lunedì 16 maggio 2011

Giovinezza e Faccetta nera: verboten!

Il problema si pose al Festival di Sanremo, quando per festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia si pensò di inserire in una compilation di canzoni “Bella ciao” e “Giovinezza”. Dio liberi! “Giovinezza” mai! Immagino che durante il regime fascista la stessa sorte sarebbe toccata a “Bandiera rossa”.
Lo sdegno e l’anatema si sono ripetuti di recente a Lecce nell’Istituto “Marcelline”. Festa di fine anno scolastico. L’Unità d’Italia obbliga a qualche festeggiamento tematico. Facciamo cantare alle bambine “Bella ciao” e “Faccetta nera”. Nuovi eroici furori antifascisti. Si sono scomodati intellettuali e politici, pedagogisti e psichiatri. “Faccetta nera” nemmeno ai cani! Per quanto i versi di questa canzone esprimano i più nobili sentimenti e nessuna sua parola suoni offensiva a chi ha la “faccetta nera”. Ma evoca trascorsi fascisti!
Se dovessimo formalizzarci sulle parole degli inni non dovremmo cantare neppure quello di “Mameli” per via di quell’elmo di Scipio che non s’associa davvero a propositi pacifisti; e nemmeno il Nabucco per i riferimenti a Sion e alle torri atterrate.
Per “Bella ciao”, allora… Eh, ma “Bella ciao” è la canzone della Resistenza e l’Italia è una repubblica nata dalla Resistenza! Sì, ma sarebbe come dar ragione al regime fascista quando proibiva di festeggiare il 1° Maggio, sostenendo che era una festa comunista e l’Italia invece era anticomunista.
In regime fascista sarebbe andata sicuramente peggio. Chi avesse avuto soltanto l’idea di far cantare ai bambini l’”Internazionale” sarebbe finito al confino politico.
In un paese in cui, dopo sessantacinque anni, esiste ancora l’Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia) – lo dico con tutto il rispetto – non vale la pena attardarsi se sia opportuno o meno dare spazio rievocativo ad inni fascisti. Non è opportuno. Amen.
Ma la domanda che uno si pone – e mi pare che legittimamente si ponga – è: sono passati 150 anni dall’Unità d’Italia o soltanto 130, dato che dobbiamo detrarre i venti anni del fascismo?
Non c’è psicanalista che in presenza di un soggetto che voglia rimuovere un periodo della sua vita non diagnostichi qualche turba o qualche ben più grave patologia. Qui non si tratta di un soggetto-persona, ma di un soggetto-società. In Italia c’è una non quantificabile componente sociale, ma alla fine manifestamente prevalente, non dico maggioritaria, che vuole rimuovere venticinque anni della sua vita. Periodo in cui lo stesso soggetto-società pazziava, per dirla alla napoletana, in fanatici abbandoni, smaniando di dimostrare di essere quanto più fascista non si potesse. Ora si vergogna di quel periodo e s’illude di poterlo nascondere? E’ improbabile che riesca, perché se riesce a nasconderlo nella forma, lo tradisce nella sostanza. Come? Proibendo. Non c’è chi non sia d’accordo nel dire che il fascismo s’identifichi immediatamente con l’intolleranza. Che poi si proibisca “Bandiera rossa” ieri o “Giovinezza” oggi poco conta.
Capisco perché un tale, parlandomi dei suoi trascorsi fascisti nel Ventennio, mi diceva: ero fascista ma non potevo vedere i fascisti. Peccato che è morto. Oggi potrebbe dire tranquillamente: sono democratico ma non posso vedere i democratici.
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