domenica 24 ottobre 2010

Il turismo degli idioti fa tappa ad Avetrana

Il sindaco di Avetrana, comune nel Tarantino, dove si è consumata la triste vicenda di Sarah Scazzi, ha chiuso le vie d’ingresso del paese per impedire che pullman di turisti provenienti da altre regioni – si dice dalla Basilicata e dalla Calabria – continuassero un pellegrinaggio sui luoghi della tragedia: la casa dei Misseri, la casa degli Scazzi, il pozzo dove era stato nascosto il cadavere della fanciulla assassinata, il cimitero.
Il fenomeno del turismo macabro è nuovo, inventato ed alimentato dai massmedia, che dal 26 agosto non fanno che parlare della vicenda. Nessun caso in precedenza è stato così al centro dell’attenzione nazionale. E’ certamente un’anomalia, che esperti di sociologia e di psicanalisi sociale non mancheranno di spiegare. Ma è anche un fatto dal quale trarre spunti di riflessione diversi, applicabili ad altri campi, per capire in che mondo viviamo.
E il mondo in cui viviamo non ha più regole, di nessun genere. Guai, perciò, a parlare di anomalie! Del resto i fatti anomali ormai superano i normali. Gli anomali, i personaggi, si vantano di esserlo e contestano i presunti normali. Abbiamo un Paperon de’ Paperoni che fa il Presidente del Consiglio, in conflitto sempre d’interessi col pubblico bene e coi giudici, e se ne vanta. Abbiamo in alternativa un omosessuale che non nasconde il fidanzato e anzi dice di volere un figlio e se ne vanta. La normalità? E’ rimasta la Chiesa a sostenerla e a difenderla. Anzi, le religioni. L’islam scherza ancora di meno del cattolicesimo in fatto di regole e di normalità!
Ad Avetrana è accaduto un fatto gravissimo, che ha messo in luce ancora una volta la malvagità dell’animo umano e la torbidità che ingramigna nelle famiglie; ma fatti altrettanto gravi accadono purtroppo ogni giorno in Italia e nel mondo. Un ragazzo che ammazza una giovane donna con un pugno, il marito che ammazza la moglie a coltellate davanti ai figlioletti, una madre che mette nella centrifuga della lavatrice il figlioletto nato da pochi giorni, la moglie che fa ammazzare il marito dai suoi amanti e via raccapricciandosi, sono tutti episodi che stanno nell’arco di una settimana a contendersi il primato della nefandezza. Ci fosse ancora la “Settimana Incom”, il giornale che una volta informava dagli schermi cinematografici prima che arrivasse la televisione, avrebbe il suo gran da fare per scegliere quale di questi proporre agli spettatori all’interno di una panoramica comprendente anche altri eventi. Una informazione completa, infatti, vuole che sia panoramica ed equilibrata. Al giorno d’oggi i responsabili delle varie testate giornalistiche e delle emittenti televisive non si pongono più questi problemi. L’informazione panoramica ed equilibrata non esiste più. Esistono i particolari, ipertrofizzati, ingigantiti al dettaglio ripetuto e filigranato in maniera abnorme fino alla deformazione. Al caso di Avetrana sono state dedicate pagine e pagine di quotidiani come il “Corriere della Sera”, la “Stampa”, la “Repubblica”; se ne sono occupati in tutte le ore del giorno le trasmissioni televisive più popolari; gli stessi telegiornali si sono attardati interi quarti d’ora. Ovviamente il tempo e lo spazio per parlare del caso di Avetrana sono stati sottratti ad altre notizie, non so quanto più importanti ed utili allo spettatore e alla società.
Perché accade tutto questo? E’ l’informazione che trova nella notizia l’occasione per catturare l’attenzione del pubblico e anzi a creare il pubblico o è il pubblico che costringe l’informazione a piegarsi ai suoi gusti e a tradire la sua funzione? E’ molto difficile rispondere a questa domanda. Verrebbe di primo acchito di dire: c’è una partecipazione sostanziale ed osmotica, per cui una parte influenza l’altra, fino all’inverosimile.
Ma se il caso Avetrana, inteso nella sua massmediaticità, contiene dei messaggi, allora è giusto e importante vedere quali.
Il primo è che la gente è incapace di far prevalere in sé un sentimento per volta ed è emotivamente disordinata. Di fronte al caso di Sarah si è rivelata incapace di provare in sequenza sentimenti di orrore, di disgusto e di pietà. Secondo, essa si è abbandonata alla morbosità, fino a sentirsi delusa dalla ritrattazione del cosiddetto “zio orco” di aver abusato di lei dopo morta. Terzo, è subentrato in molti il rammarico per essere quasi esclusi da un simile “bene”, dallo spettacolo dell’informazione, abitando lontano da quei luoghi. Di qui, quasi in rivendicazione di un diritto, l’organizzazione di gite per vederli materialmente e magari per farsi una foto ricordo, come si fa con la Fontana di Trevi a Roma o col Duomo di Milano, col cantante amato o col calciatore preferito.
Questo desiderio di partecipare al grande evento mediatico, oltre che a condizionare i protagonisti stessi della disgraziata vicenda, avvocati compresi, ha coinvolto i semplici cittadini dello sterminato anonimo pubblico televisivo. Un desiderio di poter dire “io ci sono stato e toh questa è la prova”, esibendo una foto, ha prevalso su un normale sentimento di pietà per la giovanissima vittima e di compassione per la sua famiglia.
Si dice che la società democratica sia fatta di questo tipo di informazione. Infinite emittenti, zero censura, libertà assoluta non tanto di provare o non provare sentimenti quanto di abbandonarsi a comportamenti consequenziali. Provo dolore e pietà per Sarah? Mi chiudo in me stesso e piango. Sono travolto dal desiderio di andare sui luoghi della sua tragedia? E allora prendo l’auto, il pullman e vado a togliermi il capriccio. Libero l’uno e libero l’altro; nulla da dire all’uno e nulla da dire all’altro. Ma, almeno non si accusi di antidemocrazia chi la pensa diversamente e ritiene idioti i turisti del macabro, i gitaioli della stupidità. Perché, in questo caso, avrei qualche difficoltà a riconoscermi democratico.
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