sabato 7 gennaio 2023

2022. Lo sconquasso

Il 2022 ha portato in Italia e nel mondo lo sconquasso. Fino all’ultimo ha fatto falcidie di personaggi importanti, in gran parte ultranovantenni tardi a morire, quelli della cui esistenza sembrava che il Padreterno, come dice celiando una battuta popolare, si fosse dimenticato. Personaggi che hanno accompagnato la nostra vita per gran parte della durata, fino a diventare delle icone imprescindibili, una sorta di segnaletica nel traffico della comunicazione quotidiana. Ha portato via con sé Elisabetta II d’Inghilterra, 96 anni, la regina più longeva, che sembrava contendere al figlio Carlo la successione al trono, lei durando lui aspettando. Con sé anche il papa emerito Benedetto XVI, il tedesco Joseph Aloisius Ratzinger, 95 anni, il più criticato papa dal dopoguerra, ma fine teologo e, col suo gesto di rinuncia, lui conservatore, involontario innovatore della chiesa; pareva dovesse morire il giorno dopo le dimissioni e invece è sopravvissuto quasi dieci anni, più della durata del suo pontificato. Morto pure un altro vegliardo, irriducibile, il giornalista fondatore de “la Repubblica” Eugenio Scalfari, 98 anni, protagonista di quel mondo di mezzo che in Italia sta tra l’informazione pura e la pretesa di dettar politica. Scomparso anche Ciriaco De Mita, 94 anni, l’uomo di Nusco, già segretario della Dc e già Capo del governo, definito da Gianni Agnelli “intellettuale della Magna Grecia”. Se n’è andato col 2022 il divulgatore scientifico Piero Angela, 94 anni, piacevole a sentirlo in Rai come nessun professore a scuola. Morto l’ex segretario del Pcus Mikhail Gorbaciov, 91 anni, a cui si deve la caduta del Muro di Berlino nel 1989 e la fine dell’impero sovietico. Morta l’attrice Monica Vitti, 89 anni, impareggiabile interprete dell’incomunicabilità di Michelangelo Antonioni e dell’esuberanza comunicativa in ruoli brillanti con registi fra cui Corbucci, Monicelli, Scola e Vadim. Scomparso pure lo storico della letteratura e critico letterario Alberto Asor Rosa, 89 anni, a cui si deve il fondamentale “Scrittori e popolo”, con cui segnò i paletti entro cui intendere il populismo letterario. Quasi in contemporanea con Benedetto XVI è scomparso in Brasile il re del calcio Pelè, 82 anni, forse il più grande calciatore in assoluto della storia ma che non potrà mai occupare la memoria dei tifosi da solo, posto sempre a confronto con Maradona, dal quale è stato preceduto sì ma solo nella dipartita. Tutti, ciascuno nel suo settore, numeri uno. E poi, tanti altri, assai importanti nel mondo della politica, della cultura, dell’economia, delle arti, dello sport, dell’imprenditoria e del lavoro un po’ meno noti ma non per questo meno valorosi e degni di essere ricordati: David Sassoli, Sinisa Mihajlovic, Franco Frattini. Il 2022 è stato uno sconquasso non tanto per ciò che si è portato via, l’umanità appena detta, già fuori dai luoghi delle attività, ma soprattutto per ciò che ci ha lasciato: il Covid e la guerra russo-ucraina. Il Covid ce lo trasciniamo dalla fine del 2019, la guerra dal 24 febbraio 2022. Al momento non sappiamo né come e quando finirà l’uno né come e quando finirà l’altra. Per gli effetti prodotti sicuramente la guerra è l’evento più devastante, non solo per le sofferenze dei popoli coinvolti, per le distruzioni patite dagli ucraini, per le conseguenze economiche diffuse, ma anche per il clima di incertezza e di paura che la guerra possa diventare qualcos’altro, di più terrificante, in cui viviamo tutti noi, popoli in qualche modo interessati. A noi italiani il 2022 ha portato il governo di Giorgia Meloni, sortito dalle Politiche del 25 settembre, che uomini importanti dell’establishment culturale, come lo storico Ernesto Galli Della Loggia e il sociologo Giuseppe De Rita, hanno salutato con parole di sincera simpatia e di caute attese. Ma un evento impensabile fino a meno di un anno fa, contro cui la classe dirigente italiana era impegnata da ben 76 anni a scongiurare, a combattere con ogni mezzo e in ogni dove. Con l’ascesa al potere dei Fratelli d’Italia, nome dato a quanto rimaneva del Msi e di Alleanza Nazionale, viene di dire che ha vinto, a cento anni dalla Marcia su Roma, il partito considerato sempre, soprattutto dai suoi avversari, dei neo/postfascisti. È una sconfitta storica dell’antifascismo politico e militante, è una sfida altrettanto storica dei nuovi vincitori, impegnati a dimostrare finalmente quel che in effetti sono. Fascisti, come venivano accusati e considerati, o normali democratici un po’ più conservatori, per anni ingiustamente emarginati quando non criminalizzati? Se la seconda ipotesi dovesse prendere il sopravvento, come credo che accadrà, allora sarà lampante la frode che per decenni hanno patito tanti italiani esclusi dal potere politico e impediti di crescere anche sul piano delle esperienze professionali e sociali a causa della loro appartenenza politica maledetta. Il tempo, come sempre, è galantuomo; sicuramente lo è più di noi uomini, che ci lasciamo tentare di torcere le cose verso i nostri egoismi e le nostre presunzioni.

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