Ma davvero in questo paese si può
essere così ipocriti da indignarsi per cose assolutamente abituali? I funerali
di Vittorio Casamonica a Roma, giovedì, 20 agosto, sfarzosi e pacchiani, nel
più vieto stile hollywoodiano, con carrozza trainata da sei cavalli, elicottero
che dall’alto semina petali di rose rosse sulla bara all’uscita dalla chiesa, Roll
Royce e tanti vigili urbani impegnati a deviare il traffico dalla zona per non
intralciare la messinscena, sono la logica e perfetta conclusione di un modo di
essere in Italia che chiama e coinvolge tutti (iperbole). Sicché la finta
indignazione di giornalisti e politici, intellettuali e persone comuni, indigna
– questa volta a ragione – quei pochi (realtà) che vedono ogni giorno e in
mille cose che accadono in questo paese i segni di quei funerali, di quel
potere ostentato, di quella sfida allo Stato.
Che cosa sono l’approssimazione,
la noncuranza, l’abituale violazione dei regolamenti da parte degli italiani,
di tutti gli italiani (ancora una volta iperbole), se non i presupposti di
quell’insulso spettacolo? La spazzatura in pubblico, le buche per strada, i
divieti di traffico e di velocità continuamente violati, gli ascensori pubblici
che si fermano, i pass falsi, le carrozze delle metropolitane senza
condizionatori d’aria, le spiagge abusivamente occupate, i muri cittadini
imbrattati, la schifezza diffusa sono elementi che non solo appartengono alla
stessa cultura di quei funerali ma ne costituiscono la premessa. Sono piccole
cose d’immenso significato. Ma poi ci sono le cose immense, enormi di questo
nostro incredibile paese, come la legittimazione del fatturato delle attività
illecite considerate nel Pil del paese per poter stare nei parametri europei,
dalla stessa Commissione Europea approvato. Il che significa che perfino
l’Europa accetta ormai, come fenomeno ineliminabile, quel che non dovrebbe mai
accettare, ossia quella parte di prodotto interno lordo di provenienza
illecita, frutto di attività illegali e criminose.
Il modo di essere degli italiani,
così condannato a parole dagli italiani – lo leggiamo nei giornali e nei libri,
lo sentiamo alla televisione da politici e opinionisti – ma poi così difeso ed
esercitato dagli stessi italiani quale inimitabile modo di essere nel mondo – liberi,
tolleranti, creativi, buoni; ovvero sciatti, cialtroni, opportunisti,
menefreghisti – porta, nel senso che produce, disamministrazione, mafia,
delinquenza, degrado. E’ un fenomeno in cui le premesse sono allo stesso tempo
conseguenze: l’effetto produce a sua volta la causa, in un ciclo in cui alla
fine è quasi impossibile individuare i termini e i tempi della catena.
Si dice che Vittorio Casamonica
fosse uno dei capimafia più potenti di Roma. Chi doveva saperlo, lo sapeva da
anni. Nel 2012 furono circa quaranta gli arrestati di quel clan, con sequestro
di soldi e di beni.
Domanda ai sigg. Ministro dell’interno,
Sindaco, Prefetto e Questore di Roma: perché non si teneva sottocontrollo la
famiglia, sia per gli aspetti legali che per quelli etici e di costume? Non si
poteva immaginare che i funerali del capo si sarebbero potuti trasformare
nell’occasione buona per far dire a questa gente: è morto il re di Roma, il potere
continua ad essere nostro, qui comandiamo ancora noi? Risposta: sicuramente sì,
se non fosse che in questo paese tutto scorre alla buona, nell’infingardaggine,
spontanea e perseguita, di chi dovrebbe vigilare e provvedere e invece se ne
fotte nell’irresponsabilità assoluta.
Domanda, questa volta al Papa,
che è anche Vescovo di Roma: signor Papa, che a giorni alterni dici di voler
scomunicare i mafiosi ma poi non scomunichi nessuno, che inviti a peccare,
tanto il Signore non si stanca mai di perdonare, mentre i tuoi vescovi e i tuoi
parroci non devono permettersi di giudicare, che pensi del Casamonica che nella
gigantografia esibita sembra più papa di te, con la croce che gli pende sul
petto, in abito bianco che sovrasta San Pietro e il Colosseo e si accinge ad
approdare in paradiso? Risposta: in fede mia non so immaginare una risposta. Bisognerebbe
venire dalla fine del mondo per immaginare cose dell’altro mondo.
Il tam tam delle indignazioni
continuerà per qualche giorno, il tempo per parlare d’altro, del ritorno a casa
dei vacanzieri, dell’inizio della nuova stagione lavorativa, della riapertura
dell’anno scolastico all’insegna dell’ennesima minchiata governativa, la “buona
scuola”: poi, più niente, come è successo tante altre volte.
Del resto vediamo in ogni parte
d’Italia ormai, una volta nel solo Mezzogiorno, che mentre si inaugurano
strutture con gli immobili sequestrati ai mafiosi, altri mafiosi o magari gli
stessi, coperti da prestanomi, comprano e costruiscono altri immobili, in un
giro che fa pensare, per la sua ripetitività, alle storie dei fumetti, coi
personaggi fissi: coi Paperon dei Paperoni e la Banda Bassotti ,
Topolino e Zio Paperino, Gastone e i nipotini Qui Quo Qua. E’ mai cambiato
niente in quelle storie di Walt Disney? Niente. Così in Italia: si arrestano
capi e pericolosi latitanti – spesso perché non servono più a niente e vengono
bruciati dagli emergenti – e si consente ad altri di imporsi al loro posto più
forti e arroganti, più minacciosi e sfarzosi.
Ecco perché i funerali di Vittorio Casamonica, così esibiti e sbattuti
in faccia agli italiani, in realtà men che indignare non sorprendono nessuno. Tranne
i professionisti dell’indignazione.
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