domenica 14 agosto 2016

Cardini: L'iphone e il paradiso di Allah


L’ultimo libro di Franco Cardini L’iphone e il paradiso di Allah, Roma, Castelvecchi, 2016, pp. 140, raccoglie alcuni suoi testi pubblicati sul blog “Minima Cardiniana” dal 5 giugno 2015 al 6 marzo 2016, e prende il titolo di uno di essi. Temi ricorrenti: Islam, Mediterraneo, Medio Oriente, terrorismo islamico. E’ un libro polemico e gli insulti nei confronti di chi è di diverso parere si sprecano. Mal toscano non mente. Per lui non c’è nessuna guerra di civiltà, come dicono quelli che fantasticano o farneticano, e chi predica di chiudere le frontiere per evitare di far giungere in Occidente terroristi è un imbecille. Perché «la globalizzazione, nella e della quale viviamo tutti, significa anzitutto impossibilità di chiudere le frontiere; tanto più che gli attentatori di solito ci arrivano dall’interno di esse» (p. 13). D’altra parte il pericolo islamista esiste. «È comunque un fatto che gli attentati ci siano stati e che ci si debba aspettare ancora qualcosa del genere, magari peggiore» (p. 13); ma con l’Islam non c’entra, l’Islam è altra cosa. «Va da sé comunque che nulla va sottovalutato, nulla o il meno possibile lasciato al caso» (p. 21). Minimizzare ma non trascurare sembra il suo motto. Le uniche armi che possediamo contro questo “fantomatico” nemico sono: «intelligence, infiltrazione, informazione corretta, massima collaborazione tra musulmani e non musulmani contro il comune avversario terrorista, mantenimento della calma e svolgimento di una normale, serena vita civile nelle nostre città» (p. 81). Insomma una questione di polizia, avendo fiducia massima nella polizia.
Cardini dice molte cose, altre le lascia intendere. Condivido più quello che lascia intendere che quello che dice, quando non fa evidentemente spiegazioni professorali, sulle quali non c’è assolutamente nulla da obiettare.
Egli parte da una premessa, che è la descrizione essenziale dell’universo islamico, per dimostrare che non tutti gli islamici la pensano allo stesso modo e che essi sono così diversi che alcuni la guerra la fanno non solo ai cristiani dell’Occidente ma anche ad altri islamici per ragioni interne. Sicché, se non vogliamo sparare nel mucchio, per l’Islam che non c’entra ci dobbiamo tenere gli attentati dell’Islam che c’entra; perché c’è Islam e Islam.
Ma di quante componenti è fatta la galassia islamica? Cardini spiega. La prima distinzione è fra sunniti e sciiti; i sunniti a loro volta si dividono in quattro scuole principali: i malikiti, gli shaifi’iti, gli hanbaliti, gli hanafiti; poi ci sono i salafiti che derivano dai mu’taziliti, e i wahhabiti.   Gli sciiti, a loro volta, si distinguono in duodecimani, i settimimani, tra cui gli zaiditi, gli ismailiti, i fatimidi, i nizari; collegati agli ismailiti sono i drusi; ai duodecimani si collegano gli alawiti; e infine i kharigiti. Insomma qualcosa come una dozzina di correnti. «Ci sarebbero molte altre cose da dire – conclude l’autore in premessa – ma queste poche nozioni di partenza possono bastare per avviare un discorso che dovrebbe permettere di orientarsi» (p. 9).
Orientarsi per dove o per cosa? Cardini si pone extra partes, ribadisce che l’attacco islamista non è solo contro l’Occidente cristiano ma anche contro altri islamici, i quali quando vengono colpiti non soffrono meno di noi. Compassione tanto nobile quanto ovvia!
«Lo scontro di civiltà – dice Cardini – è reale solo nelle architetture ideologico-politiche di qualche teorico islamista e nelle non innocenti “ricostruzioni” esegetico-pubblicistiche di quelli che da noi fantasticano di musulmani che vorrebbero portarci via “la vita o l’anima”» (p. 13).
Poi quasi banalizza la consistenza del Califfo: «Poche migliaia di fanatici di varia provenienza musulmana, col pittoresco contorno di alcuni foreign fighters occidentali e un buon gruppo di quadri del vecchio esercito sunnita, socialista e praticamente ateo dell’esercito di Saddam Hussein: sono queste le forze armate del califfo» (p. 14).
Cardini, insomma, si pone sulla stessa linea della chiesa cattolica e della politica occidentale e italiana in particolare nel banalizzare il pericolo islamista. Lo fa per fini nobili: non farsi prendere dal panico, non cadere nella provocazione, non commettere gesti dalle conseguenze irreparabili, difendere la pace, «individuare una sintesi che tuttavia non sia omologazione, che salvi le differenze e le specificità» (p. 72). Se fosse possibile, evviva Cardini!
Complicato districarsi tra le cause di questa crisi che lo studioso toscano espone e spiega non senza ricondurre colpe alle potenze occidentali e lasciando trasparire una certa “simpatia” per l’Islam in generale e perfino per chi nell’Occidente sceglie di immolarsi per Allah avendo come alternativa il possesso di un iphone, nello squallore di quel che offre oggi la situazione italiana (pp. 22-24). Ma l’Italia non è tutta Scampia! E tra l’iphone e Allah c’è molto altro, per fortuna!
Considerazioni amare e suggestive, quelle di Cardini, che non danno prospettiva alcuna all’emergenza terroristica. Nessuno in Occidente pensa ad una guerra con l’Islam di tipo classico, con movimenti di truppe, carri armati, cacciabombardieri, sottomarini e corazzate, come la si è vista nelle ultime due grandi guerre mondiali. C’è anche questo, evidentemente, ma per quanto ci riguarda la “guerra” è di altro tipo: oggi un attentato qua, domani uno là; oggi fatto in un modo, domani in un altro e qua e là attentati isolati, magari compiuti da “malati di mente”, come fanno passare molti attentatori singoli e a volte improvvisati, come quello di Monaco di Baviera. La gravità di questa guerra sta proprio nella sua diversità e indefinibilità.
In questa guerra “urbana”, che Cardini preferisce allo “scontro di civiltà” armato, da evitare al punto da invocare l’uscita dell’Italia dalla Nato (p. 59), le persone non sono soldati e vengono colpite come tanti cappuccetti rossi nel bosco. E’ gente che sta lavorando in redazione, sta assistendo ad un concerto, sta andando a lavorare, sta celebrando una festa nazionale, è in un ristorante a mangiare, sta per prendere l’aereo o il treno. Il terrorismo islamico vuol terrorizzare non l’Occidente, che può sembrare una entità astratta, ma gli occidentali, le persone fisiche, le quali non devono sentirsi mai al sicuro, nemmeno in casa, come quel poliziotto e la sua compagna raggiunti e uccisi in casa a Parigi. Cardini fa quasi pensare che tutto questo sia inevitabile, che a parte le precauzioni dei servizi di sicurezza altro non si possa fare; il prezzo da pagare per la “sua” sintesi.
D’accordo nel fare di tutto e di più per evitare lo “scontro di civiltà”, che è fuori dalla nostra cultura, ma non è secondario che i governi difendano i loro cittadini. Per questo devono mettere in essere misure immediate e in prospettiva per la loro sicurezza. Prima e fondamentale mossa dei governi occidentali è impedire che delle realtà nazionali, non ancora del tutto compromesse, come l’Italia, si facciano invadere dai musulmani, quali che siano i motivi della loro venuta in Europa, per non diventare ciò che sono la Francia, la Gran Bretagna e il Belgio, dove gli attentatori stanno già al di qua delle frontiere. La politica dell’accoglienza dei migranti musulmani rischia non tanto di portare oggi in casa dei terroristi, ma di produrne chissà quanti domani. Cardini è del parere che a questo non ci siano antidoti; di più: che la società multietnica e multirazziale, con tutte le conseguenze che conosciamo, sia l’approdo fatale a cui tendiamo. Ma, attenzione – sembra voler dire Cardini – non parliamo di invasione, bensì di normale processo storico.

Il suo non pare neppure “buonismo”, piuttosto un attendismo prudente, una sorta di eduardiana ha da passà a nuttata per gli aspetti negativi; e per gli aspetti positivi la convinzione che si possa convivere con i musulmani nell’Occidente cristiano, purché il cristianesimo non venga ostentato troppo, per non offendere i…conviventi.  

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