domenica 3 ottobre 2010

In principio è il potere...e il potere è Dio

“In principio Dio creò i cieli e la terra. Or la terra era informe e vacua e c’erano tenebre sulla superficie delle ondeggianti acque…”. Inizia così la Genesi, primo libro della Bibbia attribuito a Mosè. Quale messaggio contiene questo esordio biblico? Dante ci insegna che le scritture possono essere lette in senso letterale e in senso allegorico. Lasciamo stare quello letterale. Non ci serve in questa sede. Se Dio mise ordine dove non c’era e diede forma a ciò che non ne aveva, creò la luce per rischiarare le tenebre e diede quiete alle “ondeggianti acque”, vuol dire che Dio è allegoria del potere, e che questo è in principio di tutte le cose. Senza il potere attivo tutto precipita nel caos primordiale.
Caliamoci nella realtà politica. Chi parla e opera contro il potere parla e opera contro l’ordine, contro la forma, contro la luce. Ordine, forma, luce sono presupposti di benessere e sicurezza. Abbattuto il potere, tutto il resto viene giù e tutti si cade nel disordine e nella prepotenza. Non c’è più chi provvede a fare le leggi e a farle rispettare, a garantire il patto sociale. Dai diritti più importanti alle esigenze più spicciole e quotidiane, tutto è in discussione. Così posta la questione, anche il più brutto dei poteri appare preferibile alla vacatio del potere.
Il potere, a volte, però, può diventare tirannide insopportabile; tirannide lo è sempre, ma solo in talune circostanze abbatterlo conviene più del conservarlo.
Veniamo al dunque. Siamo noi oggi in Italia in una circostanza in cui abbattere il potere conviene più del conservarlo?
Non è facile rispondere a questa domanda perché il potere non si identifica senz’altro col governo, che è sommariamente personificato da un uomo discusso e discutibile: Silvio Berlusconi. Anche se non è totus suus. Il potere dura finché da un governo si passa ad un altro; cade se invece si passa ad un non governo. Perciò, bisogna stare molto attenti.
In Italia, da quando è comparso Berlusconi sulla scena politica non c’è stato più bene; non c’è stato più ragionamento politico. Dimentichi dell’importanza del potere e condizionati dall’essere contro chi ne detiene il governo, ogni impegno ad abbatterlo è stato prioritario. Nessuno si pone il problema: abbattere Berlusconi non vuol dire anche abbattere il potere? La risposta sarebbe semplice se, abbattuto Berlusconi, ci fosse pronto un altro governo a prenderne il posto, a farsi titolare del potere ed esercitarlo per garantire ai cittadini i loro diritti e soddisfare le loro esigenze. Ma così non è. Fuori del brutto governo di Berlusconi nell’immediato non ce n’è uno più bello o più brutto; non c’è proprio un governo.
Ad appena due anni dalle elezioni quella che appariva l’invencible armada di Berlusconi è prossima a fare la fine dell’armata Brancaleone di Prodi; un numero notevole di parlamentari, come ondeggianti acque, vanno e vengono dai gruppi e dagli schieramenti, sospinti dal vento dell’interesse personale. Ancora una volta, democraticamente, ossia irresponsabilmente, i rappresentanti del popolo agiscono senza nessun vincolo. Come dice la Costituzione, ma non nello spirito della Costituzione. A riprova che questa nostra magna charta può essere usata come si vuole, per incartare qualsiasi cosa.
Sorprende non tanto il politico avversario di chi oggi detiene il potere quando lancia proclami e assesta colpi per abbatterlo senza neppure preoccuparsi del poi. In democrazia c’è una irresponsabilità diffusa, per cui non necessariamente chi è contro il potere e lo vuole abbattere ne ha uno in sostituzione. Si dice: per ora abbattiamo questo, dopo si vedrà. Sorprende, invece, chi, come Giovanni Sartori, un politologo, uno scienziato della politica, si mette a scimmiottare i politici avversari del potere, come un medico piuttosto che curare il malato si mette a scimmiottarlo. Sartori non è il solo, come lui si comporta la stragrande maggioranza di chi dovrebbe mettere in guardia il paese dal non precipitare nel disordine e nell’anarchia. L’Italia è malata, ma i medici lo sono più di lei.
Berlusconi è davvero così importante che ipotizzare un’Italia senza di lui sarebbe il disastro? Assolutamente no, come no è la risposta alla domanda: ma davvero Berlusconi è il male assoluto, da eliminare prioritariamente senza porsi nessun problema del dopo, che sarebbe senza ombra di dubbio migliore del prima?
Dico che il problema politico italiano sarà pure Berlusconi, e non lo dico per comodità di ragionamento, ma sono anche gli altri, i suoi oppositori. Berlusconi è a capo del governo perché lo hanno voluto gli italiani, che hanno votato in base ad una legge approvata sia dal centrodestra che dal centrosinistra. Governa e propone riforme. Sono brutte? Perché, allora, gli altri non fanno la loro parte, opponendosi nel merito delle proposte di Berlusconi e avanzando proposte a loro volta? No, essi pongono una pregiudiziale: niente governo, niente politica finché c’è lui al potere.
Essi perciò sono politicamente latitanti, non affrontano i problemi, non hanno nulla da dire all’infuori delle solite frasi, che ripetono ogni giorno, senza nessuna variante. Sono inadempienti e incoerenti. Tutto ciò che prima rientrava nel loro strumentario politico è rivisto alla luce della funzionalità o meno all’utile berlusconiano. La Costituzione è stata sempre criticata per i suoi difetti di fabbrica; ma oggi la Costituzione, siccome può essere brandita contro Berlusconi, è la più bella del mondo. Da sempre si dice che la giustizia in Italia non funziona, che i processi non finiscono mai; ma oggi, siccome il processo breve è funzionale all’utile berlusconiano, ecco che tutto va bene come va. Lungi dal fare politica a prescindere dall’utile berlusconiano i suoi oppositori non sanno andare oltre la “morte” di Berlusconi, che vorrebbero venisse inflitta dal popolo, ma in cuor loro si accontenterebbero anche se a provvedere fosse il Padreterno.
I cittadini hanno capito, però, che Berlusconi in qualche modo i problemi del paese li affronta e li risolve, mentre chi lo vuole “morto” non ha né la forza politica né le idee per proporsi al suo posto. Essi, perciò, non sono così allocchi da rinunciare ad una forma, che magari non piace, ad una luce che magari non è molto chiara, ad una calma delle acque che magari sarà pure apparente, per precipitare in una terra politica “informe e vacua”, neppure promessa. Verrebbe da dire neppure Deo lo vult!
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