domenica 5 aprile 2015

Buona Pasqua a tutti, tranne che a Berlusconi


Non è una buona Pasqua per Silvio Berlusconi, abbandonato perfino dai suoi cantori più appassionati. L’addio “non silenzioso” della coppia Bondi-Repetti lo ha ulteriormente avvilito.
Berlusconi, che per certi aspetti è una persona scaltra ed esperta (leggi affari), per altri (leggi politica) è un ingenuo. Non so se abbia mai letto e conosciuto le vicende politiche di tanti grandi uomini della storia, osannati come divinità e poi abbandonati vilmente come cani rognosi. Qualche esperienza l’ha vissuta di persona, ma forse pensava che non sarebbe mai toccato a lui, pur con qualche avvisaglia avuta. Se avesse avuto conoscenza di simili metamorfosi umane avrebbe fatto altri ragionamenti invece di considerarsi ancora grande e forte al centro della scena, mentre tutto gli crollava accanto.  Oppure – ipotesi non meno attendibile di altre – ha deliberatamente deciso di fare del suo partito le sue Termopili.
A sentirlo, in questi giorni, viene di pensare che sia completamente fuori dalla realtà. Minaccia che dopo le elezioni, a cui deve cedere necessariamente qualche punto della sua leadership, rinnoverà Forza Italia e allora o dentro o fuori, chi ci sta ci sta. Non prevede che forse a quel punto ci sarà assai poco da tenere dentro o da mandare fuori.
I sondaggi danno Forza Italia al quarto posto, dopo Pd, M5S e Lega. Nello scenario il re Silvio è un cacicco, il capo di una piccola banda di specie latino-americana. I suoi fedelissimi – si fa per dire – gli stanno sul collo solo per la loro vocazione avvoltoiesca, aspettano di impadronirsi della carcassa. A che cosa potrà loro servire non si capisce. Boh, forse per cimelio, come una testa di cervo da appendere  trionfalmente alla parete di qualche loro baita di montagna.
Quando da qualche parte si dice che il comportamento migliore, più onesto e più produttivo sarebbe di rimanere dentro il partito, sia pure in posizione critica, si dice una grande e buona cosa. Prevedere, infatti, rosei successi fuori da Forza Italia per i tanti capi e capetti che sgomitano, è francamente arduo. Eppur si va verso il peggio come su un piano inclinato.
Non mancano le ragioni. Per troppo tempo si è rimasti a fare la parte della maschera fissa nella speranza che all’interno del partito le cose sarebbero cambiate. Di cose ne sono successe tante, ma nulla è cambiato. Forza Italia ha perso il carico poco alla volta come una cisterna bucata.
Si capisce allora che ad un certo punto era necessario assumere atteggiamenti forti. Incominciò Casini, continuò poi Fini, poi Alfano, ora Fitto. Di Casini si poteva capire, aveva una storia politica completamente diversa, Forza Italia o la Casa delle Libertà non erano la sua casa; si sentiva un ospite non sempre desiderato. Con Fini le cose sono andate in maniera sbagliata da entrambe le parti. Berlusconi non poteva pretendere che un altro, che veniva da una storia diversa anche lui – e che storia! – dovesse accodarsi ai suoi umori; Fini, da parte sua, non poteva accelerare i tempi di una successione non avendo capito di avere a che fare con uno che di lasciare l’osso non ne voleva proprio sapere. Alfano, che gli è stato fedele fino quasi all’ultimo, ad un certo punto perfino offeso e umiliato, quando il capo gli disse formalmente che non sarebbe mai diventato suo successore non avendo il “quid” per esserlo, decise di emanciparsi e di restare nel governo, dove aveva fatto esperienza di quel “bel vivere”. Fitto aveva sperato anche lui di succedere a Berlusconi con qualche probabilità in più, essendo spariti nel frattempo tanti concorrenti. Sennonché Berlusconi tornò a fare anche con lui quel che aveva fatto con gli altri, gli buttò fra le gambe, mentre Fitto correva, il Toti di turno, un altro programmato a riprendere un ruolo già collaudato come un pezzo di ricambio. Il pezzo da ricambiare era appunto Fitto, offeso pure lui – e ben più gravemente – dal dominus.  “Figlio di un vecchio democristiano” fu bollato da uno che nei confronti dei vecchi politici non aveva mai avuto parole di stima e di apprezzamento, salvo che per De Gasperi, considerato la sola icona spendibile per il suo successo personale. Ma sapeva chi era stato De Gasperi?
A ben vedere Berlusconi non si è mai smentito, ha fatto per ben quattro volte lo stesso gioco: Fini per far fuori Casini, Alfano per far fuori Fini, Fitto per far fuori Alfano, Toti per far fuori Fitto. E qui finisce la corsa.
Fitto, infatti, sta facendo passare a Berlusconi la più brutta Pasqua della sua vita. Non è una bella situazione quella pugliese, con un candidato, Schittulli, che viene tirato da due parti contrapposte. Alla fine icuramente la diatriba si risolverà; quanto per il bene di tutti è da vedere. Il vincitore alla presidenza della Regione probabilmente sarà il dem Emiliano. Ma la partita per la Regione per Forza Italia è secondaria. I cosiddetti azzurri, ormai sbiaditi, sanno di perdere le elezioni e allora il confronto, serrato cattivo esclusivo, riguarda il controllo del partito o l’inizio di nuove esperienze politiche. Almeno allora e per allora si spera in qualcosa di meglio. Per la Destra, ovviamente e per l’Italia.  Buona Resurrezione!

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