sabato 22 novembre 2025

Educazione sessuale a scuola? Ni

Qualche giorno fa (16.11.2025), sul “Corriere della Sera”, Paolo di Stefano si chiedeva chi sarebbe potuto essere l’educatore affettivo o sentimentale o sessuale a scuola e da quale insegnamento esistente si potesse sottrarre il tempo per la nuova disciplina. E dava un suggerimento: «Chiunque lo faccia, dovrà essere accompagnato da un bravo insegnante di letteratura, di quelli e di quelle che sanno leggere e appassionare». E citava i personaggi immortali creati da Hemingway, Eco, Moravia, Garcia Marquez, Vargas Llosa, fino a Elena Ferrante, autori di storie d’affetto e d’amore esemplari. Probabilmente l’ipotetico insegnante di letteratura, che a scuola peraltro esiste già, è il docente di Italiano, dovrebbe aggiungersi non so a chi altri per rendere più congruo l’insegnamento sessuale, come qualche anno fa funzionava, ma meglio dire non funzionava, la compresenza. E già questo complicherebbe la situazione, di per sé problematica. E perché non utilizzare gli autori curricolari per l’educazione sentimentale? Si pensi ai personaggi danteschi di Paolo e Francesca, ad Angelica dell’Orlando furioso dell’Ariosto, a Erminia della Gerusalemme liberata del Tasso, a Lucia dei Promessi sposi del Manzoni. Basterebbe far capire ai ragazzi, non sarebbe difficile, che Paolo, Francesca, Angelica, Erminia e Lucia sono persone che vivono ancora oggi e vivranno sempre, perché rappresentano l’elemento umano nella sua universalità. Le loro vicende sono oggi e sempre esemplari. Lezioni sui sentimenti umani fanno parte da sempre dell’insegnamento della letteratura. Nessun insegnante di Italiano si limita alla parafrasi del testo, senza l’inevitabile analisi critica e il commento attualizzante. Il suggerimento di Di Stefano era una mezza bocciatura dell’educazione sessuale a scuola, tanto più che nei propositi del legislatore questa novità pedagogica dovrebbe portare all’eliminazione o comunque alla riduzione dei femminicidi, forse il più grave problema del nostro tempo. Ci permettiamo di dire che l’educazione sessuale a scuola nulla ha a che fare col gravissimo crimine del femminicidio. Chi uccide la propria compagna o la propria fidanzata sa benissimo di commettere un crimine, ma nel momento in cui lo fa è fuori di sé, ovvero fuori dell’educazione maturata. Il femminicidio in quanto tale è sempre esistito ma in passato non era rubricabile nel suo specifico perché si trattava di casi sporadici. Oggi che il caso è un fenomeno bisogna cercare le cause col coraggio di guardare la realtà per quella che è, senza ideologie fuorvianti. Esso si lega all’emancipazione delle donne, frutto di lotte politiche e sociali a partire dall’Ottocento. Un processo lungo, lento e accidentato, giunto fino ai giorni nostri. Al centro di questo processo vi è la libertà della donna, che si realizza in molteplicità di situazioni, in alcuni casi confliggendo con altri beni. Se questi altri beni, come la famiglia e i figli, non sono riconosciuti, allora è perfino parlarne. L’uomo che uccide la propria donna, nel momento in cui lo fa, è talmente esasperato che non vede altra soluzione alla crisi in cui a torto o a ragione si trova. Basterebbe aprirgli una porta, dargli una soluzione che non fosse la fine di tutto per evitare l’irreparabile. Una porta che apparisse non la fine di tutto, ma l’inizio di qualcosa di diverso. È sbagliato pensare che l’uomo, per essere un uomo, abbia torto o debba cedere in partenza. Ma altrettanto sbagliato è fargli credere che se uccide se la può cavare con qualche anno di carcere, come a volte accade. C’è poi a scuola una questione di tempo per l’educazione sessuale. Per trovarlo bisognerebbe necessariamente sottrarlo ad altre discipline. Ma, a quali? Oggi la scuola, fra assemblee di classe e di istituto, giornate particolari da celebrare e immancabili scioperi e manifestazioni, non ha più il tempo di una volta per lo svolgimento del programma, che è parte centrale della programmazione approvata agli inizi dell’anno. Senza contare il fatto, molto spesso è accaduto – per esempio con l’educazione stradale – che, nonostante l’insegnamento ricevuto a scuola, i ragazzi, nei loro comportamenti extrascolastici, dimostrano incuranza quando non addirittura maleducazione. Un’ultima osservazione. In Parlamento è scoppiata la bagarre quando il Ministro Valditara ha aperto alla possibilità che le famiglie siano libere di far frequentare o meno ai figli le lezioni sull’educazione sessuale. Le sinistre si sono puntigliosamente opposte, dimostrando di non avere fiducia nelle famiglie. Le quali, per vivere in un Paese libero e democratico, chiedono a ragione di occuparsi da sé dell’educazione sessuale dei propri figli e figlie.

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