domenica 12 settembre 2010

La politica non può essere la sentina degli italiani

Nel corso di questa settimana, 6-12 settembre 2010, cinque episodi, quasi uno al giorno, hanno mostrato il livello di degrado in cui è precipitata la politica in Italia.
L’attore-regista Michele Placido, irritato per le critiche al suo film “Gli angeli del male”, in cui narra le imprese del bandito Renato Vallanzasca, criminale pluriomicida negli anni Settanta, ha detto che in Parlamento c’è di peggio.
L’on. Angela Napoli di Futuro e Libertà ha detto che alcune parlamentari del PdL, nelle elezioni del 2008, pur di essere inserite in lista con la sicurezza di essere elette, si sono prostituite.
Il Presidente della Camera Gianfranco Fini, rispondendo ad Enrico Mentana, nel corso di un’intervista su "La 7", ha detto che in politica non si tradisce, si cambia.
Il Senatore a vita Giulio Andreotti, nel corso della trasmissione “La storia siamo noi” su Rai Due di giovedì 8 settembre, ha detto a Gianni Minoli a proposito dell’avv. Giorgio Ambrosoli, ucciso l’11 luglio 1979 da un sicario di Michele Sindona, che in fondo quella morte se l’andava cercando.
Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi dalla Russia, dove partecipava ad un convegno sulla democrazia, ha insolentito la magistratura italiana e Gianfranco Fini.
Cinque episodi di cinismo e spudoratezza che hanno investito la politica. Le parole di Michele Placido sono passate quasi inosservate, come se fosse di pubblico e accettato dominio che in Parlamento ci siano o ci possano essere elementi peggiori del pluriomicida Renato Vallanzasca, il quale con due-tre colpi di pistola in fronte si sbarazzava del malcapitato che gli capitava davanti. A qualche debole rimostranza Placido ha risposto che lui fa il regista come altri fanno i giornalisti: racconta la realtà italiana. E no! Raccontare la criminalità è un dovere del cronista, e nell’esercizio di questo dovere sono caduti tanti giornalisti, sotto il fuoco della mafia e del terrorismo politico; ma esaltarne le gesta, con racconti accattivanti, giocando con l’artifizio della retorica, è un’altra cosa. Dire poi che in Parlamento c’è gente peggiore di Vallanzasca è un oltraggio all’istituzione, a prescindere da qualsiasi altra considerazione.
La sortita dell’on. Napoli è sconcertante. Subito dopo le elezioni, quando Beppe Grillo accusò che in Parlamento era arrivata qualche zoccola, lei fu una delle diciannove risentite che querelarono il comico. Dunque in Parlamento, oltre a criminali peggiori di Vallanzasca, secondo il Placido pensiero, ci sono anche zoccole, secondo il Grillo pensiero, condiviso in ritardo da una che, essendo parte in causa e non essendo davvero appetibile, come zoccola voglio dire, non si sa di chi parla.
Diversa ma non meno grave è la sortita di Fini, secondo cui il tradimento non riguarda la politica. Si sapeva che il Presidente della Camera fosse digiuno di libri. Rauti, ai suoi dì, glielo disse: caro Gianfranco il tuo problema è che hai letto meno libri di quanti io ne abbia scritti. Ora, con gli ultimi fatti che lo hanno riguardato e con la sua teoria sul tradimento, si sa anche che è digiuno di qualsiasi principio etico. Neppure Machiavelli si era spinto a negare il tradimento in politica, si era limitato a piegarlo agli interessi dello Stato. Fini è piuttosto l’uomo del Guicciardini, come Francesco De Sanctis lo desunse dai suoi famigerati “Ricordi”. L’uomo, cioè, che risponde alla più guicciardiniana delle categorie: il “particulare”. Che non è da intendersi in senso storiografico, dove ha una sua importanza metodologica, ma in senso politico, come ricerca del proprio esclusivo interesse.
Inqualificabile la battuta del Senatore a vita Giulio Andreotti, che, con cinica indifferenza, ha offeso una delle più illustri vittime del dovere civile in Italia. Che il più volte capo del governo democristiano fosse un ammiratore del mafioso Sindona lo si sapeva, ma che potesse arrivare al punto di offendere la memoria di una delle più limpide figure dell’impegno civile fino al sacrificio è davvero intollerabile. Claudio Magris gli ha augurato di dare conto a Dio di questo insulto; mentre altri, meno credenti, vorrebbero che gli fosse revocata la nomina di Senatore a vita per indegnità.
Berlusconi, ancora una volta dall’estero, dove bisognerebbe sempre esportare le immagini più belle dell’Italia – lo dice pure lui quando sta di aria – è tornato ad insolentire la magistratura e ad abbandonarsi a battute ironiche su Fini. A prescindere se a torto o a ragione, certo non era né la sede né il momento per sbattere sotto gli occhi di tutti i panni sporchi di casa.
Sembrerebbe una settimana particolare, purtroppo da un po’ di tempo in qua le settimane passano tutte così, tra insulti e diffamazioni della peggiore specie. La politica italiana non brilla certo di grandi esempi di onestà, di limpidezza, di lealtà, ma insultarla quotidianamente ad ogni occasione, in ogni luogo, impunemente, è un brutto segnale.
Lo Stato democratico si caratterizza per la libertà che riconosce ai cittadini, i quali possono esercitarla come meglio credono; ma se essi non dimostrano un minimo di maturità politica e civile non è improbabile che prima o poi da qualche parte si invochi lo Stato etico, quello che oggi processerebbe Michele Placido ed Angela Napoli per oltraggio alle istituzioni; Fini e Andreotti per indegnità a ricoprire cariche così esemplarmente importanti per la vita della nazione; e sanzionerebbe Berlusconi per aver danneggiato ancora una volta l’immagine dell’Italia all’estero.
Chi ricopre una carica pubblica, chi svolge un’attività pubblica o tesa al pubblico, non dovrebbe mai dimenticare quel profilo educativo che è la forza etica di chi ha responsabilità; dovrebbe sempre rendersi conto di dove si trova e dell’opportunità di dire o di non dire qualcosa. Se il buon esempio in Italia non lo danno le figure apicali, a qualsiasi livello, dal Presidente del Consiglio alla maestra di scuola materna, chi dovrebbe allora preoccuparsi di educare i giovani, di preparare una classe dirigente migliore? Se in Parlamento si è tra assassini e puttane – ed è considerato un fatto normale che qualcuno lo dica pure – se la politica è il refugium peccatorum, se il Presidente della Camera teorizza il tradimento come normale pratica politica, se un funzionario dello Stato ucciso perché ha voluto compiere fino in fondo il suo dovere di uomo e di cittadino, incurante perfino di avere moglie e figli, viene addirittura deriso da un mostro sacro della politica come Giulio Andreotti, se il Presidente del Consiglio esporta all’estero le magagne della nostra politica, allora dobbiamo preoccuparci seriamente.
Qui non si tratta più di centrodestra o di centrosinistra, di voto anticipato o di riforma elettorale, ma di vera e propria bonifica. La politica non è certo il salotto buono della nazione, ma non può essere nemmeno la sua sentina.
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