domenica 1 aprile 2012

Monti e le parole in libertà

Parole in libertà, quelle della ministra Elsa Fornero: noi facevamo il nostro lavoro, siamo stati chiamati per risolvere un problema grave che richiede interventi duri, provvedimenti difficili, non per distribuire caramelle come facevano i politici di prima. Più o meno queste le parole dette all’inviato di “Report”, la trasmissione domenicale della Gabanelli, la sera di domenica 25 marzo. Ora, questa storia del “siamo stati chiamati a purgare il paese” incomincia davvero a non essere più tollerabile. Lo abbiamo capito tutti che il Paese è mal messo, che è necessario adottare provvedimenti duri e difficili, ma non si può procedere come un bulldozer e travolgere tutto quello che s’incontra sul proprio cammino. La ministra non può disconoscere che ci sono centinaia di migliaia di lavoratori, che, avendo fatto un accordo con le loro aziende da ristrutturare, sulla base della vecchia normativa, sarebbero andati in mobilità, coperti dagli ammortizzatori sociali, e poi in pensione. Sono i cosiddetti esodati, che ora, a causa della riforma delle pensioni, che allunga il periodo di pensionamento, rischiano, dopo la cessazione degli ammortizzatori sociali, di rimanere senza salario e senza pensione. Il vuoto che si è creato ai loro danni “per salvare il Paese” deve essere colmato. Il governo non può chiamare “caramella” la soluzione di un problema così drammatico. Rimanere per alcuni anni senza lavoro e senza pensione non è uno scherzuccio da dozzina, così per ricordare il Giusti di Sant’Ambrogio. Essersi espressa in questi termini la ministra ha offeso gli italiani. E va bene che tradisce un disprezzo nei confronti dei politici forse degno di miglior causa!
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Da lunedì, 26 marzo, Monti è in Oriente, in India, in Sud Corea, in Giappone, in Cina. Va a concludere affari, cerca investitori in Italia. Si sa che raccoglie consensi. Figurarsi se in diplomazia ad un capo del governo di un paese amico si dice che fa schifo! Non l’hanno mai detto neppure a Saddam Hussein o a Gheddafi! Intanto Monti pensa all’Italia. “Se il Paese non è pronto per le mie riforme, lascio. Non mi va di tirare a campare”. Così ha detto. Una minaccia che coinvolge sia i partiti che gli consentono di governare sia i sindacati. La riforma del mercato del lavoro ha creato un po’ di maretta. Di Pietro, nella sua rozzezza contadina ha esclamato: “Ma come, il Paese deve essere pronto per Monti, non il contrario: Monti per il Paese?”. A Monti non piace tirare a campare, ma intanto gli italiani campano costretti a tirare, e non solo la cinghia.
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La stampa che conta continua a sostenere Monti. Sergio Romano sul “Corriere della Sera” di martedì, 27 marzo, fa un ragionamento per il quale, se avesse la possibilità di leggerlo fra qualche anno, potrebbe arrossire. Dice: “Questo governo non ha mai avuto i pieni poteri, ha fatto leggi grazie al voto del Parlamento e ha potuto contare, bene o male, sull’appoggio di una grande coalizione che ambedue gli schieramenti, anche se in momenti diversi, avevano già ripetutamente auspicato”. Dopo l’ovvio – si sa – c’è l’ottuso. Quello che dice non è né nuovo né falso. E’ quel che non dice che è grave. Certo che Monti non è un dittatore, non ha i pieni poteri – e chi glieli doveva dare? – ciò non significa che è espressione di normalità democratica. Ma soprattutto non significa che il suo operato è da condividere a prescindere. Sergio Romano circoscrive l’universo politico a governo, partiti e parlamento. Ma c’è un popolo, nei confronti del quale se non hanno ragione i partiti e il parlamento, non ne ha neppure il governo.
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La realtà, che è sotto gli occhi di tutti, è di una gravità sconosciuta alle generazioni nate dopo la guerra. L’Italia sta diventando il Tibet dei bonzi che si danno fuoco, degli imprenditori falliti, dei debitori che non sanno come risolvere i loro problemi. Mai visti tanti suicidi per fallimento. I provvedimenti del governo tecnico sono estremamente penalizzanti sotto qualsiasi aspetto: occupazione, reddito, sicurezza, sanità, pensione. Mentre da un lato il governo rende più costosa la vita, dall’altro aumenta le tasse, fa prelievi, spegne speranze. Si combattono evasori ed abusivi – e si fa benissimo – ma non si provvede a rimuovere nessuna causa che è a monte dei malvizi italiani. Come si combattevano i briganti nell’Italia postunitaria senza chiedersi le ragioni per le quali tanti si erano dati al brigantaggio, così oggi, in questo avvio di secondo millennio, in Italia si fa la guerra a chi non rispetta la legge, ma non ci si chiede perché la legge non è rispettata. Evasione fiscale ed abusivismi vari non sono una bella cosa; ma il governo non può combatterli senza offrire alla gente “malviziata” delle soluzioni economiche legali.
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Parole in libertà, anche quelle di Monti a Tokio, non nel senso futurista, purtroppo; ma presentista. Avevamo tutti tirato un respiro di sollievo con la fine del governo Berlusconi, proprio a causa delle sue stravaganze verbali all’estero, ora contro i giudici ora per burla contro i suoi colleghi europei, ora per le barzellette ora per qualche altra minchiata. E, invece, con Monti è perfino peggio. A Tokio ha detto: “In Italia le imprese hanno paura di assumere perché è molto difficile licenziare. Il governo ha consensi, i partiti no”. Ora, era proprio il caso di dire certe cose all’estero, dove si è recato proprio per convincere gli imprenditori stranieri ad investire in Italia? Quanto alla sua sortita sul consenso al governo e non ai partiti, è stato come gettare benzina sul fuoco. E difatti in Italia si sono scatenate le polemiche. Forse non si rende conto Monti che in Italia il consenso al suo governo è istituzionale e perciò politicamente fittizio. E’ vero che il popolo ce l’ha coi partiti, ma anche perché hanno consentito il governo tecnico. Monti sarà pure un gran bravo manager, ma sul piano politico stenta perfino a leggere una scheda elettorale.
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Bersani ha reagito duramente alle parole di Monti: o qui tecnici e politici risolvono insieme il problema o tecnici e politici insieme falliscono e allora meritano cazzotti dalla gente gli uni e gli altri. Togliatti avrebbe usato scarpe chiodate per calci in culo. Gli ha dato ragione, invece, Berlusconi, non dimentico di aver costruito le sue fortune politiche parlando male dei politici professionisti. Monti ha risposto subito alla gaffe giapponese con una lettera al “Corriere della Sera” del 30 marzo “I meriti dei partiti e la maturità del paese”. Ha fatto la palinodia: tecnici e politici insieme per risolvere i mali dell’Italia, i partiti si sono rivelati molto responsabili; il paese è maturo. Bersani ha detto che le parole di Monti sono rassicuranti. E’ il solito teatrino della politica italiana. Io ti dico che sei uno svergognato e un figlio di puttana, e poi dico che non lo sei; e tutto è a posto. Ma le cose non stanno così, il teatro rappresenta la realtà, non è la realtà. Non c’è chi non lo veda.
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Giovanni Sartori chiude la settimana di stronzate con un fondo sul “Corriere della Sera” di domenica, 1° aprile. Come nella letteratura del tardo Settecento immagina di aver fatto un sogno “Notturno italiano”. Sostiene che Monti sbaglia a perseguire obiettivi come l’art. 18 e ipotizza provocazioni, tipo “provvedimenti che Alfano, su ordine del suo capo, sarebbe costretto a bocciare”, come riforme sulla giustizia e della Rai. A questo punto Napolitano scioglie il Parlamento, si va a nuove elezioni col Porcellum e Monti stravince le elezioni e così può fare finalmente quello che vuole perché legittimato dal voto popolare. Questo il sogno. Al mio paese si dice che “vecchi e forestieri possono dire quello che vogliono”. Quel che non si può tollerare è che questa gente continui a mancare di rispetto agli altri. Parlare di capi e di ordini, come per una faccenda mafiosa, se non è demenza senile è solo perché dopo tutto si deve continuare ad aver rispetto di “vecchi e forestieri”. Pesce d’aprile, permettendo!

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