mercoledì 15 agosto 2012

Vittorio Zacchino, 50 anni di storiografia salentina


Conta 456 pagine il volume di Vittorio Zacchino, Il Salento nella Storia del Mezzogiorno moderno e contemporaneo, curato da Mario Spedicato per la collana “Quaderni de l’Idomeneo” della Sezione leccese della Società di Storia Patria per la Puglia (Lecce, Edizioni Grifo, 2012). Ha per sottotitolo “Scritti scelti in occasione dei suoi 50 anni di attività scientifico-storiografica”. In copertina “Gente del Sud” di Lionello Mandorino. 
Quaranta dei cinquant’anni zacchiniani un po’ mi riguardano, gli ultimi trenta coincidono con la sua collaborazione a “Brogliaccio Salentino”, in… presenza mia.
Incontrai la prima volta Zacchino a Taurisano in occasione delle Celebrazioni vaniniane del 1969 e a Galatone per quelle galateane dello stesso anno. Vittorio avrebbe stabilito una sorta di rapporto non dico privilegiato con Taurisano ma significativo, sia perché aveva insegnato due anni a Taurisano e aveva amici e colleghi sia perché padrino dei due convegni fu Antonio Corsano, il taurisanese ordinario di Storia della Filosofia all’Università di Bari.
Lo reincontrai qualche anno dopo per le scale, io scendevo, lui saliva, in casa di Nicola Vacca, lo storico che a mio avviso ha segnato il punto più alto degli storici locali non di professione. Vacca era un medico, alla storia si era avvicinato per passione con risultati eccellenti, avendo frequentato a Napoli Benedetto Croce e Fausto Nicolini. Frequentavo saltuariamente la sua casa. Collaboravo a “Voce del Sud” e per don Nicola appartenevo alla “parrocchia” di Ernesto Alvino, un suo vecchio e mai negletto avversario degli anni Trenta e Quaranta in epoca fascista. Vacca mi aveva incaricato di recuperargli una sua nota sulla Casa natale di Vanini, letta in occasione delle Celebrazioni vaniniane, una testimonianza mai più ritrovata, e di procurargli delle foto di alcuni trulli in agro taurisanese. Per Vittorio, invece, la casa di Nicola Vacca era la sua scuola.
Gli ultimi trent’anni posso dire di averli “condivisi” con Vittorio, essendo stato lui generoso collaboratore, coi suoi 62 interventi, di “Presenza Taurisanese”. Una collaborazione consolidata dall’affetto personale. In occasione dei suoi ultimi due compleanni in multipli di dieci, sessant’anni e settant’anni, mi sono divertito a scrivergli delle anacreontiche in dialetto taurisanese, da lui gradite.
Il Prof. Spedicato ha detto delle cose importanti su Zacchino, che mi sento di condividere. Vorrei solo aggiungere qualcosa sulla sua Bildung. Lo Zacchino di questo suo libro è diverso da quello dei suoi primi passi, pur fatti sotto l’ala di studiosi come Nicola Vacca e Oronzo Parlangeli, quando ancora non aveva ben individuato il suo percorso storiografico di settore e batteva strade diverse.
Si può dire che Zacchino rappresenti per certi aspetti la storia della storiografia salentina non professionista di questi ultimi cinquant’anni, intendendo con questa locuzione la storiografia motivata, nata e svolta fuori dalle università ed accademie dove in genere si formano gli storici di professione. La storiografia non professionista ha colmato in questi cinquant’anni non poca distanza da quella professionista e Zacchino ne costituisce un percorso esemplare. Essa ha determinato trasformazioni perfino sociologiche e antropologiche nell’ambito dei microambienti paesani, dove l’intellettuale era una figura polivalente con un ruolo molto tipizzato.
Agli inizi degli anni Sessanta del secolo scorso, quando Zacchino incominciò la sua marcia di avvicinamento alla storiografia importante, chi rappresentava la cultura del paese e se ne faceva interprete e carico erano in genere il maestro di scuola, l’insegnante di scuola media, il parroco, qualche medico. Questo tipo di intellettuale finiva per occuparsi di tutto: di politica, di filosofia, di letteratura, di lingua, di arte, di archeologia, di architettura, di numismatica, di tutto quello che il territorio e la sua storia occasionalmente offrivano, con esiti evidentemente discutibili. E tuttavia molte di quelle ricerche hanno consentito di conoscere, di ricostruire, di correggere la storia di personaggi e fatti, di municipi e di classi sociali dei secoli precedenti. I loro autori hanno svolto un compito surrogatorio, in quanto hanno coperto spazi di ricerca che gli storici di professione, rivolti alla grande storia, trascuravano quando non disdegnavano. Fino a quando, con la rivoluzione storiografica degli Annales, queste opere si sono dimostrate particolarmente importanti e gli storici di professione, convertiti o vocati al metodo di Febvre, Bloch e Braudel, ne hanno riconosciuto il valore e se ne sono serviti. Ancora oggi – se vogliamo – sono le stesse figure professionali, docenti per lo più di scuole superiori e di licei, ad occuparsi prevalentemente della storia locale, oggi ampliata fino a lambire confini regionali e macroregionali. Basta guardare alla produzione libraria di questi ultimi cinquant’anni.
Quale la differenza, però, con la storiografia di cinquant’anni fa? Quelle figure di studiosi erano rimaste inalterate per più di due secoli, perpetuando metodiche amatoriali e approssimative. Da cinquant’anni a questa parte, qui nel Salento, come Ennio Bonea ha sostenuto nei suoi studi sul “Salento Sub Regione”, in particolare “La svolta” del 1993, a contatto con l’Università e la stampa quotidiana, prima assenti, e la televisione, a partire da quegli anni sempre più pervasiva ed incidente, questi studiosi hanno perfezionato i metodi di ricerca e di rielaborazione critica, mentre il rifiorire delle sezioni di Storia Patria e lo sviluppo dell’editoria hanno offerto sollecitazioni ed opportunità importanti, facendo crescere tutto l’ambiente, la cultura e soprattutto il modo di fare cultura. Nelle sezioni di Storia Patria la collaborazione tra storici di professione e storici per passione – ma a questo punto si potrebbe anche dire storici interni all’università e storici esterni – è diventata più sistematica e continua. Ne è nato un rapporto simbiotico. Per un verso l’incontro ha determinato un arricchimento interno di spunti di ricerca e di contenuti, per un altro la partecipazione di metodologie  ha conferito più scientificità al prodotto storiografico esterno.     
Vittorio Zacchino è sicuramente tra gli storici più rappresentativi di questo processo; è uscito dalla tipizzazione ed ha raggiunto una sua fisionomia. Egli è presente in quasi tutte le iniziative editoriali di questi cinquant’anni, a partire da “Voce del Sud” di Ernesto Alvino a “La Tribuna del Salento” di Antonio Maglio, Ennio Bonea e Aldo Bello, dalla “Gazzetta del Mezzogiorno” al “Quotidiano di Lecce” al “Corriere del Mezzogiorno”, dalla “Zagaglia” di Mario Moscardino a “Sallentum”, da  “Studi Salentini” a “Studi Storici Meridionali”, da “Contributi” ai “Bollettini” delle varie sezioni di Società di Storia Patria, a “Brogliaccio Salentino”.  Avvalendosi di autentici maestri, storici, filosofi e linguisti di professione, si è perfezionato e ha prodotto opere sempre più importanti e vicine alla professionalità storiografica. Questa sua raccolta di scritti, curata da Spedicato, docente di storia moderna all’Università del Salento e Presidente della Sezione di Lecce della Società di Storia Patria per la Puglia, che copre gran parte dei suoi cinquant’anni di storiografia, lo dimostra. E si potrebbe dire, con una battuta, che “la sua storia non finisce qui”.

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