sabato 18 marzo 2023

Meloni, cinque mesi dopo

Sono trascorsi quasi cinque mesi dal varo del governo Meloni, quasi sei dalla vittoria elettorale. Non è proprio ancora tempo di bilanci, ma qualcosa di importante si vede, sia in senso positivo che negativo. I sondaggi dicono che il governo tiene e che la Meloni è in testa ai gradimenti dei leader politici. Ma si avvicinano i tempi di qualche riflessione più importante. Di positivo c’è che la Meloni ha dimostrato di muoversi bene negli ambienti politici nazionali e internazionali. Il suo essere donna la avvantaggia, ispira più simpatia. Sul piano personale la esalta l’essere un modello, al punto che perfino chi le si pone contro come antagonista solo per questo aumenta di valore. È il caso di Elly Schlein, che, senza la Meloni in cattedra, sarebbe rimasta un’anonima scolara per chissà quanto altro tempo ancora. Chi poi conosce i natali politici della Meloni e i suoi percorsi aggiunge interesse e curiosità. Una cosa è certa: ha fugato tutti i pregiudizi della vigilia e direi anche dell’immediato dopo festa. Ultimamente ha accettato l’invito di Landini al congresso della Cgil e si è presentata senza timori, sfidando fischi ed insulti, che non ci sono stati se non in maniera contenuta nei termini di qualche rimostranza simbolica, i peluche sulle sedie e un “bella ciao” balbuziato. Volevano farla entrare da un ingresso secondario, ma lei ha voluto entrare ed uscire dalla porta principale. Nel suo intervento, dopo essersi detta “cavaliere al merito” dei fischi, che riceve da quando aveva sedici anni, ha ribadito le politiche sociali del governo senza nessun timore, nessun nascondimento, nessuna mediazione, nessuna forma di captatio benevolentiae, che in certe circostanze ci sta. Il suo governo ha dato inizio a quasi tutto quello che in campagna elettorale aveva promesso di fare: continuità in politica estera col rassicurare l’Europa, con l’invio di armi all’Ucraina, con la ricerca di fornitori di gas addirittura prospettando l’Italia come hub per rifornire l’intera Europa; discontinuità in politica interna: abolizione del reddito di cittadinanza, autonomia differenziata delle regioni, riforma fiscale, flattax, riforma della giustizia, ponte sullo Stretto di Messina, rigore sull’ordine pubblico con l’approvazione del decreto anti rave, una diffusa fermezza su alcune questioni giudiziarie, come il caso Cospito. Di negativo ci sono alcuni episodi, incappature per “inesperienza” a fronte di difficoltà impreviste. Il Consiglio dei Ministri a Cutro, dove si era consumata la tragedia di quasi ottanta migranti, è stato un disastro mediatico. La Meloni, con le sue incertezze e scivolate, non ha confermato la sua rappresentazione di scaltra e avveduta politica. A Cutro è caduta, dopo aver commesso errori ed omissioni (il non andare a visitare i morti, per esempio) e mettendosi a tu per tu coi giornalisti nel corso di una conferenza stampa, in modo non consono all’istituzione che rappresenta. Così il karaoke al compleanno di Salvini il giorno dopo è sembrato a tutti inopportuno, comunque di cattivo gusto e di insensibilità nei confronti di una tragedia spaventosa. Ha poi cercato di riparare invitando i sopravvissuti a Roma. Ma si sa che i rimedi confermano il danno ed anzi lo evidenziano al punto che se ne accorge perfino chi prima era distratto. Dove il governo ha fallito di più è proprio sulla questione migranti. La Meloni da anni ha costruito il suo successo anche su questa vicenda, proponendo blocchi navali, ma proprio quando s’incominciava a veder qualche frutto del decreto anti Ong, ecco che la situazione è precipitata, e il governo ha balbettato. Il ministro degli interni Piantedosi è arrivato a dire cose sbagliatissime contro i migranti che mettono a repentaglio la vita dei loro bambini e proponendo loro di non partire, di restare fermi chè, ha concluso, “veniamo noi a prendervi”. Peggior coronamento alla vicenda non poteva esserci. “Giustamente” gli avversari, che in passato, quando erano al governo, hanno assistito a tragedie simili ma ben più gravi, hanno enfatizzato il “dolore” e lo “sdegno”, imbattibili nel ruolo di vedove affrante. Sarà pure vero che l’Italia della Meloni è presa d’assalto da quanti ce l’hanno col nostro Paese, vedi il battaglione filorusso Wagner, operativo in Africa, che si sospetta favoreggi le migrazioni verso l’Italia, ma oggi il governo deve prendere atto che il problema dei migranti era da faciloni si potesse risolvere col blocco navale, che poteva sembrare una battuta. Accanto a queste defaillances bisogna aggiungere incidenti evitabilissimi. Le dimissioni della sottosegretario Montaluri in seguito a condanna passata in giudicato potevano essere evitate semplicemente non affidandole l’incarico governativo. La boiata fatta dal duo Donzelli-Delmastro ha messo in evidenza la scarsa attitudine di questi parvenus ad essere uomini delle istituzioni. Speriamo che tanti piccoli e meno piccoli errori fatti abbiano insegnato qualcosa, se no i cinque mesi, tanti ne avevano pronosticati di vita gli avversari al governo, potrebbero diventare dieci, dodici. Il che cambierebbe di poco l’entità del fallimento.

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