domenica 26 settembre 2010

Fini: una condanna senza appello

Non c’è dubbio alcuno che lo schifo che sta facendo la destra politica oggi in Italia non ha precedenti e non può avere comprensioni o tolleranze. Dire, però, che è tutta la politica a fare schifo non è giusto, perché non è vero. Se dici tutti, dici nessuno. E non è giusto neppure colpevolizzare tutti a destra allo stesso modo. Se tutti hanno colpa, nessuno ne ha. Proprio nei momenti di peggiore crisi della politica, senza nulla nascondersi e nascondere, bisogna avere fiducia.
Esiste in Italia da anni una questione Berlusconi, nei confronti della quale c’è stata e c’è una durissima presa di posizione da parte delle sinistre di ogni ordine e grado. E in tutta onestà non si può dire che facciano male a denunciare continuamente quanto accade nel paese e che secondo loro non dovrebbe accadere. Esse svolgono un compito essenziale in una democrazia. Si può obiettare sulla giustezza delle critiche e sulla fondatezza delle denunce, ma questo è un altro discorso. Conflitto di interessi, inadeguatezza a rappresentare le istituzioni, processi per corruzione, ripetuti scandali finanziari e sessuali, leggi ad personam, pubbliche beghe famigliari balzate alla cronaca nazionale, gaffe internazionali con esibizione di corna e battute inopportune e stravaganti sono critiche e denunce assai fondate. Potremmo continuare. Berlusconi ne ha fatte di tutti i colori, senza mai dirsi pentito o contrito, ma esibendole come un modo nuovo di far politica, a dimostrazione che lui non viene dal mondo del dire ma da quello del fare. Il popolo italiano, almeno quello che da sempre lo segue, non lo ha sempre condiviso, ma lo ha sempre tollerato, perché poi i suoi governi sono riusciti a dimostrare che un conto sono le stravaganze comportamentali, un altro è il governo.
E’ un fatto innegabile che la politica, anche a livello governativo, grazie a Berlusconi ha rinnovato il suo personale. Ci sono tante donne che prima non c’erano e se si escludono maliziosità di bassa lega nei loro confronti, indegne di un paese civile e incoerenti per chi le fa, hanno dimostrato di essere all’altezza. Ci sono quadri giovanili che si sono rivelati capaci e importanti. Ci sono ministri come Tremonti, Maroni, Frattini, La Russa, Sacconi, Gelmini, Brunetta, Carfagna, Brambilla, tanto per rimanere al governo in carica, che hanno dimostrato che in Italia il governo c’è e che sa anche operare, pur in un periodo di gravissima crisi finanziaria internazionale.
Va bene, dunque, criticare Berlusconi; va male, invece, circoscrivere a lui tutto quello che si può dire della politica e del suo governo.
E veniamo al dunque. La destra ex missina ed ex aennina ha sempre approvato senza fare una grinza l’operato di Berlusconi, a volte anche indecorosamente e venendo meno al suo compito oserei dire storico prima ancora che politico di caratterizzare di più e meglio l’azione del governo. La storia di questo partito avrebbe imposto a Fini e compagni un ruolo di controllo, di pungolo e di condizionamento soprattutto sul fronte dell’etica pubblica, fiore all’occhiello di sempre della destra italiana. Il Msi non era soltanto corporativismo, neofascismo, squadrismo, violenza; ma era anche legalità, giustizia, rispetto dello Stato, stato etico e stato sociale, senso di patria, compostezza istituzionale, etica pubblica.
Fini è stato il traghettatore di questa destra dal Msi al PdL nell’arco di sedici anni. Se c’è una persona chiamata a rispondere nel bene e nel male della metamorfosi della destra politica italiana è lui e in subordine i cosiddetti colonnelli, che lo hanno sempre seguito e assecondato, compreso quello Storace, che ne ha tratto benefici personali divenendo Presidente della Regione Lazio e Ministro della Sanità, prima di prendere le distanze per motivi mai del tutto chiariti.
L’opposizione di Fini e di alcuni ex missini ed ex aennini a Berlusconi è una questione recente. Da che cosa è nata? Lo hanno visto tutti. Fini, divenuto presidente della camera dopo il voto del 2008, non ha tardato a dare segni di irrequietezza, alternando esternazioni e picconate, a volte nobilitate da una nuova sensibilità politica (testamento biologico, cittadinanza agli immigrati, omosessualità), che nulla hanno a che fare con la destra, e a volte svestite di qualsiasi compostezza formale (attacchi fuori onda a Berlusconi e a rappresentanti della maggioranza). In un primo momento si è pensato ad una eccessiva identificazione da parte di Fini con la terza carica dello stato, che obbliga ad avere nei confronti di certi problemi un atteggiamento meno politico di parte e più istituzionale. Ma poi è apparso chiaro che lui mirava al bersaglio grosso, in un crescendo sempre più duro, attaccando ora Berlusconi senza mezzi termini ora uomini di quella maggioranza che pur lo aveva eletto presidente, facendosi apripista delle opposizioni, in un misto di dipietrismo e grillismo. La sua incominciava a configurarsi come opposizione bella e buona: all’interno reclamava libertà di dissenso, allo scopo di dimostrare che Berlusconi non ne concede; all’esterno facendo causa comune con le opposizioni. Mentre, in maniera incredibilmente cinica e sfrontata, confermava la sua fiducia al governo per rispetto di chi lo aveva votato. Il gioco era chiaro: mettere in crisi il governo per trarre poi dalle votazioni successive il massimo profitto; dimostrare che non la destra aveva fallito, ma Berlusconi, che andava perciò sostituito; per accreditarsi pertanto come unico legittimo erede. Lui, vessillifero di legalità, il nuovo Catone: Caiman delendus est.
Ma ahimè si era scordato che Berlusconi non era il re e che lui non era il principe ereditario gratia dei. La legge salica non vale in repubblica, dove nascono e muoiono gerarchie nel volgere di poco tempo. Inoltre non si era ben guardato addosso e intorno. Se lo avesse fatto si sarebbe accorto di non avere proprio le carte in regola. La questione della casa di Montecarlo non è una cosa da niente, come i suoi nuovi “amici” vogliono dare ad intendere. E’ oggettivamente grave; è soggettivamente gravissima, se si considera che il soggetto è quel partito nato nel 1946 sulle ceneri del fascismo, di cui fino al 1992 non ha mai nascosto l’eredità politica e morale. I suoi nuovi “amici” non sanno cosa significhi essere stati missini, e forse non lo sa neppure lui; ma gli altri, soprattutto quelli della base, che non sono tutti morti ancora, lo sanno. E perciò, senza essere berlusconiani e anzi subendo Berlusconi, lo condannano senza appello.
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