sabato 23 gennaio 2021

Che cosa non si fa per il bene del Paese!

La sera di martedì, 19 gennaio, resterà memorabile nella storia parlamentare dell’Italia. Uno spettacolo inverecondo. Una verifica di democrazia, la sua prova del nove. Non si dica che la democrazia è un’altra cosa. La democrazia è quella che è. Il vero democratico perciò è chi riesce a digerire simili brodaglie. Un governo, che non ha la maggioranza assoluta nel Senato, punta a prendere almeno la migliore maggioranza relativa, pur di non doversi mettere la coda fra le gambe e andare a cuccia. E fin qui nulla di eccezionale. Se ne sono viste tante. Vale lo specifico.

I numeri parlano chiaro. Occorrono 161 sì per avere la maggioranza assoluta, ma se si arriva ad una maggioranza relativa, pure di 155 sì, è sufficiente per proseguire nell’azione di governo. La maggioranza è a quota 149, considerati i presenti e gli astenuti. Dunque la caccia ai sì è asfissiante, spietata e nello stesso tempo subdola. Ogni sì è grasso che cola. Non è neppure negata. È la piazza in un giorno di mercato. C’è chi si diverte. Si scomodano metafore volgari: mercato delle vacche. Due di Forza Italia dichiarano il loro sì. Si tratta della senatrice Mariarosaria Rossi, ex “badante” di Silvio Berlusconi, e del senatore Andrea Causin. È soprattutto la prima che sconcerta per essere stata fino all’ultimo di parere diverso oltre al fatto di essere stata per anni la persona più vicina al capo di Forza Italia. Sospettare che ci sia stato lo zampino di Berlusconi è semplicemente obligé, anche se il Cavaliere assicura di non aver avuto contatti con lei da qualche tempo. Altri tre sì sono assicurati da tre senatori a vita. Altri sì vengono da provenienze diverse, dal gruppo misto. Votano per il sì Pier Ferdinando Casini, l’ex grillino Gregorio De Falco, la moglie di Mastella Sandra Lonardo. Ma, nonostante questi aiuti che si aggiungono ai voti dei partiti di maggioranza, esclusi quelli di Italia Viva che si astengono, la fiducia arriva a 154 sì, pochi perché il governo possa continuare come se nulla fosse. A questo punto accade il colpo di scena. Due senatori, che non avevano risposto né alla prima né alla seconda chiama, intendono votare dopo che la Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati ha chiuso la votazione. Sono due senatori potenzialmente ostili al governo. Uno, il socialista Riccardo Nencini, aveva dichiarato di astenersi, l’altro un grillino espulso, Lello Ciampolillo, votano e votano sì. La fiducia raggiunge 156 voti. Non è un gran risultato, ma in tempi di magra può bastare. Il governo non è umiliato, il Senato sì.   

Quali le ragioni che hanno spinto tanti “volenterosi” ad accorrere in aiuto di un governo che di fatto non ha la maggioranza per poter continuare a governare? Se pure avesse raggiunto la maggioranza assoluta di 161 voti, la situazione che c’è nelle commissioni impedisce un regolare svolgimento dell’azione governativa. La spiegazione è sempre la stessa: dare solidità al governo, conferirgli mandato per allargare la maggioranza in senso liberale ed europeista, tenere in piedi il governo in una situazione di grave crisi sanitaria nel Paese, per senso di responsabilità nazionale insomma.

In realtà il motivo vero, grande quanto un macigno, è che nessuno vuole interrompere la legislatura con nuove votazioni. Gran parte dei senatori e dei deputati, stante anche la riduzione dei parlamentari, si rende conto di non avere alcuna possibilità di fare ritorno in Parlamento e dunque ognuno cerca di tirarla quanto più a lungo possibile. Non è un caso che proprio la componente grillina, che ha il più nutrito numero di parlamentari, è stata silente nello spettacolo del voto di fiducia. Che dovevano dire i grillini? Sono usciti in campo i Mastella, i Tabacci e i vecchi volponi della più sputtanata classe politica ex-democristiana, zoccole conclamate. Sono stati loro a tenere il campo nella circostanza, dandosi da fare a chiamare, a cercare di convincere, a portare acqua al mulino sgangherato di Conte.

Ma lo spettacolo sul versante del centrodestra non è migliore. In buona sostanza le tre componenti, Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, non sono d’accordo, nonostante ostentino compattezza. La Lega vorrebbe avere la possibilità di tentare a trovare una maggioranza diversa all’interno di questo Parlamento, assumendosi la parte dei cercatori di responsabili-volenterosi-costruttori-trasformisti, che ora è del centrosinistra, un mercato delle vacche a conduzione alterna. Fratelli d’Italia vorrebbe andare a nuove elezioni. Forza Italia…non si sa in buona sostanza con chi stia, dato che è Berlusconi che più di altri parla di responsabilità nazionale, di spirito liberale ed europeista, lo stesso invocato dai contiani.

Dalla crisi, determinata dall’uscita di Italia Viva dalla compagine governativa, non ha tratto beneficio neppure Matteo Renzi, che è stato costretto a mutare atteggiamento dalla mattina alla sera, passando da una netta opposizione al governo Conte ad una disponibilità a nuovi incontri…sempre per il bene del Paese!

 

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