domenica 17 gennaio 2016

Renzi e il liscio e busso di Juncker


Il Presidente della Commissione Europea, il lussemburghese Jean-Claude Juncker, fortissimamente sponsorizzato dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel, perfino contro i veti e le minacce dell’inglese David Cameron, ha detto a Matteo Renzi di finirla di offendere i membri della Commissione, di non capire per quale motivo lo faccia e soprattutto di non attribuirsi meriti che non sono suoi, come quello di aver introdotto la flessibilità nei bilanci.
“L’ho introdotta io – ha ripetuto più volte Juncker – non lui: c’est moi, c’est moi”. Insomma, una bella lavata di capo, fuori dal politically correct, come non se ne vedeva una da tempi immemorabili. In diplomazia complimenti e salamelecchi non contano nulla; destano preoccupazione e fanno male le parole toste e dirette, proprio perché inusuali. In compenso mettono in chiaro molte cose.
Detta alla paesana, la sparata di Juncker contro Renzi suona così: smettila di parlare a cazzo e non fare la mosca cocchiera.
La qual cosa a noi italiani non piace. Juncker è pur sempre una sorta di Quisling, lì posto per eseguire ordini e fare gli interessi di altri; e Matteo Renzi è pur sempre il Presidente del Consiglio italiano che fa gli interessi del suo paese, sia pure in modi discutibili.
Si può legittimamente ipotizzare che dietro Juncker ci sia la Merkel, che di questi tempi non se la passa bene. Il Ministro italiano dell’Economia Padoan ha replicato, portando qualche elemento di chiarezza. Sì, è vero – ha detto – la flessibilità è stata introdotta dalla Commissione perché non poteva introdurla che lei, ma già se n’era parlato durante il semestre di presidenza italiana.
E Renzi? Ha replicato da par suo, offendendo, questa volta i suoi connazionali predecessori. “Non ci lasciamo intimidire – ha detto – l’Europa ha finito di telecomandare l’Italia”. Capito? Amato, D’Alema, Berlusconi, Prodi, Monti, Letta, e perché no, Ciampi, Napolitano, tutti portaordini della Commissione Europea. Del resto, quando dice che l’Italia non si presenta più in Europa col cappello in mano, dà dell’accattone o del servo a quanti lo hanno preceduto. Cosa che ha costretto lo stesso Napolitano, giorni fa, a dirgli garbatamente che sbaglia ad offendere politici e tecnici italiani in Europa, i quali si sono sempre comportati con dignità ed efficienza.
Ma la lezione di Juncker ce la siamo strameritata anche noi; noi dico, popolo italiano. Da anni Renzi non fa che andare a ruota libera. A volte gioca con le parole, cerca la battuta come se stesse in un bar a litigare con tifosi avversari. Un modo disinvolto e stravagante di comportarsi di un Presidente del Consiglio; carica invece che dovrebbe sempre informarsi a compostezza di linguaggio e di comportamenti.
Di presidenti del consiglio più o meno della sua età l’Italia ne ha avuti altri e di certo non si comportavano come lui, che sembra giocare a fare per certi aspetti il Mussolini del XXI secolo e per certi altri il Berlusconi d’Oltrarno, producendo una caricatura da fare invidia a Checco Zalone e a Maurizio Crozza.
I nostri commentatori, invece di mettere in evidenza e perfino di stigmatizzare le esibizioni di Renzi, si profondono in complimenti, esaltando la sua abilità comunicativa. In Italia si chiama così l’offesa e l’arroganza: abilità comunicativa! Renzi è un genio della comunicazione - dicono. Insomma noi italiani copriamo di elogi chi ci insulta e ci raggira per giunta. Ma che bravo quel Renzi, ci ha fottuti! Salvo poi a distanza di anni a passare al dileggio e alla condanna. E’ il solito vizio italico dell’adulazione, che una volta trovava ragione nelle corti – “l’arte che qui da noi s’industria e cole” diceva l’Ariosto – e che oggi conferma che non c’è proprio niente da fare, peggio che voler raddrizzare le gambe ai cani.
Ma, parole a parte – Juncker in altra occasione aveva fatto l’elogio di Renzi – la presa di posizione del Presidente della Commissione Europea ha messo in evidenza i non buoni rapporti tra l’Italia e gli altri paesi dell’Unione Europea.  Qui occorre vedere se non sono buoni perché il governo italiano è mal rappresentato – cosa non del tutto peregrina – o se giustamente il governo italiano difende gli interessi del suo paese dalle spire soffocanti europee, nel sospetto che viga in Europa il principio del “due pesi e due misure”: quel che è possibile fare per la Germania, non lo può fare l’Italia. Gli esempi non mancano, dall’impossibilità di salvare l’Ilva ai tre miliardi dati alla Turchia per frenare il flusso di migranti verso la Germania, al gasdotto che dalla Russia porterebbe il gas in Germania lasciando fuori i paesi dell’Europa orientale, dalla Polonia alla Grecia.
Ma tutto questo c’entra relativamente col modo di comunicare di Renzi, che è compulsivamente offensivo e perciò inadeguato a garantire chiarezza di posizioni e di interessi in un ambiente così disarticolato e complesso come è quello europeo. Il risultato del suo linguaggio è di far passare dalla ragione al torto.
Che Renzi cerchi con certe battute di togliere terreno da sotto i piedi dei suoi avversari politici italiani, nell’ipotesi di un voto anticipato al 2017, non basta a giustificarlo.
D’altra parte, responsabilmente, bisogna riconoscere che ogni volta che ci dobbiamo adeguare alle direttive europee in Italia è il caos. L’ultimo lo fa registrare l’organizzazione del lavoro dei medici negli ospedali. Il nostro indiscutibile talento ad arrangiarci confligge con quello, tutto nordeuropeo, della pianificazione e del rispetto delle norme. Questo lo dobbiamo capire tutti in Italia, senza strumentalizzazioni.
Juncker, con la sua intemerata, ha comunque evidenziato alcuni altri aspetti, come il difficile momento che sta attraversando l’Europa e la crisi di consensi della Merkel in seguito alla sua infelice apertura illimitata ai profughi siriani. C’è del nervosismo, questo è certo, e Juncker lo ha dimostrato passando il liscio e busso all’incauto nostro Presidente del Consiglio. Renzi, da perfetto impunito, continuerà a parlare a cazzo e a fare la mosca cocchiera, tanto in Italia lo aspetta la solita claque di fottuti allegri.

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