela da soli, senza commissariamenti e grecità e ibericità varie. Forse tutto questo agitar di battagli stordisce la gente per farle raggiungere “cinquanta sfumature” di fessagginità. Forse, a questo punto, erano da preferire le veline del Minculpop di cui parlano i sacerdoti della democrazia antifascista. Almeno si rideva o si piangeva e ci si prendeva per fessi tutti insieme beatamente. Quanto sta accadendo in Italia di questi tempi nel campo dell’informazione sarà materia di studio da parte di esperti, tanta è la complessità del fenomeno. Non si sa che dire o non si sa come non dire quel che si vorrebbe dire? Questo è il problema! L’informazione, con le sue stravaganze e contraddizioni, intrattiene come i romanzi di Pitigrilli e di Sibilla Aleramo. Su uno stesso giornale si legge che l’Italia se chiede l’intervento del fondo salva-Stati perde una buona parte di sovranità (Galli della Loggia) impattando contro l’art. 11 della Costituzione, una pagina dopo si legge che l’Italia non perderà niente che altri Stati della Comunità non perdano (Catricalà, sottosegretario alla presidenza del consiglio). Chi ha ragione?
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Ammettiamolo! Siamo alla fine di una grande infatuazione, quella degli Stati Uniti d’Europa, che ha caratterizzato l’intero secondo dopoguerra. Ma non illudiamoci. Nessuno degli attuali governanti, tecnici o politici che siano, lo ammetterà mai, dal momento che essi sono gli eredi di quelli che vollero questa Europa. Come sempre accade in situazioni del genere sarà un estraneo a questo tipo di democrazia e di Europa a risolvere il problema, a far uscire la nazione dal labirinto nel quale è prigioniera. Non utopia regressiva, nel senso che si vuole tornare alle nazioni pre-comunitarie, ma sicuramente una diversa ristrutturazione delle stesse, che sia il “già fu” declinato con “ciò che è”. La riscoperta di Carlo Marx, quale si registra per ora a livello di studio, nel bel mezzo della crisi economico-finanziaria, è un segnale eloquente; può voler dire che è necessario ripensare il passato, recuperare tutte le risorse. Anche per questo Monti si è rivelato fin dall’inizio la persona meno adeguata a guidare l’Italia, perché è incapace di pensar politico. I suoi provvedimenti si sono limitati a trovare soldi colpendo i cittadini (pensioni, Imu), ma nulla ha fatto sul versante dello sviluppo e della crescita. L’Italia dà oggi l’idea di una malata incurabile che rispetto al novembre 2011, inizio del governo Monti, ossia del ricovero, ha solamente nove mesi in più di vita ma con la prognosi inchiodata al giorno del ricovero. E allora la luce che vede Monti in fondo al tunnel somiglia tanto a quella che si dice vedano i moribondi nel momento di incoscienza assoluta un attimo prima del trapasso.  

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