sabato 9 gennaio 2021

Se tuona non è detto che piova

I nostri politici ci hanno abituati a tutto, ma proprio a tutto. Tanto che non solo ormai non crediamo se non vediamo ma neppure se tocchiamo. Siamo più scettici di San Tommaso, l’apostolo. Renzi sembrava Giove che con le saette in mano minacciava di sotterrare l’Olimpo. Sembrava, per tornare alla metafora della pioggia, che stesse per precipitare un acquazzone devastante, tanti erano i tuoni contro il governo Conte. E gli altri a dirgli: ma che vuoi un'altra poltrona al governo?, te la diamo, anzi, te ne diamo due, basta che la smetti di far casini. E quello: a me poltrone!, ma se io rinuncio pure a quelle che ho già! E così per settimane. Probabilmente Renzi mira a far cadere il governo Conte ma non allo scioglimento delle camere. Mira ad un governo in cui la parte del leone la farebbe lui, sia per i meriti di aver fatto cadere Conte e sia per le prospettive, che non sarebbe del tutto peregrino identificare in ritorni a ricongiungimenti in un Pd diversamente chiamato o, come direbbero i critici letterari, desemantizzato.  

Al momento in cui scriviamo [h. 15,30 del 9 gennaio] sappiamo che ieri notte c’è stato un confronto nella maggioranza ai limiti della rottura, intendiamoci non delle nostre scatole, già abbondantemente rotte, ma fra la maggioranza e l’opposizione interna, nel senso che stavano per separarsi. Non è facile indovinare che cosa accadrà. Renzi se ne sogna una al minuto secondo. Come Conte sta per accondiscendere alle sue richieste ecco che quello se ne sogna un’altra. L’ultima è il ponte sullo Stretto di Messina. E ti pareva che non sarebbe balzato fuori dal cilindro renziano anche il ponte sullo stretto! Ma questo, a dire il vero, non comporta grandi impegni, basta dire sì, poi saprà Dio a chi dare i guai. Del ponte sullo stretto si parla dai tempi di Mussolini e forse anche da prima. Sembrava quasi fatto con Berlusconi. Ora Renzi sulla scìa dei grandi italiani che prima dicono e poi rinunciano al ponte si è infilato pure lui. Il ponte sullo stretto politicamente non costa nulla, basta dire di volerlo. Non per caso Beppe Grillo, praticone come è, lo volle attraversare a nuoto lo stretto di Messina, quasi a dire: se non lo si attraversa così…campa ponte, come campa cavallo che l’erba cresce.

A questo punto sarebbe meglio per tutti, quanto meno più decoroso, che si andasse a nuove elezioni a giugno, tempo limite prima che inizi il semestre bianco, quando le camere non si possono sciogliere più.

Secondo alcuni osservatori politici, poco disinteressati a dire il vero, non sarebbe male se si votasse, perché la situazione di oggi porterebbe ad un confronto fra due schieramenti: uno di centrosinistra, compreso il Movimento Cinque Stelle, e uno di centrodestra. E non sarebbe tanto scontato il confronto (Paolo Mieli sul “Corriere della Sera del 9 gennaio). Si sarebbe riproposto, seguendo un percorso del tutto imprevisto fino a poco tempo fa, il bipolarismo dei tempi di Prodi-Berlusconi. Sì, ma dopo perché i centrosinistri dovrebbero trovare l’accordo che ora non riescono a trovare? Posto che vincessero le elezioni! E il centrodestra sarebbe veramente così coeso da garantire un governo coerente stanti differenze notevoli fra la cosiddetta destra moderna ed europea di Berlusconi e la destra sovranista di Salvini-Meloni?

Il fatto è che la crisi che stiamo attraversando è di sistema; è crisi politica. Non si può più sperare di risolverla con improbabili alchimie. Se consideriamo il centrosinistra non tardiamo ad accorgerci che le differenze fra le sue varie componenti sono quasi impercettibili, più che altro a distinguere il Pd dal Leu sarebbero solo questioni di mentalità, di carattere, e ovviamente di poltrone. Del resto prima erano insieme, come insieme era pure Renzi e la sua Italia, detta “viva” ma di fatto nata e rimasta rachitica. Più marcate le differenze fra i centrodestri, che neppure stando all’opposizione sono d’accordo tutti i giorni. Berlusconi ha già ampiamente dimostrato che quando si chiede “responsabilità” lui è il primo sia a chiederla che ad offrirla. 

I giorni o forse le ore che seguiranno ci diranno se il tanto tuonò che piovve è smentito dai comportamenti dei nostri politici, i quali ormai non li trovi mai dove li lasci. L’altra sera stavano per rompere? Nulla vieta che avessero trovato l’Attak giusto per tirare avanti alla meno peggio. Del resto fra un’ipotesi di rottura ed elezioni anticipate e una di tirare a campare, andreottianamente, potrebbe spuntarla quest’ultima.

 

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