domenica 12 agosto 2012

Monti e l'a-parlamentarismo


Continua Monti con la politica dei ricatti. A quelli interni, rivolti ai soggetti politici (partiti) ed economici (Confindustria e sindacati): non urlate ché vi sentono i mercati che fanno aumentare lo spread; ha aggiunto quelli esterni rivolti ai partner europei (diciamo tedeschi): se non ci aiutate il prossimo governo potrebbe essere euroscettico. Ora, in un’intervista al settimanale tedesco “Der Spiegel”, ha detto di essere preoccupato per la crescita in Italia di un diffuso e crescente sentimento antitedesco per via del rifiuto della Germania di andare incontro agli altri partner europei in difficoltà. Non un aiuto finanziario – dice Monti – ma un aiuto morale chiediamo alla Germania. Ma sappiamo benissimo – lo sappiamo noi, ma lo sanno anche i tedeschi – che l’aiuto di cui l’Italia presto potrebbe aver bisogno è proprio finanziario. In questo senso fa pressione su di noi per chiederlo il Presidente francese Hollande, il quale è convinto che se l’Italia si aggiunge alla Spagna nel chiedere soccorso finanziario il quadro europeo potrebbe rasserenarsi e i mercati non attaccherebbero il suo paese, che viene dopo il nostro nella lista dei bisognosi. Ma i ricatti di Monti sono davvero molli, non spaventano nessuno, rivelano semmai la sua inadeguatezza politica nell’affrontare un problema, la cui soluzione non sta solo nelle cifre da incolonnare in addizione o in sottrazione.
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Ma il vero casino Monti l’ha creato, sempre nell’intervista a “Der Spiegel”, con l’affermazione che è qui di seguito: “Se i governi dovessero lasciarsi completamente imbrigliare dalle decisioni del Parlamento senza preservare un loro spazio di manovra, sarebbe più probabile la disintegrazione dell’Europa di un’integrazione più stretta”. Queste parole possono essere variamente intese, ma su un loro preciso significato c’è poco da discutere ed è quello, che da qualche tempo è perfino oggetto di studio da parte di esperti di politica, ossia il rapporto tra esecutivo e legislativo in un mondo in cui il tempo per prendere decisioni utili e tempestive è sempre più rapido rispetto a quello del parlamento che diventa perciò, nel rapporto, sempre più lento. Ci dovrebbe essere – ha spiegato Monti – una certa flessibilità. Qualcosa del genere la disse Berlusconi quando le opposizioni lo attaccarono per il fatto che ricorreva sempre più spesso al decreto legge e al voto di fiducia, che – come si sa – sono strumenti per eludere i tempi lunghi del Parlamento. La stessa cancelliera tedesca Angela Merkel disse qualcosa del genere qualche tempo fa: “come posso avere una tattica negoziale a Bruxelles, se devo spiegare prima tutto al Parlamento?”. Si tratta evidentemente di un problema diffuso da affrontare in sede di ripensamento della democrazia. A proposito di voti di fiducia, con quello di oggi, 7 agosto, sulla Spending rewiev, Monti ne ha ottenuti ben 34 in meno di nove mesi di governo, in media quattro al mese, uno la settimana. Il voto di fiducia – si sa – è l’accettazione di una scelta di governo senza discuterla, che già di per sé rende inutile il parlamento, ovvero la democrazia, ovvero i partiti, ovvero il voto.
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Ma aver espresso quel pensiero in un’intervista ad un giornale tedesco è stata da parte di Monti un’imprudenza, nel momento in cui sempre più chiaro appare il contrasto tra la Germania di Merkel e il resto dei paesi europei, i quali incominciano a riconoscersi negli stessi interessi predicati dai due “Mari” italiani Monti e Draghi. Recentemente i tedeschi sono stati quasi costretti a dire tra i denti che le iniziative prese dalla Bce rientrano nel suo mandato, dopo che si erano spinti ad ammonirla di non superare i limiti di quel mandato. Le reazioni scomposte dei tedeschi alla provocazione di Monti dimostrano quanto siano nervosi. Hanno scomodato ancora una volta Berlusconi, che, a loro dire, avrebbe fatto scuola in tema di a-parlamentarismo, tanto da influenzare uno come Monti. Qualcun altro è stato ancora più rozzo, alludendo alle condizioni dell’Italia in questa crisi finanziaria. Attacchi che vanno ben oltre la pur ragionevole ragion politica del momento. E’ chiaro che i tedeschi che rispondono a muso duro a Monti pensano di farsi sentire dalla Merkel.
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Ma neppure gli italiani sono da meno in questo rigurgito di nazionalismo pro Monti. Specialmente dal centrodestra, forse perché piccati dal riferimento alla “inenarrabilità” dell’esperienza Berlusconi. Da Brunetta a Frattini, è un coro di “Forza Mario!”. Galli della Loggia è arrivato perfino a scrivere cose che forse neppure il caldo torrido di questo agosto può giustificare. Ha attaccato quelli che in Italia criticano Monti. “pochi politicanti da quattro soldi prestatisi anche questa volta, come spesso capita, a fare da cassa di risonanza alle maldicenze d’Oltralpe” (Non è solo questione di soldi, Corsera del 7 agosto 2012). Poco è mancato che non parlasse di disfattismo, come ai bei tempi del Duce. Non è come dice lui. Al di là del numero di quanti criticano Monti o dell’opportunità di farlo valgono le ragioni della critica, che sono rispettabilissime. La questione è di fondo, è strutturale. Appare sempre più chiaro che la democrazia va rivista, va ripensata in presenza di situazioni completamente diverse da quelle nelle quali questa democrazia è nata. In un paese in cui le opposizioni parlamentari si pongono come obiettivo prioritario la caduta del governo è del tutto legittimo che il governo rivendichi spazi in cui le opposizioni parlamentari non arrivino a nuocere. E’ una lesione della democrazia? Certo! Ma anche il voler far cadere il governo a tutti i costi, anche a danno del paese, è una lesione, forse assai più grave. Nel momento in cui il capo del governo è un membro del supergoverno europeo e si potrebbe dire membro del partito della grande finanza internazionale, che decisioni può prendere se poi deve fare i conti col suo parlamento? Non ci si vuole rendere conto che qui tutto ormai è in discussione.
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Ed ecco che l’eco della minchiata “derspiegeliana” non si è spenta che in un’altra intervista sul sito del Wall Street Journal, risalente ad un mese fa ma pubblicata solo oggi, 7 agosto, Monti ne ha sparata un’altra delle sue. Ma è davvero vecchia di un mese? Ha detto che se fosse rimasto Berlusconi al governo lo spread sarebbe salito a 1.200. Ma dico io, si può essere più maldestri di così? Poi ha chiamato Berlusconi per scusarsi e dire che la frase è vera ma fuori contesto assume un’altra dimensione. Berlusconi, che sulle affermazioni e sulle smentite si è rivelato uno spregiudicato maestro, ha fatto finta di capire. Ma il PdL è in subbuglio. La Santanché, a “In onda”, ha chiesto la testa di Monti e sollecitata da Filippo Facci ha detto che il numero di chi vuol fare la festa a Monti nel PdL cresce sempre di più. Poi, alla domanda se pure Berlusconi vuole farla finita con Monti, se n’è uscita con un “sa, Berlusconi è più responsabile di me”. Il punto è che Monti deve essersi convinto che può dire e fare quello che vuole, come un sovrano assoluto, da ab-solutus, ossia staccato, non dipendente, sciolto. E difatti da chi dipende? Formalmente dai partiti e dal parlamento, ma questi finora gli hanno dato sempre la fiducia a prescindere, laddove per prescindere s’intende obbedire all’altro sovrano assoluto, che è Napolitano. E’ tradizione in Italia, con qualche eccezione, che i presidenti della Repubblica, una volta eletti, dipendano più da Domineddio che dagli uomini.
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Nella stessa intervista al Wall Street Journal Monti critica la concertazione, ritenendola la causa di moltissimi mali. Ora, che la concertazione, esercitata anche in maniera eccessiva, possa essere stata causa di qualche male è fuor di dubbio. Ma è altrettanto fuor di dubbio è che essa appartiene alla nostra democrazia, che vuole che le grandi scelte strategiche si facciano d’accordo anche con le parti sociali rappresentate dai sindacati. Critichiamo pure gli eccessi, ma qui si attacca un metodo di confronto democratico esteso. Monti sempre più si dimostra insofferente di tutti i soggetti democratici, dai partiti al parlamento, dai sindacati alla Confindustria. Non attacca ancora i giornali, ma solo perché gli sono quasi tutti in favore.  E se dovesse attaccarli non ci sarebbe da meravigliarsi se essi si coprissero il capo di cenere e masochisticamente si mettessero carponi per ricevere meglio gli assestati colpi di frusta.

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