C’è del nervosismo nella Chiesa.
Il Papa le spara sempre più grosse. Respingere i migranti è un atto di guerra.
Da parte di chi e contro chi? Le guerre si fanno tra Stati, non tra masse
informi e anonime di gente. Non sa quel che dice, parla come un veterocomunista
che non ha mai visto mondo. Diventa minaccioso perfino quando prega la Madonna
per accogliere i poveri e gli umili e sbaragliare i ricchi e i superbi (Angelus del 15 agosto).
Ben strano il suo guevarismo. Il
testo della sua enciclica “Laudato si’…”
è in testa alle classifiche dei libri più venduti; i suoi gadget vengono
pubblicizzati perfino dalla televisione; in ogni edicola è pieno di
pubblicazioni delle sue case editrici. E’ un business formidabile. Questo papa è
una macchina di soldi, ben più dei suoi predecessori. Spara a zero contro i
soldi e intanto ne produce in quantità industriali, da autentico capitalista.
Il suo verbo, plebeo e risentito,
sta creando nella Chiesa non pochi malumori, soffocati ma non eliminati. Quando
Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, se ne esce con certi improperi
e ingiurie contro dei politici, che fino a prova contraria rappresentano le
istituzioni dello Stato, delle due l’una: o vuol lanciare un messaggio al Papa
di smetterla e di lasciare agli “inferiori” di accapigliarsi coi politici o ha
perso la testa nella confusione generale che regna nella Chiesa italiana da
quando è giunto questo papa dai confini del mondo.
La Chiesa deve fare la Chiesa. E ’ tanto
difficile capire che lo Stato deve fare lo Stato? E che quel che deve fare lo
Stato non è esattamente quello che vuole fare la Chiesa? Non è difficile
capirlo. Ma la Chiesa ha dei flussi di memoria, che le creano illusioni di
cesaropapismo; diventa arrogante e minacciosa; soprattutto ricattatoria. Sa che
i politici italiani pendono da sempre dalle sue labbra. Sa che la politica
italiana è in crisi, che non ha un solo suo rappresentante autorevole e
credibile. Ne approfitta per ricattare l’azione del governo, del parlamento,
delle istituzioni. Cerca di sfruttare il momento suo buono; dopo, chissà che
cosa può accadere. Perfino Salvini che aveva ragione di rispondere al papa per
come avrebbe meritato si è astenuto per non sentirsi a quell’altezza – così ha
detto – e a Galantino ha risposto in modo morbido, da mezzo chierichetto.
Si può essere favorevoli o
contrari alla politica del governo italiano verso l’immigrazione. Non è questo
il punto. Nessuno può essere favorevole senza condizioni, a parte il Papa, che
parla senza cognizione temporale. Ma è un fatto che né la maggioranza di
governo né l’opposizione elaborano uno straccio di rimedio a quella che è
un’autentica invasione, i cui effetti devastanti si vedranno di qui a qualche tempo.
Certo, non è solo una questione
italiana. Ben lo vediamo. E’ una questione europea e mondiale, di non facile
soluzione. In altri tempi si sarebbe già tentato di risolverla con la forza,
non respingendo i barconi dei migranti, ma creando nelle loro terre le
condizioni perché questi potessero vivere in pace e nel progresso, mettendo
fine alle lotte tribali, alle dittature e dando concreti aiuti di ogni genere a
quelle popolazioni. Ma dopo settant’anni
di pace e di rifiuto della guerra non è opzione neppure da considerare alla
lontana. Vediamo che perfino a quattro passi da noi le soldataglie dell’Isis,
in Libia, spadroneggiano, uccidono, distruggono sotto gli occhi della comunità
internazionale. Le ambasciate chiudono. Gli Europei scappano con la coda tra le
gambe, come cani bastonati.
La grande illusione delle
democrazie occidentali è che la guerra per non volerla è sufficiente
conoscerla. Invece la guerra, che lo si voglia o meno ammettere, è un’opzione
da tenere sempre pronta. Si tratta casomai di gestirla nella maniera più
opportuna.
Ci chiediamo fino a che punto
dovranno arrivare i signori della guerra per provocare la giusta reazione
dell’Occidente. Dobbiamo aspettare attentati sulla Cupola di San Pietro, alla
Porta di Brandeburgo, a Westminster, alla Torre Eiffel? Dobbiamo aspettare
stragi su stragi nel cuore delle nostre città, delle nostre stazioni, delle
nostre metropolitane, dei nostri musei, delle nostre chiese? Dobbiamo aspettare
che si arrivi a tanto?
La Chiesa non può predicare
guerre, ma non può favorire le politiche di chi le guerre le fa in maniera
ricattatoria e con prospettive di conquista di civiltà. C’è da rimanere
trasecolati dalla noncuranza della Chiesa cattolica all’invasione islamica
dell’Italia e dell’Europa. Di qui a non molto i cattolici finiranno per
sentirsi discriminati in casa loro. E se una prospettiva del genere la si vuole
considerare benzina sul fuoco della propaganda di destra, allora terra-terra ci
chiediamo: che fanno qui tante moschee, parafrasando il manzoniano dell’Adelchi “che fan qui tante pellegrine
spade?”.
A noi laici la questione della
fede può interessare poco o punto; ma purtroppo non è solo questione di fede. Qui
ci stanno cambiando tutto, ci stanno facendo diventare altro, non per buoni motivi,
non per farci crescere, non per prospettive di miglioramento; ma per
pusillanimità, per viltà, per quel poltronismo borghese che tanti guasti ha
provocato nel passato all’Europa quando non affrontava i problemi con tempestività e
determinazione e lasciava che diventassero enormi e catastrofici, come le due
guerre mondiali hanno dimostrato. Ci avviamo al peggio!
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