sabato 24 marzo 2018

Cinquestelle, benvenuti nel paese normale




La politica è così, à la guerre comme à la guerre. Ma se il modo di dire famoso per significare spregiudicatezza di comportamenti, colpi bassi, scorrettezze e tradimenti, viene applicato al Movimento 5 Stelle che da quasi dieci anni si propone come diverso dalla vecchia politica, allora un commentino bisogna farlo. S’incomincia col prendere atto di ciò che tutti sapevano, tranne loro; o facevano finta di non saperlo. E cioè, che in politica certi passaggi sono obbligati, saranno pure sporchi e puzzolenti, ma sono obbligati.
Il passaggio del “peccato”, in questo caso, quale è? Nel mettersi insieme con un’altra forza politica all’indomani del voto se si vuole copulare qualcosa, ovvero esercitare un minimo di potere e poter realizzare in tutto o in parte il proprio programma. Siamo alla solita rottura delle uova per poter fare la frittata. Le poltrone tanto vituperate dai Cinquestellati – ma a dire il vero essi non hanno mai detto di voler governare in piedi! – sono state anche per loro oggetto di spartizione e trattative varie.
I due presidenti di Camera e Senato sono stati eletti, uno del M5S, Roberto Fico, alla Camera; l’altro di Fi, Maria Elisabetta Alberti Casellati, al Senato. Post nubila Phoebus, verrebbe di dire. Salvini ha ragione di ostentare contentezza, perché è riuscito a far eleggere un parlamentare dello schieramento di centrodestra e per di più prima donna a diventare presidente del Senato. Della serie che non sempre chi sbandiera femminismo dalla mattina alla sera – ah, Boldrini Boldrini! – in concreto poi riesce a produrre qualcosa di femminista. Il centrodestra, bollato molto spesso come antifemminista, zitto zitto e piano piano ha realizzato un colpo storico. Per merito suo la seconda carica dello Stato è donna, che, in circostanze d’emergenza, potrebbe anche ricoprire la carica di Presidente della Repubblica. Del resto era stato il centrodestra, con Berlusconi, a portare in politica il maggior numero di donne. E, a dire il vero, oggi esse lo ripagano con una lealtà non sempre osservata dai suoi collaboratori maschi. La rinuncia alla candidatura alla presidenza del Senato di Anna Maria Bernini, proposta da Salvini, va portata ad esempio di lealtà e di correttezza. Il che non è poco in un mondo in cui mors tua vita mea.  
Ora incomincia la corsa a Palazzo Chigi. Chi del Dimmi e Dammi sarà il nuovo premier? Alla vigilia del voto due erano le ipotesi più gettonate. Premesso che i Cinquestelle sarebbero stati il partito più votato, le due ipotesi erano una l’intesa Forza Italia-Pd, l’altra M5S-Lega.  La prima presupponeva la vittoria di Forza Italia all’interno della coalizione di Centrodestra e una sconfitta meno catastrofica del Pd; la seconda, la vittoria della Lega nel Centrodestra. Si è verificata la seconda, anche per il tonfo del Pd. Salvini ha superato Berlusconi ed è diventato, secondo accordi presi, capo della coalizione; il Pd, non si capisce su quale altro colle romano vuole riparare, se esclude l’Aventino.
Il postelezioni ha confermato la leadership di Salvini, che si è dimostrato tanto spregiudicato quanto conciliante. Come ha saputo giungere alla elezione dei due presidenti del Parlamento lo dimostra. Nel gioco stretto di quei giorni spazio e tempo per concordare mosse e contromosse non ce n’erano. Di qui il suo colpo di mano, che, a fronte del rifiuto del forzista Paolo Romani alla Presidenza del Senato da parte del M5S e addirittura del rifiuto di Di Maio di incontrarsi con Berlusconi, ha sbloccato lo stallo, proponendo motu proprio la Bernini, mandando su tutte le furie Berlusconi che, a caldo, ha detto: basta, la coalizione non esiste più. Poi la ricomposizione di tutto, come di sopra riportato.
Come si svolgerà il corso della storia da lunedì in poi non è dato saperlo né prevederlo. Ma quel che possiamo dire, con un pizzico di soddisfazione, è che il M5S è di fatto arrivato nel paese reale, che è anche quello normale. Non più, almeno per ora, minchiate alla Beppe Grillo o alla Alessandro Di Battista, ma comportamenti ragionati. Sperando, lo diciamo per interesse civico, che poi riserveranno tutto il loro rigore alle scelte operative che sapranno fare se riusciranno ad andare al governo, con Di Maio protagonista o co-protagonista. Il Paese non è stato mai così ansioso di vedere se l’ennesima sfida dei buoni e capaci, degli onesti e dei preparati, sortirà gli esiti sperati.    

Nessun commento:

Posta un commento