mercoledì 26 agosto 2015

Roma capitale...delle banane


Come volevasi dimostrare: per la sconcezza romana dei funerali rom-mafiosi non paga nessuno, ma – e non si vergognano di dirlo – da questo momento promettono che non accadrà più.
Non accadrà più? Ma siamo proprio dei coglioni! E che significa? I provvedimenti non riguardavano il futuro, riguardavano il passato; da sanzionare era l’accaduto. Che non debba accadere più è una minchiata, una frase fatta che non significa nulla.
Vogliamo che i responsabili paghino. In uno Stato, che voglia considerarsi tale, la punizione è terapeutica. Paghi il responsabile e non c’è bisogno neppure di dirlo, che non accadrà più. Se qualcuno paga, altri saranno bene attenti a non mettersi nelle stesse condizioni. Se, invece, mai nessuno paga, tutti si sentono autorizzati a strafottersene.
Ma lo assicura il Prefetto Gabrielli, lo assicurano tutti: sindaco, ministro, questore, comandante dei vigili urbani, tutti, ma proprio tutti, in un coro da far invidia a quello verdiano del Nabucco!
Roba da idioti. Idioti non quelli che le dicono e che le fanno queste cose; idioti noi, cittadini italiani, che le subiamo come tante pecore fesse.
In un paese dove la cialtroneria è diffusa al pari dell’arte e la delinquenza organizzata si confronta con la civiltà millenaria del diritto si esclude per scelta ideologica ogni e qualsiasi punizione. Qualunque cosa faccia uno, non è passibile di niente, a nessun livello. Siamo i talebani del cialtronismo, l’Isis della balordaggine, la Jihad del perdonismo. Gesù Cristo deve sembrare un boia implacabile al nostro confronto.
Dovrebbe montare una rabbia punitiva negli italiani da invocare punizioni esemplari e castighi chirurgici, solo per avviare un principio di sanatoria civile; e invece si continua imperterriti con la cultura dell’irresponsabilità, del non è successo niente, del mo’ faccia Dio, del non accadrà più. Assurdo e paradossale nel suo elementare infantilismo pensare di mettere le cose a posto con la nomina di un altro commissario all’ordine pubblico; come se finora tutto fosse stato lasciato al disordine e al fai da te. Non perché qualcuno non abbia fatto il suo dovere, ma perché nessuno sa cos’è il dovere, perché qui, in Italia, è vietato vietare, è proibito vigilare, è assolutamente esclusa ogni possibilità di chiedere un rendiconto, per il quale si è stipendiati e avviati a splendide carriere e spesso a laute pensioni. 
In questa incredibile deriva morale ci sono gli ideologi dell’imbecillità eretta a sistema culturale. Sono i professionisti dell’invettiva inutile, del colpo a salve, del tanto rumore per nulla, del paradosso per animare insulsi talk-show, con quel campione inossidabile che è Vittorio Sgarbi.  
E’ un paese irredimibile. A Natale ci sono dirigenti scolastici che non vogliono allestire il presepe per non offendere i musulmani. Ogni tanto qualcuno si rivolge all’Europa per togliere il Crocefisso dai locali pubblici. C’è gente che invoca per i marò italiani l’impiccagione. Ci sono preti che modificano inni e canzoni patriottici troppo spinti verso l’eroismo militare. In Alto Adige non si celebra la Grande Guerra per non offendere gli altoatesini che si considerano ancora sudtirolesi e cittadini austriaci. Non si studiano più quegli autori della letteratura italiana che risultano oggi dissonanti con lo spirito odierno.
E questo lo consideriamo un paese serio? Una nazione? Uno Stato? O non è, per caso, la repubblica delle banane, dove ogni tanto si fa finta di indignarsi per rivendicare un’improbabile dignità?
Quanto accaduto a Roma capitale – capitale delle banane – non doveva indignare nessuno, doveva semplicemente far scattare automatiche dimissioni dei signori ministro dell’interno, sindaco di Roma, prefetto, questore e comandante dei vigili urbani. In un paese serio quello che era accaduto non sarebbe accaduto ma se per remota ipotesi fosse accaduto ci sarebbero state automaticamente le autopunizioni. Ma aggiungo, in un paese serio – e il nostro non lo è – ci sarebbe stata una autorità superiore che sarebbe intervenuta per mettere le cose a posto. Ma in Italia parlare di autorità è apologia di fascismo, è negazione di democrazia, è offesa alla libertà.
Ora, a pagare – ma con un po’ di fumo negli occhi – sono solo i Casamonica, i quali un po’ per tradizione rom un po’ per jattanza mafiosa si sono fatto con le loro esagerazioni un colossale autogol. Intendiamoci, nemmeno loro pagheranno come dovrebbero; non si capirebbe perché finora nonostante gli arresti e i sequestri di beni e di soldi sono ancora lì a fare i re di Roma, sia pure in compagnia di altri tre o quattro loro pari. E’ probabile che qualche “reprimenda” la subiranno proprio dai loro consimili per aver rotto la pax mafiosa.
Vedrete, passata la festa, gabbato il santo. Tutto tornerà come prima, fino al prossimo sfregio civile. Accadrà, accadrà ancora di vedere in Italia spettacoli simili e peggio, perché in questo paese “cosa fatta capo ha” – diceva Malaparte, ma capo di che? 

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