domenica 9 ottobre 2022

Cari camerati del M5S

Gran parte di voi molto probabilmente non sa la storia dell’Italia del secondo dopoguerra; e questo non è né un reato né un peccato. Diventa una cosa e l’altra, però, quando non si vuole saperla mentre si pretende di imporsi come forza politica nuova priva di pregresse geniture. Che si può anche capire, non volendo avere responsabilità alcuna su quanto è accaduto ieri e ieri l’altro, che in politica conta moltissimo. Quando il Movimento 5 Stelle si propose nell’agone politico italiano nei primi anni Dieci e partecipò alle elezioni del 2013 sull’onda degli spettacoli sguaiati del comico Beppe Grillo, tutti concludentisi col famoso Vaffa, rimasi sconcertato dal fatto che moltissime persone serie, non tutte giovanissime, che per anni erano state missine ora si dicevano orgogliosamente e convintamente dei Cinquestelle. Persone che alla politica avevano voluto bene per anni in maniera disinteressata anche se non ricambiate e anzi “democraticamente” maltrattate. Chi erano queste persone e da dove venivano? Prima del M5S in Italia c’era stato un altro movimento, il Movimento Sociale Italiano, fondato nel 1946 dai reduci della Repubblica Sociale Italiana. E prima ancora c’era stato il Fronte dell’Uomo Qualunque, fondato nel 1946 da Guglielmo Giannini, direttore dell’omonimo giornale satirico, che lo stesso aveva fondato a Roma nel 1944. Fra queste due esperienze politiche intercorrevano evidenti parentele, l’una e l’altra si riconoscevano nell’antipartitismo e nell’anticomunismo e si esprimevano l’una con la gravità del serio (Msi), l’altra con la satira del faceto (Uomo Qualunque). L’una e l’altra furono accomunate dal sistema politico dei partiti nell’emarginazione quando non nella persecuzione, vedendo in essi, quel sistema, tracce di fascismo e di antipolitica. Il Fronte dell’Uomo Qualunque ebbe vita breve. Non così per il Msi, che continuò per diversi decenni, fino al 1994-95, quando cambiò nome e divenne Alleanza Nazionale, conservando la Fiamma. Fino agli inizi degli anni Novanta, prima del cosiddetto sdoganamento di Berlusconi, il Msi era stato sempre escluso dal sistema partitico italiano a causa delle sue ascendenze fasciste nonostante i tentativi, numerosi, fatti per inserirsi nel gioco democratico. Ma la democrazia italiana non è stata mai perfetta, non è stata mai una retta ma un segmento, è stata una democrazia di parte, detta dell’Arco costituzionale, chiusa a quei partiti che non avevano avuto parte alcuna nella scrittura della Costituzione italiana, come era accaduto al Msi. A questo sistema cosiddetto democratico, ma partitico, il Msi serviva come presenza e costante minaccia fascista nella formula degli opposti estremismi, salvo che l’altro estremismo era il Pci, che non era nel governo ma era nell’Arco, con tutti i privilegi e gli onori connessi, compreso quello di essere sempre più attratto e accolto nel governo. I missini, invece, venivano sistematicamente esclusi dalla vita politica del Paese e questo alimentava in essi rancore e ribellismo. Inquieti e ribelli, insomma, perché troppo avevano sopportato e troppo a lungo. Il missino-missino era diventato rancoroso e ribelle, con accarezzamenti anche dilettantescamente eversivi, che invano i dirigenti del partito condannavano. Uno dei più colti intellettuali dell’area esclusa, lo storico e musicologo Piero Buscaroli, ripeteva spesso di sentirsi nell’Italia dell’Arco costituzionale un sopravvissuto in territorio nemico. E come lui, evidentemente, tantissimi altri missini. Tutta questa premessa, cari camerati Cinquestelle, per dire che rancoroso e ribelle è stato anche il Movimento fondato da Beppe Grillo. Con la differenza che mentre per i missini nulla ha mai fatto il sistema arcostituzionale per recuperarli alla democrazia, anzi li ha respinti, per i grillini non c’è stato nessun problema di inserimento. A Grillo è stato concesso di entrare e di uscire dal codice penale a suo piacimento quando nelle piazze insultava e diffamava a dritta e a manca. Le condizioni politiche erano cambiate fin dal 1989 con la caduta del Muro di Berlino e la fine dell’Urss e del comunismo, mentre l’Arco costituzionale si poteva dire crollato sotto i colpi di Tangentopoli. Fu un’impressione la mia che molti grillini, come dicevo in apertura, erano stati del Msi e i più giovani di essi cresciuti in famiglie di missini sfegatati e rabbiosi. Alcuni erano transitati dal movimento di Mani Pulite e dal partito di Antonio Di Pietro l’ “Italia dei Valori”. Molti di essi li conoscevo personalmente. Il che faceva aumentare il mio sconcerto. La mia impressione divenne certezza quando seppi che alcune famiglie di importanti esponenti grillini erano state tradizionalmente missine, come quelle di Alessandro Di Battista e di Luigi Di Maio, e che addirittura il papà di Di Battista teneva a dire che lui non era missino ma fascista, come molti altri che per rabbia dicevano la stessa cosa. Non v’è dubbio che molto è cambiato in Italia, in Europa e nel mondo dagli anni della partitocrazia della cosiddetta Prima Repubblica e dunque si capiscono benissimo i cambiamenti anche personali. Nulla da dire sui tanti Cinquestelle che oggi legittimamente cercano di darsi una identità politica fuori dal generico populismo grillino. Si osserva tuttavia che il tentativo di Giuseppe Conte, leader oggi del partito, di dare al Movimento un’etichetta di sinistra va a sbattere contro una realtà che la storia registra come diversa da quella che essi s’immaginano. Una storia non remota, ma appena di quattro-cinque anni fa, quando lo stesso Conte, uno dei tanti che valeva uno, era a capo di governi in successione diametralmente opposti. Non bastano reddito di cittadinanza e bonus vari per legittimarsi di sinistra. Ancora oggi io vedo in molti Cinquestelle l’antica Fiamma del Msi e il Torchio dell’Uomo Qualunque. Il discorso vale la pena di approfondirlo.

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