Quanto sta accadendo a Roma dopo
l’insediamento del nuovo sindaco Virginia Raggi del M5S dimostra una serie di
cose, molte delle quali si sospettavano. I rifiuti per strada, il conflitto di
interessi dell’assessore all’ambiente Paola Muraro già consulente milionaria
dell’Ama (l’azienda che gestisce i rifiuti a Roma), l’impossibilità di operare
a prescindere da uomini e sistemi del più recente passato, l’imbarazzo del
Movimento nel doversi difendere come la casta – e non siamo che agli inizi –
sono avvisaglie assai significative e gravi.
Ma che vi aspettavate –
potrebbero dire Grillo e sostenitori – la bacchetta magica, la trasformazione
con un colpetto di una zucca in una carrozza?
Evidentemente no. Ma la stessa obiezione
si potrebbe fare a loro: che vi credevate di arrivare a cambiare uomini e cose
dall’oggi al domani, di raddrizzare le zampe ai cani, che madre natura ha così
fatto? I profeti disarmati ruinorno
diceva Machiavelli. E i grillini, a parte le buone e belle intenzioni, sono
disarmati: non hanno esperienza politica e quella della storia politica del
paese o non la conoscono o la rifiutano come cosa nefanda.
Ci sono situazioni che hanno
bisogno di tempo, di molto tempo per essere cambiate, posto che ci siano uomini
e mezzi giusti per farlo. Quando i grillini si renderanno conto che per tentare
di cambiare davvero è necessario scendere a patti con altre forze politiche e
magari costringerle a operare diversamente da prima, allora finiranno di
sentirsi gli inviati di Zaratustra. Fino a quando sono gli inviati di Grillo
non vanno oltre i “vaffanculo”, più o meno sboccati o eufemistizzati dalla
buona educazione.
La storia insegna – ma si fa per
dire – che un partito o un movimento, quando pretende di stare solo al governo di una realtà, complicata
per giunta, o opera in regime autoritario o ruina,
sempre per usare categorie e verbi machiavelliani. Non credo che i grillini
possano governare città grandi o piccole con sistemi autoritari e meno ancora
il paese intero, al cui governo si sono ormai candidati.
E’ pur vero che il Movimento dopo
le elezioni del 2013 e l’invito di Bersani a partecipare al governo del paese,
secondo una consolidata prassi politica che risale al connubio Cavour-Rattazzi
fino al compromesso storico di Moro-Berlinguer, rifiutò e anzi assunse un
atteggiamento irridente nei confronti del leader del Pd ma anche di tutto
l’ambiente politico italiano. Fu sicuramente quella la politica del
“vaffanculo” dettata da Grillo, ma fu anche il primo punto di un infilarsi in
un vicolo cieco. La ghigliottina delle espulsioni di chi non sta nei dettami
del Movimento ricorda la ben più affilata ghigliottina di Robespierre e citoyens. Non per niente i grillini
amano chiamarsi “cittadini”, come i socialcomunisti amavano chiamarsi “compagni”
e i fascisti “camerati”. Cosa che dà il senso di un movimento esclusivo,
fortemente coeso e chiuso.
Il caso di Parma, col sindaco
Pizzarotti, prova due cose: che si può anche governare con flessibilità e
onestà; che il Movimento non tollera la flessibilità ed espelle chi non sta sui
binari rigidi delle regole dettate da non si sa chi e perché. Pizzarotti è
stato espulso.
Altro è il caso Torino, dove la sindaca Chiara Appendino
ha registrato la prima scoppola con il trasferimento a Milano del Salone del
Libro, uno dei fiori all’occhiello dell’ex capitale d’Italia. Può essere che
dall’anno venturo di “Saloni del Libro” se ne faranno due, ma è indubbio che
quello di Torino perderà l’esclusiva e l’importanza.
Cosa c’entra il Sindaco
Appendino? Può darsi che non c’entri affatto, ma può darsi anche che l’indisponibilità del Movimento a condividere scoraggi gli imprenditori, che preferiscono andare
e investire altrove, dove si può discutere e trattare non necessariamente per
fare cose poco pulite.
Il Movimento 5 Stelle insomma,
alla prova dei fatti, sta evidenziando tutte le difficoltà, interne ed
ambientali. Le più importanti sono però quelle interne, che si traducono in
incapacità amministrativa. Si consideri che a Roma il sindaco Ignazio Marino
dovette lasciare, nonostante avesse alle spalle un partito come il Pd, proprio
per sua intrinseca incapacità politica.
Volere per forza governare
all’insegna dell’esclusivismo onestista è un errore che potrebbe avere effetti
peggiori del consociativismo e dell’affarismo politico. Se il Movimento dovesse
fallire per patente incapacità dei suoi uomini e dei suoi criteri, potrebbe
essere l’ultima delusione politica di questo paese, prima di un ritorno al
pragmatismo giorno per giorno.
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