Se uno ogni tanto trasecola vuol
dire che è un individuo trasecolabile? Non lo so, so che io sono uno che
trasecola. Non ne meno vanto, ma neppure mi abbatto. Colgo l’aspetto buono, che
è di avvertire il pericolo quando sta per arrivare.
Io il pericolo islamista l’ho
avvertito, come tanti altri in Italia e nel mondo, anche se molti fanno finta
di non avvedersene. Una volta da noi si diceva che non si crede al santo finché
non se ne vede la festa; ora la festa è arrivata. Ce n’è altra di gente, che, per partito
preso, continua a dire che c’è un Islam buono e un Islam cattivo e che per
quello buono dobbiamo prendere le legnate da quello cattivo.
Fuori dalle celie, mi chiedo:
come si fa di fronte alla minaccia concreta, che ormai riguarda l’intero
pianeta, da parte dell’islamismo radicale, uscirsene coi soliti distinguo: ma
la civiltà islamica, la vera, non vuole la guerra, non vuole l’egemonia, non
vuole la prevaricazione; è invece per la pace, per l’incontro, per la
collaborazione, per il vivi e lascia vivere? Dicevo, come si fa, quando ci sono
nel mondo, in zone caldissime, focolai di guerre con scene di esecuzioni di
massa, di raccapriccianti singoli sgozzamenti, con reclutamento nei paesi
occidentali, ormai in preda ad una classe dirigente ideologicamente rimbambita,
di terroristi pronti a morire per il Jihad? Mi viene alla mente l’immagine
plastica di Cassius Clay, di quel grandissimo pugile, peraltro divenuto
musulmano col nome di Muhammad Alì, che, mentre prendeva sassate micidiali in
faccia dal suo avversario Joe Frazier, rivolto al pubblico continuava a far
segni come per dire: no, non è niente, sono carezze. Finì al tappeto. E dopo è
finito peggio.
Certo, non è elegante attaccare
chi per anni ha predicato la cultura meridiana del vogliamoci tutti bene perché
è nel bene che si coltiva il progresso, lo sviluppo, la pace; quella pace che è
da sempre nel nostro dna – dicono. Come se il Mediterraneo non fosse stato nei
millenni un mare di guerre, di scontri armati epocali! E, certamente, anche di
pace. No, non è stato elegante Gianni Donno sul “Corriere del Mezzogiorno” del
28 scorso, quando con stringenti argomentazioni ha invitato i meridianisti del
multiculturalismo, presente financo – dicono loro – nel mosaico della
Cattedrale di Otranto, a darsi con la pietra in petto. E ha dimostrato di avere
la coda di paglia e poche idee Onofrio Romano, che sullo stesso giornale, il
giorno dopo, ha usato frasi tanto vuote quanto sprezzanti nei confronti di chi
dice: signori, basta con le chiacchiere, qui siamo in piena aggressione
islamista, non potete continuare a dire che l’Islam è per la pace quando bande
di milizie armate in alcuni territori arabi si abbandonano a stragi
orripilanti, ad esecuzioni spettacolari e raccapriccianti, quando la pancia dei
paesi di civiltà giudaico-cristiana è piena di terroristi islamici.
Non è tutto l’Islam responsabile?
E chi dice che è tutto l’Islam? Si rifletta sul visconte dimezzato di Italo
Calvino: in ogni uomo una metà è buona e una cattiva. In ognuno si può
risvegliare la parte cattiva e magari un povero migrante raccolto in mare e
salvato, e in un primo momento sinceramente grato a chi lo ha salvato, può
benissimo sentirsi emergere dentro l’islamista malvagio fino ad allora dormiente.
Non è malanimo vedere in ogni buon uomo islamico in atto un terrorista islamico
in potenza. Gli esempi quanto meno ci inducono a riflettere.
La nostra storia ci ha insegnato
che ci sono periodi di pace e periodi di guerra. Il tempio di Giano si apriva e
si chiudeva a seconda se c’era in corso una guerra o se si trascorreva un
periodo di pace. E il leone di San Marco non aveva ora il libro ora la spada?
Significa che nella nostra millenaria civiltà non c’è persona che non ami la
pace, ma quando arriva il momento del difendersi o soccombere, allora occorre
combattere. Non è peccato, non è reato: è un diritto naturale, che
dall’individuo si trasferisce ad un popolo, ad una civiltà.
Il problema che si pone oggi è di
assumere comportamenti consequenziali all’emergenza in atto. Serve poco esibire
la propria cultura, la propria erudizione, per non dire nulla o solo per dire
aveva ragione chi vedeva il pericolo e torto chi non lo vedeva. Non si tratta
di aver torto o ragione, si tratta di non fare la fine peggiore. La civiltà
occidentale, che si riconosce nei valori giudaico-cristiani e nel modello
politico liberaldemocratico, deve intervenire come meglio è possibile per
scongiurare la bestia islamica che si è risvegliata, a causa delle incaute
politiche degli ultimi anni sia degli Stati Uniti d’America sia dell’Europa.
Solo degli illusi potevano gioire alle cosiddette “primavere arabe”; solo degli
incapaci e dei presuntuosi potevano destabilizzare i paesi mediterranei
dell’Africa senza prevedere il caos che sarebbe seguito.
Che fare, allora? Dichiarare
guerra al mondo avverso? Non facciamo i cretini! Per fortuna non siamo ancora
ad uno scontro alla pari, totale, ci sono margini di interventi circoscritti
nei luoghi ma con la stessa filosofia politica.
Dobbiamo solo cambiare la
politica finora seguita. Finora ci siamo lasciati guidare dalla dottrina di
Obama e di Sarkozy, del lasciare i popoli arabi inseguire improbabili primavere
o di eliminare dittatori che comunque in casa loro mantenevano l’ordine e avevano
con noi buoni rapporti di vicinato e di affari. Bene, da ora in poi cerchiamo
di seguire una politica più realistica, più concreta, più pragmatica,
finalizzata alla pace e all’incontro ma senza illusioni. Se non possiamo essere
per la pax romana, lasciamo perdere
anche la pax americana, e guardiamo
in faccia la realtà, soprattutto quella parte della realtà che al momento è più
brutta e più minacciosa. Ne avremo di che salvarci.