Ci sono tre importanti
opportunità per la politica di dimostrare che si vuole veramente cambiare per quanto
riguarda il rispetto della legalità, che le parole spese in campagna elettorale
non sono le solite chiacchiere, tante volte propinate ai cittadini.
La prima è la questione De Luca ,
neo governatore della Regione Campania, che, in base alla legge Severino, deve
essere sospeso. La seconda è il rispetto della sentenza della Corte
Costituzionale sul rimborso ai pensionati per il blocco della indicizzazione
voluto dal governo Monti. La terza è la gravissima questione di “Mafia capitale”,
che sta rivelando un marcio ben oltre quello che in un primo momento si pensava
che fosse.
Nel primo caso non ci sarebbe
nulla da obiettare. C’è la legge, deve essere applicata. Ha detto di recente
Massimo Cacciari: “Allo stato la legge è chiara: non capisco come possano
sfangarsela con l’elezione di De Luca o presentando persone che sono
chiaramente incompatibili con le norme approvate. Se la Severino è sbagliata,
Renzi la cambi; ma finché è in vigore, siamo in una situazione di
illegittimità”. (“Corriere del Mezzogiorno”, 5 giugno).
La cambia, professore? Così, di
punto in bianco, siccome a subirne le conseguenze è il suo partito? Eh, no. In
ragione della legge Severino, Berlusconi perdette il seggio al Senato; e non fu
certo solo questo il danno, ma anche e soprattutto l’umiliazione subita da un
personaggio così importante da lambire le istituzioni che aveva rappresentato.
Berlusconi fu fatto fuori con estrema disinvoltura da quattro (il riferimento è
alla Commissione che ne decretò la cacciata) parlamentari che se pure
moltiplicati per se stessi non raggiungono una unità considerevole del livello
dell’ex Cavaliere. Perciò, De Luca deve essere sospeso o, in caso contrario,
non è la legge Severino
che impera in Italia ma la legge Pulcinella. Solo la sua applicazione
sistematica può nobilitare la grande cacciata dal Senato di un più volte
Presidente del Consiglio. Va dato atto che Renzi ha dichiarato che non ci sarà
nessun aggiustamento della legge in favore di De Luca. “Noi – ha detto –
non facciamo leggi ad personam”. Ma
non si può tacere sul comportamento truffaldino del Pd, di cui Renzi è
segretario nazionale. Il Pd ha fortemente voluto De Luca a candidato, pur
sapendo che per la
legge Severino non poteva fare il governatore, per poter
vincere le elezioni, strappare un’altra regione al centrodestra. E De Luca ha
vinto, sia pure di poco e soprattutto coi voti di transfughi di destra. Una
storiaccia, che nessuna sospensione di De Luca può cancellare. Una storiaccia
scritta anche da Renzi.
Nel secondo caso, la questione è
ancor più dirimente: lo Stato deve applicare le sue leggi anche quando gli
costano dei soldi importanti. E’ inutile entrare nel merito della sentenza
della Corte Costituzionale, appigliarsi al danno finanziario derivante
dall’applicazione di quella sentenza, recriminare per una sentenza diversa che
non c’è stata. Cosa fatta – diceva Malaparte – capo ha. Anche qui se il governo
pensa di uscirsene con il “bonus” del primo di agosto e solo per alcune fasce
di pensionati, come Renzi ha fatto sapere, dimostra di essere il primo a non
avere rispetto delle leggi.
Quanto al terzo caso, quello di
“Mafia capitale”, la via d’uscita è obbligata: il sindaco di Roma Marino deve
dimettersi, per poter azzerare tutto e iniziare un percorso nuovo, sperando che
gli addentellati emersi con la Regione, governata dal dem Zingaretti, e con lo
stesso governo per via del sottosegretario Ncd Castiglione, siano poco
rilevanti. La tesi secondo cui tutto il marcio è incominciato col Sindaco
Alemanno e che col Sindaco
Marino è iniziata l’operazione bonifica è smentita dai nomi
dei coinvolti e dalle date che rimandano a precedenti amministrazioni, tra cui quella
di Walter Veltroni. Ma c’è una ragione che dovrebbe convincere tutti a che
Marino lasci ed è quella paventata dal Prefetto di Roma Gabrielli, il quale
potrebbe sciogliere il Consiglio Comunale romano per mafia. E questo sarebbe
veramente il massimo dello scorno nazionale.
E’ soprattutto sul fronte della
legalità che il sistema Italia rischia di precipitare. Ormai è acclarato che la
corruzione è diffusa a tutti i livelli, che non c’è luogo della pubblica
amministrazioni dove non si lucri. E’ un dato di fatto che la politica non ha
gli anticorpi per uscire da questa sua caduta verticale.
Sbaglieremmo se dicessimo, però,
che tutti i politici e a tutti i livelli sono corrotti. E’ sui pochi o molti
politici onesti e determinati che il Paese conta di superare la difficile
congiuntura morale. Il rispetto della legalità è prioritario al punto che
concedersi anche la più innocente e insignificante delle flessioni può mettere
in dubbio la limpidezza dei propositi.
Ecco perché la difesa della
giunta Marino a Roma da parte del Pd è assolutamente inopportuna e nociva. Qui
non si tratta di procedere al rispetto della legalità senza venir meno agli
interessi di parte, ma al contrario è necessario dimostrare di anteporre agli
interessi di parte il trionfo della legalità, senza sotterfugi e calcoli.
Renzi, dopo il voto alle
Regionali, al di là dei suoi consueti toni trionfalistici e della riduzione del
risultato politico alla stregua di una partita di calcio, ha subito una battuta
d’arresto, che non è sfuggita all’inglese “The Economist”, che ha commentato:
Renzi “ha perso smalto” e non può davvero fare in Italia quello che la Thatcher
fece ai suoi dì in Inghilterra.
La prova della legalità perciò è
fondamentale non solo per Renzi ma per tutta la politica italiana se si vuole
riportare nel Paese quell’entusiasmo partecipativo della Prima Repubblica, se
si vuole far recuperare agli italiani la fiducia nelle istituzioni.
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