Il Presidente della Commissione
Europea, il lussemburghese Jean-Claude Juncker, fortissimamente sponsorizzato dalla
Cancelliera tedesca Angela Merkel, perfino contro i veti e le minacce
dell’inglese David Cameron, ha detto a Matteo Renzi di finirla di offendere i
membri della Commissione, di non capire per quale motivo lo faccia e soprattutto
di non attribuirsi meriti che non sono suoi, come quello di aver introdotto la
flessibilità nei bilanci.
“L’ho introdotta io – ha ripetuto
più volte Juncker – non lui: c’est moi,
c’est moi”. Insomma, una bella lavata di capo, fuori dal politically correct, come non se ne
vedeva una da tempi immemorabili. In diplomazia complimenti e salamelecchi non
contano nulla; destano preoccupazione e fanno male le parole toste e dirette,
proprio perché inusuali. In compenso mettono in chiaro molte cose.
Detta alla paesana, la sparata di
Juncker contro Renzi suona così: smettila di parlare a cazzo e non fare la
mosca cocchiera.
La qual cosa a noi italiani non
piace. Juncker è pur sempre una sorta di Quisling, lì posto per eseguire ordini
e fare gli interessi di altri; e Matteo Renzi è pur sempre il Presidente del
Consiglio italiano che fa gli interessi del suo paese, sia pure in modi
discutibili.
Si può legittimamente ipotizzare
che dietro Juncker ci sia la Merkel, che di questi tempi non se la passa bene. Il
Ministro italiano dell’Economia Padoan ha replicato, portando qualche elemento
di chiarezza. Sì, è vero – ha detto – la flessibilità è stata introdotta dalla
Commissione perché non poteva introdurla che lei, ma già se n’era parlato
durante il semestre di presidenza italiana.
E Renzi? Ha replicato da par suo,
offendendo, questa volta i suoi connazionali predecessori. “Non ci lasciamo
intimidire – ha detto – l’Europa ha finito di telecomandare l’Italia”. Capito? Amato,
D’Alema, Berlusconi, Prodi, Monti, Letta, e perché no, Ciampi, Napolitano,
tutti portaordini della Commissione Europea. Del resto, quando dice che
l’Italia non si presenta più in Europa col cappello in mano, dà dell’accattone
o del servo a quanti lo hanno preceduto. Cosa che ha costretto lo stesso
Napolitano, giorni fa, a dirgli garbatamente che sbaglia ad offendere politici
e tecnici italiani in Europa, i quali si sono sempre comportati con dignità ed
efficienza.
Ma la lezione di Juncker ce la
siamo strameritata anche noi; noi dico, popolo italiano. Da anni Renzi non fa
che andare a ruota libera. A volte gioca con le parole, cerca la battuta come
se stesse in un bar a litigare con tifosi avversari. Un modo disinvolto e
stravagante di comportarsi di un Presidente del Consiglio; carica invece che
dovrebbe sempre informarsi a compostezza di linguaggio e di comportamenti.
Di presidenti del consiglio più o
meno della sua età l’Italia ne ha avuti altri e di certo non si comportavano
come lui, che sembra giocare a fare per certi aspetti il Mussolini del XXI
secolo e per certi altri il Berlusconi d’Oltrarno, producendo una caricatura da
fare invidia a Checco Zalone e a Maurizio Crozza.
I nostri commentatori, invece di
mettere in evidenza e perfino di stigmatizzare le esibizioni di Renzi, si
profondono in complimenti, esaltando la sua abilità comunicativa. In Italia si chiama
così l’offesa e l’arroganza: abilità comunicativa! Renzi è un genio della
comunicazione - dicono. Insomma noi italiani copriamo di elogi chi ci insulta e
ci raggira per giunta. Ma che bravo quel Renzi, ci ha fottuti! Salvo poi a
distanza di anni a passare al dileggio e alla condanna. E’ il solito vizio
italico dell’adulazione, che una volta trovava ragione nelle corti – “l’arte
che qui da noi s’industria e cole” diceva l’Ariosto – e che oggi conferma che
non c’è proprio niente da fare, peggio che voler raddrizzare le gambe ai cani.
Ma, parole a parte – Juncker in
altra occasione aveva fatto l’elogio di Renzi – la presa di posizione del
Presidente della Commissione Europea ha messo in evidenza i non buoni rapporti
tra l’Italia e gli altri paesi dell’Unione Europea. Qui occorre vedere se non sono buoni perché
il governo italiano è mal rappresentato – cosa non del tutto peregrina – o se
giustamente il governo italiano difende gli interessi del suo paese dalle spire
soffocanti europee, nel sospetto che viga in Europa il principio del “due pesi
e due misure”: quel che è possibile fare per la Germania, non lo può fare
l’Italia. Gli esempi non mancano, dall’impossibilità di salvare l’Ilva ai tre
miliardi dati alla Turchia per frenare il flusso di migranti verso la Germania,
al gasdotto che dalla Russia porterebbe il gas in Germania lasciando fuori i
paesi dell’Europa orientale, dalla Polonia alla Grecia.
Ma tutto questo c’entra
relativamente col modo di comunicare di Renzi, che è compulsivamente offensivo
e perciò inadeguato a garantire chiarezza di posizioni e di interessi in un
ambiente così disarticolato e complesso come è quello europeo. Il risultato del
suo linguaggio è di far passare dalla ragione al torto.
Che Renzi cerchi con certe
battute di togliere terreno da sotto i piedi dei suoi avversari politici
italiani, nell’ipotesi di un voto anticipato al 2017, non basta a
giustificarlo.
D’altra parte, responsabilmente,
bisogna riconoscere che ogni volta che ci dobbiamo adeguare alle direttive
europee in Italia è il caos. L’ultimo lo fa registrare l’organizzazione del
lavoro dei medici negli ospedali. Il nostro indiscutibile talento ad
arrangiarci confligge con quello, tutto nordeuropeo, della pianificazione e del
rispetto delle norme. Questo lo dobbiamo capire tutti in Italia, senza
strumentalizzazioni.
Juncker, con la sua intemerata, ha comunque evidenziato alcuni altri
aspetti, come il difficile momento che sta attraversando l’Europa e la crisi di
consensi della Merkel in seguito alla sua infelice apertura illimitata ai
profughi siriani. C’è del nervosismo, questo è certo, e Juncker lo ha
dimostrato passando il liscio e busso all’incauto nostro Presidente del
Consiglio. Renzi, da perfetto impunito, continuerà a parlare a cazzo e a
fare la mosca cocchiera, tanto in Italia lo aspetta la solita claque di fottuti
allegri.
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