domenica 1 marzo 2015

La destra italiana in un vicolo cieco


La manifestazione dei “ricostruttori” organizzata da Raffaele Fitto a Roma, domenica 22 febbraio, ha ribadito un punto, che è cruciale: in Forza Italia stiamo e in Forza Italia vogliamo restare, nello stile più classico: hic sumus et hic manebimus optime.
Ma in Italia – si sa – il linguaggio della politica è sempre biforcuto, si dice una cosa ma se ne pensa un’altra. Un linguaggio che non piaceva agli ingenui pellerossa d’America, come sanno tutti gli appassionati di fumetti degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, che scorrazzavano nelle praterie con Tex Willer e Kit Carson. Questo linguaggio – a dire il vero – non piace nemmeno a chi ingenuo non è e dalla politica s’aspetta ogni tanto qualche indicazione, se non chiara, almeno chiarosimile.
Che cosa possono pensare Fitto e “ricostruttori” al di là di quello che dicono? Per esempio, che Berlusconi prima o poi compia il gesto sbagliato di espellerne qualcuno e di apparire quello che è sempre stato ed è: uno che non tollera che nel suo partito qualcuno si opponga alla sua politica personale. Ci sarebbe in quel caso una frattura, seguita da codazzi legali, poiché – a quanto pare – nello statuto di Forza Italia non è prevista la sanzione estrema dell’espulsione. A come stanno le cose, con le continue minacce, più o meno vellutate e più o meno raspose, da una parte e dall’altra, è difficile che si possa ricomporre il vaso. I cocci sono stati calpestati e i pezzi non combaciano più.
Berlusconi da qualche tempo – diciamo dopo la rottura del “Patto del Nazareno” – è tornato sulla griglia giudiziaria per iniziativa della Procura di Milano. Di qui la sua irritazione maggiore nei confronti di Fitto. Si rende conto di aver bisogno di un partito che marci a ranghi serrati, compatto ai suoi ordini e interessi, e invece deve vedersela con rogne interne crescenti. I giudici lo attaccano per la faccenda di Ruby, che non è affatto chiusa, come sembrava dopo l’assoluzione dall’aver fatto sesso con una indatabile minorenne. Resta in piedi Ruby ter con l’accusa di favoreggiamento della prostituzione, per quella bella maison du plaisir delle cosiddette olgettine.
La musica – come si può constatare – non cambia. Un partito, un governo, un paese, milioni di elettori dipendono dalle vicende giudiziarie di un uomo solo. A questo punto – ma già da un po’ di tempo, a dire la verità – non conta più se Berlusconi ha ragione o torto, conta che per simili accuse si tiene in quarantena un universo politico di cittadini e di elettori di centrodestra.
Dipendere dall’ex Cavaliere per questioni giudiziarie è vergognoso; aberrante prima ancora di essere assurdo se si considera che le accuse riguardano attività di vizio e di degenerazione, evitabilissime con un minimo di senso della decenza e del rispetto per se stesso e per il ruolo pubblico. Quand’anche Berlusconi avesse ragione e, a quanto finora è emerso, non ce l’ha, come si può concepire che il destino politico di tanti cittadini, di un paese intero, possa dipendere dalle sue vicende giudiziarie? Più si riflette in Italia sulle nostre cose politiche e più ci si rende conto dell’abisso che c’è tra noi e gli altri paesi europei. Non so in quale altro paese del mondo un uomo politico così screditato non si sarebbe dimesso da tutto, perfino dallo shopping e dal passeggio pubblico.
Ora Fitto, il nuovo uomo di Maglie – il vecchio era Moro – insiste, tiene duro. La sua partita è importante per i suoi portati politici ed etici. Quando chiede l’azzeramento dei vertici di Forza Italia, che vuol dire messa da parte dei responsabili della politica disastrosa del “Patto del Nazareno”, in realtà chiede la messa da parte di Berlusconi, perché è di tutta evidenza che quei signori responsabili hanno semplicemente agito in suo nome e per suo conto. Ecco perché la partita non può finire con un pareggio. Toti, Romano e gli altri fanno finta di non capire quando insistono nel dirsi disposti a dar ragione a Fitto sul “Patto del Nazareno” e ad offrire a lui e ai suoi posti importanti nel partito e nelle liste. Proposte oscene, perché se pure fatte con mezzi diversi, il criterio che le sottende è quello del baratto.
La questione è assai più radicale, deve essere più radicale. Si tratta di voltare pagina per cercare di ricostruire un nuovo centrodestra, che non dipenda più da un uomo, dai suoi affari economici, dalle sue vicende giudiziarie. E che tanti in Forza Italia non lo capiscano o che facciano finta di non capirlo è di una gravità estrema, poiché rischiano di consegnare al centrosinistra, variamente articolato, il paese per chissà quanti anni altri ancora.
Si dice che i fedelissimi berlusconiani, restando attaccati a lui, in buona sostanza pensano a salvare se stessi, come ostriche che restano attaccate allo scoglio, secondo il mito del Verga. Ma, pur mettendo da parte ogni riserva morale, il consegnare la propria coscienza politica alle malefatte altrui nella speranza di durare ancora qualche anno o mese sulla scena politica è davvero cosa inutile per sé e dannosa per gli altri.
L’elettorato di centrodestra è oggi frantumato. Raccogliere i frantumi in politica è più facile che raccogliere i soggetti interi, come il vento che trasporta le foglie secche ma non i tronchi. La Lega di Salvini sta prosciugando tutto il prosciugabile, come ha evidenziato la manifestazione romana di sabato 28 febbraio (Casa Pound, Sovranità, Fratelli d’Italia-An), ma non indica una prospettiva convincente. Solo un soggetto politico pensante e non urlante potrebbe ridare speranza a quest’elettorato, ricomponendo un partito rinnovato. Di questo partito Fi potrebbe tornare ad essere motore e guida solo se si liberasse dal peso di Berlusconi.    

Possibile che in Forza Italia non lo abbiano capito tutti? Possibile che si insista ancora su un uomo che a questo punto, meriti e demeriti a parte, sarebbe salutare per tutti che si mettesse da parte? Domande retoriche. La realtà dice purtroppo che le cose stanno così.

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