La gente di destra, genericamente
intesa, comunque che vota a destra, si chiede come andrà a finire tra
Berlusconi e Fitto o meglio tra Fitto e Forza Italia. E’ una sorta di tiro alla
fune, o tutti da una parte o tutti dall’altra, sportivamente, ma la fune alla
fine potrebbe spezzarsi e allora tutti a gambe all’aria. La metafora legge
immediatamente la realtà: si spezza o no?
La gente se lo chiede perché
vorrebbe recarsi alle urne e votare alla scadenza elettorale per le Regionali.
E’ sbagliato pensare che la gente non voglia più votare, che si è stancata di
farlo, che è schifata, come ormai certo populismo di maniera vorrebbe. Il voto
è il solo strumento che il cittadino ha a disposizione per contare qualcosa; se
vi rinuncia gli resta il giogo sulla cervice che lo costringe a camminare
guardandosi i piedi.
Per come si sono messe le cose,
la fune tirata da una parte da Berlusconi e dall’altra da Fitto non potrà che
rompersi, anche perché gli strappi che ha subito in quest’ultimo anno e
soprattutto in questi ultimi mesi di preparazione della campagna elettorale
sono stati tanti e tali che se pure dovesse reggere non servirà a lungo. Alle
ragioni politiche si sono aggiunte quelle personali, che, benché in soggetti
politicamente adulti ed esperti, un qualche lascito progressivamente usurante
lo hanno marcato. Qui da noi non si offende la famiglia, è colpa imperdonabile;
e Berlusconi lo ha fatto nei confronti di quella del rivale Fitto.
Fitto, dunque, dovrebbe
presentarsi alle elezioni con le sue liste. Con quali probabilità di successo è
tutto da vedersi. La situazione di conflittualità interna, che di fatto divide
Forza Italia, potrebbe nuocere a ciascuno dei due candidati e avvantaggiare
Emiliano, candidato dello schieramento di centrosinistra. Senonché anche a
sinistra non sono pochi i problemi interni, anche se in questo schieramento si
è più abituati a trovare l’accordo pur di vincere le elezioni. A lume di naso
se in Forza Italia non si giunge ad un ricompattamento l’esito delle elezioni è
scontato.
La sfida in Forza Italia, dentro
o fuori di essa, anche nervosa per molti aspetti, assume importanza per due
ragioni. La prima sul piano nazionale; la seconda su quello regionale. Sul
piano nazionale appare – e non da ora – che Berlusconi voglia fare come il
personaggio protagonista de “La roba” di Giovanni Verga, il povero arricchito
Mazzarò, il quale, giunto al termine dei suoi giorni, prende un bastone e
incomincia a colpire quanto gli capita a tiro, urlando “roba mia, vienitene con
me”, non volendo lasciare ad altri il frutto dei suoi sudori. E’ significativo
che molti, sia per approvare sia per stigmatizzare un simile comportamento,
dicano che Forza Italia è il partito suo personale e che pertanto se non è
giusto è normale che venga usato a suo interesse o vantaggio. Chi gli sta
attorno e lo sostiene in questa procedura liquidatoria non lo fa perché
convinto che abbia ragione ma solo per calcolo, per posizione vantaggiosa
acquisita. Ma se Forza Italia non aveva respiro ai suoi dì migliori, figurarsi
oggi. Fitto, certo ormai, che per Berlusconi restano giorni di perdurante
sofferenza politica e giudiziaria, si è posto come “ricostruttore”. Un ruolo
direi talmente importante e scontato che se non ci fosse bisognerebbe
inventarlo; però gli viene contestato dagli epigoni berlusconiani
settentrionali. A torto? A ragione? Un po’ e un po’. Si può capire. Stiamo
parlando di politica, dove tutto è di tutti.
Quelli che hanno sicuramente
torto – parlo dei berlusconiani – sono i pugliesi, i quali in questo tiro alla
fune stanno facendo il gioco sia di Berlusconi e sia dei suoi successori
settentrionali. In questo senso la sfida è importante sul piano regionale.
Non conosco Vitali, l’attuale
responsabile regionale di Forza Italia; ma se la storia non passa invano e
lascia sempre qualche indicazione di percorso e qualche testimonianza, c’è da
pensare che tanta fedeltà al signore di Arcore crea qualche dubbio. Per carità,
nessuna allusione, né piccola né grande, ma solo una riflessione generale.
Tutti, dai più grandi ai più piccoli
sostenitori di Berlusconi, da Previti a Lavitola, da Tarantini a De Gregorio,
dalla Minetti alla Ruby, da Emilio Fede a Lele Mora, hanno lasciato da dove
sono passati una trascina non proprio di fiori né di opere di bene.
Comunque si vogliano valutare le
cose berlusconiane, i suoi fedeli pugliesi stanno arrecando un danno alla loro
terra, i cui interessi non possono coincidere con quelli di Berlusconi, né
possono essere demandati ad altri che non siano pugliesi. Forza Italia oggi può
fare davvero poco per l’Italia, pochissimo per le regioni settentrionali, nulla
per quelle meridionali. E’ una constatazione di fatto, che va oltre i torti e
le ragioni dei singoli. Di qui la necessità di ricostruire in loco qualcosa di
importante per ripartire. Sarebbe stato preferibile ripartire con un partito di
dimensione nazionale come Forza Italia, ma in considerazione del fatto che
questo partito ormai è uno strumento politico di pressione o di contrattazione
personale di Berlusconi, allora non si può remare contro chi sta cercando di
ridare all’elettorato di centrodestra la ragione e l’entusiasmo per andare a
votare.
Se, per remota e disgraziata
ipotesi, di qui alle elezioni, non si dovesse trovare una soluzione produttiva,
allora sì che i pugliesi potrebbero arrabbiarsi. E’ già accaduto, sia pure a
livello comunale, che per i contrasti tra vari personaggi o correnti si è
giunti alle elezioni del tutto impreparati, senza liste e senza niente, lasciando
intere realtà comunali senza rappresentanza politica, con gravissimo danno non
solo dell’elettorato di centrodestra ma anche delle stesse istituzioni,
deprivate di una componente essenziale di dibattito e di confronto. Che accada
in campo regionale è improbabile, ma se si giunge in ordine sparso il risultato
è pressoché lo stesso.