sabato 11 marzo 2023

I Piddini non vogliono la pacificazione

Due notizie dal “Corriere della Sera” di sabato, 11 marzo, riportano all’unico tema che da 78 anni agita gli italiani: la liberazione dell’Italia dal nazifascismo dopo una durissima guerra civile, che si concluse formalmente per i vincitori con un glorificante 25 aprile ma ebbe un seguito per i vinti per alcuni anni ancora, come qualche anno fa dimostrò Giampaolo Pansa con una serie di libri sull’argomento. La prima notizia, in ordine di impaginazione, è annunciata da Massimo Gramellini nel suo “Caffè” di prima pagina “Partigiani e patrioti”; la seconda è la pubblicazione del saggio “Il purgatorio dei vinti” di Gianni Oliva per la recensione di Gian Antonio Stella. La prima riguarda l’iniziativa dell’amministrazione comunale di Bologna di sostituire sulle targhe toponomastiche della città la parola “patriota” con “partigiano”. La seconda insiste sul fatto che gli italiani non hanno mai voluto fare i conti col fascismo. Significativo il titolo di Stella “Pagare il conto del fascismo”. Perché il sindaco di Bologna Matteo Lepore del Pd preferisce il più specifico “partigiano” al più generico “patriota”? Perché i bolognesi e chi a Bologna si trovi sappiano chi sono stati i liberatori dell’Italia differenziandoli da altri patrioti di altre imprese. Insomma, per non dimenticare! Per mantenere sempre accesa la lampada dell’odio nei confronti dei fascisti, specialmente degli ultimi e più determinati, quelli della Repubblica Sociale, che combatterono fino alla fine, ma anche nei confronti dei “fascisti” di oggi, quelli che ora si trovano al governo della nazione. Un colpo al passato ed uno al presente. Non c’è ancora l’Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia), anche se non c’è quasi nessun partigiano in vita? Il lucro è lucro e quello politico vale anche più di quello monetario. E coi fascisti, veri o presunti, entriamo nel secondo punto. Nel saggio, che ci promettiamo di leggere, per ora fidandoci di Stella, l’autore sostiene che gli italiani, e per essi soprattutto i partigiani – se ce ne sono ancora! – non hanno mai fatto i conti né vogliono farli col fascismo e si limitano a prendersela coi fascisti di Salò, come se con questo volessero chiudere definitivamente la partita. I salodini furono i fascisti più sfortunati e coraggiosi rispetto alle masse di fascisti che lodarono il Duce per ben venti anni. Se si vuole veramente riconoscere il primato del combattente antifascista ai partigiani, al punto da dare loro l’esclusiva, allora bisognerebbe riconoscere anche ai loro avversari che combatterono contro e pagarono le conseguenze della tragica scelta. Voglio dire che occorre fare una distinzione netta tra i fascisti tali fino al 25 luglio, che ebbero promozioni e prebende per tutto il ventennio, per poi squagliarsela in tante vie di fuga, e i fascisti che invece vollero difendere le loro idee di patria e di politica fino all’ultimo. Non c’è dubbio che se si fa questa distinzione la simpatia va più a questi ultimi, che almeno seppero vivere e morire. Ma quel che oggi necessita agli italiani è di trovare un punto di pacificazione nazionale, senza dimenticare ma neppure senza rinfocolare l’odio nei confronti dei “perdenti”, che non sono più in vita, come non sono più in vita i vincitori. Continuare a considerare fascisti e partigiani in lotta come 80 anni fa è un anacronismo che non si può basare che sul falso presupposto e sulle altrettanto false conseguenze. È come tenere in vita la disfida di Barletta per giustificare i malintesi e i contrasti tra la Meloni e Macron. Se il sindaco di Bologna non ha altro su cui puntare per differenziarsi dagli antifascisti generici e per dare un senso alla lotta politica del suo partito sta davvero fresco e si capisce perché i Piddini le hanno buscate in tutta Italia o quasi. L’Italia di oggi non si può che costruire sulla pacificazione nazionale, partendo da un reciproco riconoscimento. Lo chiede il paese non più disposto a ragionare come 80 anni fa, non più propenso a consegnarsi a politici che non sanno fare altro che ribadire che c’è una Costituzione che mette fuori legge i “fascisti”. Non c’è oggi in Italia chi non riconosca che il sistema di vita democratico, pur con tutte le sue disfunzioni e approssimazioni, è da preferire ad un sistema totalitario e liberticida. Voler insistere a volersi considerare in lotta contro il fascismo è come ammettere di combattere contro il nulla. Chi ha idee conservatrici, chi difende la tradizione, alcune italianità che fanno onore all’Italia, non è fascista, è un normale cittadino. Volergli appioppare l’epiteto di fascista è operazione fraudolenta, bocciata dagli italiani il 25 settembre del 2022.

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