domenica 17 gennaio 2021

Crisi di governo o crisi di sistema?

 

Tanto tuonò che piovve. Questa volta è andata così. Non se ne era certi. I protagonisti della politica italiana sono in-credibili, nel senso che non sono credibili. Questa volta non si capisce davvero perché Matteo Renzi abbia voluto sfilarsi dal governo, al di là di alcune ragioni nell’immediato comprensibili e più o meno condivisibili. All’interno di una coalizione è normale fare dei rilievi, sollevare delle questioni, avanzare delle proposte. Tutto questo è nell’ordine delle cose democratiche. Ma quando si toglie l’appoggio ad una maggioranza governativa allo scopo di far cadere il governo di cui si fa parte, peraltro nel pieno di una crisi sanitaria senza precedenti da un secolo a questa parte, come è la pandemia da Covid, allora non si capisce.

Allora, per capire qualcosa, occorre cambiare il registro: lasciare quello della razionalità e del buonsenso e adottare quello dell’isterismo, del calcolo personale, del machiavellismo, quello dei personalismi, sempre narcisistici.

Ad una prima lettura, conosciuti anche gli scambi di improperi fra i protagonisti – “Conte tornerà a fare il professore” e di rimando “noi Renzi lo asfaltiamo” – la questione si presenta assurda. Mettiamoci dalla parte di Renzi. Lui dice che non preclude a nessuno di guidare un nuovo governo e lascia intendere che è pronto a riprendere la partita. Ma un altro governo, guidato o meno da Conte, stanti le parti in causa che ci sono, che garanzia dà di solidità, di sveltezza, di efficienza, tutte qualità che Renzi continua ad invocare? Nessuna, in realtà. Non è possibile che un asino da un giorno all’altro si metta a volare. Ma, intanto, Renzi è fermamente convinto che un governo con questo Parlamento è ancora possibile, meglio, peggio o uguale a quello di prima non ha importanza.

Non resta che considerare la sortita di Renzi come un tentativo di guadagnare la centralità della scena nell’ipotesi di sommovimenti nello scenario politico. Il suo partito, Italia viva, doveva raggiungere una dimensione importante, una percentuale a doppia cifra, naviga invece su un 2-3 % dell’elettorato secondo i sondaggi. Le cose – pensa – non potrebbero mai andare peggio di così, facciamo perciò un po’ di scompiglio, qualche cosa succederà.

Quel che lui non vuole di certo è il ritorno alle urne. E non vuole che si voti anzitempo perché è convinto che in quel caso la destra vincerebbe le elezioni. Lo pensa e lo dice, come se fosse una cosa normale. Stando ai sondaggi, infatti, la coalizione di centrodestra è maggioritaria nel paese. Allora c’è da porsi una domanda, molto semplice e ingenua. Un vero democratico, quale Renzi si professa, e non solo lui in verità, nel momento in cui si accorge che la maggioranza nel paese non è più quella parlamentare, non dovrebbre essere il primo a dire: signori, la volontà del Paese è mutata, è giusto, è democratico, che le si dia la possibilità di assumersi l’onore del governo del Paese. Invece no. Invece Renzi e tutti gli altri, chi esplicitamente come fa lui e chi più tacitamente, non vogliono che si voti perché non si realizzi il più democratico degli eventi: un cambio di maggioranza per volontà diretta dell’elettorato. E tutto questo come si concilia con lo spiruito democratico? Non si concilia! In politica ci sono leggi universali, democrazia o non democrazia, una è che chi ha il potere non vuole cederlo e chi non ce l’ha lo vuole conquistare. Allora la chiave non è la democrazia, ma il potere.

A fronte di quanto sta accadendo – scriviamo sabato 16 gennaio – gli scenari che si aprono non promettono nulla di buono. Già si parla di una specie di partito dei “responsabili” o, come li si è voluti nobilitare, dei “costruttori”, in una parola dei voltagabbana, dei trasformisti, degli emarginati chi per un motivo chi per un altro, chi per sua libera volontà e chi per condanna essendo stato espulso dal suo partito. Un governo del genere, se fosse possibile, sarebbe peggio di quello di prima. Renzi lo sa e difatti sta cercando di riconciliarsi, sia pure in maniera generica e confusa, andando a sbattere contro il diniego di Pd e M5S, offesissimi dall’iniziativa renziana.

Il Pd, che pure aveva avanzato critiche sull’immobilismo del governo, è più preoccupato di prima. Un governo Conte ter sostenuto dai responsabili-costruttori-trasformisti sarebbe assai peggiore di quello di prima e sta cercando di introdurre nel dibattito qualche improbabile garanzia di discontinuità. Da parte sua il partito dei responsabili-costruttori-trasformisti incomincia a puntare i piedi e a rivendicare tutta l’importanza della sua azione sostenitrice. Ha detto Clemente Mastella, il nocchiero di fatto di questo partito: attenzione, “noi siamo responsabili, ma non fessi”, temendo di essere raggirati dalla coalizione governativa. Questo pseudopartito, “suggerito” da un’espressione del Presidente Mattarella, avente tutt’altra valenza e significato, pretende di essere considerato nella dinamica governativa una componente vera e propria. Ergo, per farla a spiccioli, pretende delle poltrone. Niente per niente, nessuno fa niente. E i “responsabili”, appunto, non sono fessi!

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