Conta 456 pagine il volume di
Vittorio Zacchino, Il Salento nella
Storia del Mezzogiorno moderno e contemporaneo, curato da Mario Spedicato
per la collana “Quaderni de l’Idomeneo” della Sezione leccese della Società di
Storia Patria per la Puglia
(Lecce, Edizioni Grifo, 2012). Ha per sottotitolo “Scritti scelti in occasione
dei suoi 50 anni di attività scientifico-storiografica”. In copertina “Gente
del Sud” di Lionello Mandorino.
Quaranta dei cinquant’anni
zacchiniani un po’ mi riguardano, gli ultimi trenta coincidono con la sua
collaborazione a “Brogliaccio Salentino”, in… presenza mia.
Incontrai la prima volta Zacchino
a Taurisano in occasione delle Celebrazioni vaniniane del 1969 e a Galatone per
quelle galateane dello stesso anno. Vittorio avrebbe stabilito una sorta di rapporto non
dico privilegiato con Taurisano ma significativo, sia perché aveva
insegnato due anni a Taurisano e aveva amici e colleghi sia perché padrino dei
due convegni fu Antonio Corsano, il taurisanese ordinario di Storia della
Filosofia all’Università di Bari.
Lo reincontrai qualche anno dopo
per le scale, io scendevo, lui saliva, in casa di Nicola Vacca, lo storico che
a mio avviso ha segnato il punto più alto degli storici locali non di
professione. Vacca era un medico, alla storia si era avvicinato per passione
con risultati eccellenti, avendo frequentato a Napoli Benedetto Croce e Fausto
Nicolini. Frequentavo saltuariamente la sua casa. Collaboravo a “Voce del Sud”
e per don Nicola appartenevo alla “parrocchia” di Ernesto Alvino, un suo
vecchio e mai negletto avversario degli anni Trenta e Quaranta in epoca
fascista. Vacca mi aveva incaricato di recuperargli una sua nota sulla Casa
natale di Vanini, letta in occasione delle Celebrazioni vaniniane, una
testimonianza mai più ritrovata, e di procurargli delle foto di alcuni trulli
in agro taurisanese. Per Vittorio, invece, la casa di Nicola Vacca era la sua
scuola.
Gli ultimi trent’anni posso dire
di averli “condivisi” con Vittorio, essendo stato lui generoso collaboratore,
coi suoi 62 interventi, di “Presenza Taurisanese”. Una collaborazione
consolidata dall’affetto personale. In occasione dei suoi ultimi due compleanni
in multipli di dieci, sessant’anni e settant’anni, mi sono divertito a
scrivergli delle anacreontiche in dialetto taurisanese, da lui gradite.
Il Prof. Spedicato ha detto delle
cose importanti su Zacchino, che mi sento di condividere. Vorrei solo
aggiungere qualcosa sulla sua Bildung.
Lo Zacchino di questo suo libro è diverso da quello dei suoi primi passi, pur
fatti sotto l’ala di studiosi come Nicola Vacca e Oronzo Parlangeli, quando
ancora non aveva ben individuato il suo percorso storiografico di settore e
batteva strade diverse.
Si può dire che Zacchino rappresenti
per certi aspetti la storia della storiografia salentina non professionista di
questi ultimi cinquant’anni, intendendo con questa locuzione la storiografia
motivata, nata e svolta fuori dalle università ed accademie dove in genere si
formano gli storici di professione. La storiografia non professionista ha
colmato in questi cinquant’anni non poca distanza da quella professionista e
Zacchino ne costituisce un percorso esemplare. Essa ha determinato trasformazioni
perfino sociologiche e antropologiche nell’ambito dei microambienti paesani,
dove l’intellettuale era una figura polivalente con un ruolo molto tipizzato.
Agli inizi degli anni Sessanta
del secolo scorso, quando Zacchino incominciò la sua marcia di avvicinamento
alla storiografia importante, chi rappresentava la cultura del paese e se ne
faceva interprete e carico erano in genere il maestro di scuola, l’insegnante
di scuola media, il parroco, qualche medico. Questo tipo di intellettuale
finiva per occuparsi di tutto: di politica, di filosofia, di letteratura, di
lingua, di arte, di archeologia, di architettura, di numismatica, di tutto
quello che il territorio e la sua storia occasionalmente offrivano, con esiti
evidentemente discutibili. E tuttavia molte di quelle ricerche hanno consentito
di conoscere, di ricostruire, di correggere la storia di personaggi e fatti, di
municipi e di classi sociali dei secoli precedenti. I loro autori hanno svolto
un compito surrogatorio, in quanto hanno coperto spazi di ricerca che gli
storici di professione, rivolti alla grande storia, trascuravano quando non
disdegnavano. Fino a quando, con la rivoluzione storiografica degli Annales, queste opere si sono dimostrate
particolarmente importanti e gli storici di professione, convertiti o vocati al
metodo di Febvre, Bloch e Braudel, ne hanno riconosciuto il valore e se ne sono
serviti. Ancora oggi – se vogliamo – sono le stesse figure professionali,
docenti per lo più di scuole superiori e di licei, ad occuparsi prevalentemente
della storia locale, oggi ampliata fino a lambire confini regionali e
macroregionali. Basta guardare alla produzione libraria di questi ultimi
cinquant’anni.
Quale la differenza, però, con la
storiografia di cinquant’anni fa? Quelle figure di studiosi erano rimaste
inalterate per più di due secoli, perpetuando metodiche amatoriali e
approssimative. Da cinquant’anni a questa parte, qui nel Salento, come Ennio
Bonea ha sostenuto nei suoi studi sul “Salento Sub Regione”, in particolare “La
svolta” del 1993, a
contatto con l’Università e la stampa quotidiana, prima assenti, e la
televisione, a partire da quegli anni sempre più pervasiva ed incidente, questi
studiosi hanno perfezionato i metodi di ricerca e di rielaborazione critica,
mentre il rifiorire delle sezioni di Storia Patria e lo sviluppo dell’editoria
hanno offerto sollecitazioni ed opportunità importanti, facendo crescere tutto
l’ambiente, la cultura e soprattutto il modo di fare cultura. Nelle sezioni di
Storia Patria la collaborazione tra storici di professione e storici per
passione – ma a questo punto si potrebbe anche dire storici interni
all’università e storici esterni – è diventata più sistematica e continua. Ne è
nato un rapporto simbiotico. Per un verso l’incontro ha determinato un
arricchimento interno di spunti di ricerca e di contenuti, per un altro la
partecipazione di metodologie ha
conferito più scientificità al prodotto storiografico esterno.
Vittorio Zacchino è sicuramente
tra gli storici più rappresentativi di questo processo; è uscito dalla
tipizzazione ed ha raggiunto una sua fisionomia. Egli è presente in quasi tutte
le iniziative editoriali di questi cinquant’anni, a partire da “Voce del Sud”
di Ernesto Alvino a “La
Tribuna del Salento” di Antonio Maglio, Ennio Bonea e Aldo
Bello, dalla “Gazzetta del Mezzogiorno” al “Quotidiano di Lecce” al “Corriere
del Mezzogiorno”, dalla “Zagaglia” di Mario Moscardino a “Sallentum”, da “Studi Salentini” a “Studi Storici
Meridionali”, da “Contributi” ai “Bollettini” delle varie sezioni di Società di
Storia Patria, a “Brogliaccio Salentino”.
Avvalendosi di autentici maestri, storici, filosofi e linguisti di
professione, si è perfezionato e ha prodotto opere sempre più importanti e
vicine alla professionalità storiografica. Questa sua raccolta di scritti,
curata da Spedicato, docente di storia moderna all’Università del Salento e
Presidente della Sezione di Lecce della Società di Storia Patria per la Puglia , che copre gran
parte dei suoi cinquant’anni di storiografia, lo dimostra. E si potrebbe dire,
con una battuta, che “la sua storia non finisce qui”.
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