lunedì 5 maggio 2025

Francesco, un papa uno e bino

È morto il 21 aprile, natale di Roma. Un caso senza nessuna importanza, di cui nessuno se n’è accorto. Una volta il Natale di Roma era festa nazionale, ma evidentemente sic transit gloria mundi per tutto. Francesco era il papa della gente; e la gente gli è stata vicina fino all’ultimo, accompagnandolo nel suo ultimo percorso verso la Basilica di Santa Maria Maggiore, dove egli in vita si recava spesso e dove ha voluto essere sepolto. Ha voluto dimostrare fino all’ultimo la sua contrarietà al potere e ai suoi simboli. Il Palazzo Apostolico e San Pietro sono i luoghi del massimo potere della chiesa, dai quali si è tenuto lontano nei suoi dodici anni di pontificato. La sua vita è stata sempre sobria e ai limiti delle sacre convenzioni. Viaggiava in “500” e andava spesso a fare compere, presentandosi solo, a sorpresa, nei negozi. A cadavere di Francesco ancora caldo si è disputato se fosse stato di destra o di sinistra, conservatore o rivoluzionario. Le tifoserie non faticavano a trovare ragioni per sostenere le proprie tesi. Francesco era semplicemente un papa e in quanto tale non poteva che essere ecumenico; e dunque il papa dei poveri e dei ricchi, dei sapienti e degli ignoranti, dei sani e dei malati, dei belli e dei brutti, dei liberi e dei carcerati, della dottrina e della pastoralità. Così, per esemplificare. Bergoglio, cioè l’essenza del suo essere, cioè l’uomo, era un’altra cosa. Non ci sono dubbi. Stava coi poveri, con gli ultimi, con i bisognosi. Amava la pace e la predicava con mistica angosciante convinzione. Amava la misericordia e la esercitava con tutto se stesso. Amava i migranti e li voleva accolti a prescindere da quantità e condizioni. Il Vangelo per lui non era un libro di testo, scolasticamente inteso, e dunque da cambiare col cambiamento della realtà: se era stato possibile risolvere il problema del vino alle nozze di Cana e la moltiplicazione dei pani e dei pesci, è possibile anche accogliere tutti i migranti in arrivo. Un papa, nell’esercizio del suo “mandato”, può anche fare un calcolo e dire quello che ad un papa conviene dire; ma l’uomo no, dice quello che sente. Spesso il papa è stato più Bergoglio che Francesco, anche se la sua scelta di chiamarsi come il poverello d’Assisi sembrava quasi saldare le due essenze. Bergoglio ha detto quello che ha sentito di dire. Francesco qualche volta ha dovuto dire quel che al papa conveniva dire. Raramente Francesco ha chiesto ai fedeli o ai potenti della terra di fare qualcosa in nome di Dio, come un papa dovrebbe fare, lo ha chiesto sempre per favore, come fosse qualcosa di personale. Lo abbiamo sentito esprimersi in maniera quasi blasfema. Che faccio io se uno mi insulta la madre? Gli do un pugno. Chi sono io a giudicare gli omosessuali? Che fa uno se deve vendere una sua proprietà? Cerca di guadagnare il massimo possibile, a proposito della casa londinese. Era Bergoglio non Francesco a dire ad Israele che stava compiendo un genocidio a danno dei palestinesi. Ma Francesco è stato anche il papa che ha svuotato il conclave e lo ha riempito di cardinali provenienti dalle più disparate contrade della terra, mentre ha lasciato senza cardinali diocesi grandi e importanti. Si pensi alla diocesi di Milano, il cui arcivescovo non è stato fatto cardinale. Una scelta rivoluzionaria perché chiaramente tendente ad assicurare alla chiesa un altro Francesco o qualcuno di simile. rancesco è stato anche conservatore: l’aborto è un assassinio, la famiglia si compone di un padre e di una madre, maschio e femmina. Affermazioni forti, che non si prestano ad equivoci o a qualche eccezione e che risolvono tutte le problematiche aperte dalla cultura Woke. Qui è molto difficile e rischioso dire fino a che punto ha prevalso in lui Francesco o Bergoglio, probabilmente le due componenti si sono compenetrate. È indubbio che egli abbia voluto iniziare un processo, che è rivoluzionario nella misura in cui la situazione esistente è di forte squilibrio a vantaggio delle zone più ricche della Terra. Francesco ha inteso avviare un processo di livellamento generale, che potrebbe però ingenerare guasti di diversa opposta natura. In questo senso la sua è stata una sfida che solo i tempi che verranno potranno dire se l’ha vinta o meno. Ha vinto sicuramente la sua ultima sfida: morire da papa, stare fino all’ultimo in attività pastorale, vicino alla gente. Mentre, in seguito alla sua malattia, gli osservatori ipotizzavano rinunce e i medici gli consigliavano due mesi almeno di riposo dopo averlo dimesso dall’ospedale, lui ha voluto esserci, con tutto il suo Francesco e tutto il suo Bergoglio, fino alla fine.

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