domenica 18 maggio 2014

Se Berlusconi piange l'Italia non ride

Il caso è grave ma non eclatante. La gravità dei fatti in Italia si è sciolta come un Alka Selzer. 
Si digerisce tutto e in pochissimo tempo.
In un libro di memorie l’ex Segretario al Tesoro statunitense Thimoty Geithner ha scritto che il governo Berlusconi cadde nel novembre 2011 per un “complotto” ordito in Europa. Gli americani, invitati a prendervi parte, non ne vollero sapere. Si può considerare questa testimonianza una sorta di excusatio non petita, un mettere le mani avanti a future rivelazioni. Tutto è possibile in politica.
Questa testimonianza, al di là del suo valore in sé, vale soprattutto nel contesto, già abbondantemente noto di quanto accadde in Italia e in Europa nel fatidico 2011. Nel contesto trova formidabili riscontri. Le recenti rivelazioni di Alan Friedman col suo libro “Ammazziamo il gattopardo” non sono state smentite. E non si tratta di fesserie, ma di testimonianze, che pesano come macigni; non pettegolezzi di cameriere e autisti, ma dichiarazioni di personaggi come Carlo De Benedetti, Mario Monti, Romano Prodi.
Va da sé che qui non si sta parlando di una vittima innocente. Un re – disse Robespierre chiedendo la testa di Luigi XVI – non è mai innocente. Berlusconi non è un re, ma il capo di un governo che aveva le sue colpe e le sue pesanti responsabilità, che aveva soprattutto una debolezza sua strutturale, dopo la defezione di Fini e del suo seguito. In gioco c’era la salute del Paese, che rischiava un tracollo dalle conseguenze rovinose. Ma un complotto è sempre un complotto, indipendentemente se volto al bene; cosa peraltro sempre discutibile in politica. Se poi è ordito da soggetti stranieri, in concorso con elementi nazionali, è molto più grave. Si è in presenza della violazione della sovranità nazionale per un verso; del tradimento bell’e buono per un altro da parte di chi quella sovranità doveva difendere e tutelare, a prescindere.
Berlusconi può aver fatto – e li ha fatti – numerosi e gravi errori; può essersi macchiato di colpe assai brutte per un capo di governo; può aver dato coi suoi comportamenti esempi pessimi a italiani e stranieri; può aver irritato capi di stato e di governo con le sue chiassate e con gesti assolutamente inopportuni e ai limiti dell’offesa; ci sta pure che un personaggio come lui venga combattuto sul piano politico senza esclusione di colpi; ma non v’è dubbio alcuno che è stato massacrato da forze non sempre legittimamente ostili, direi anzi a volte pregiudizialmente ostili, nazionali e internazionali, in cui figurano protagonisti politici, intellettuali, magistrati, giornalisti, conduttori televisivi, personaggi dell’alta finanza; a volte loschi figuri, beneficiati, forse corrotti, poi rivoltatisi contro, perfino con autoaccuse. Cose mai viste in un paese come l’Italia in cui nel corso della sua storia millenaria è accaduto proprio di tutto.
La tesi del complotto perciò se non è vera è verosimile. In una recente intervista Tremonti, il Ministro dell’Economia di quel governo, è tornato sull’argomento: «Ci venne chiesto di partecipare al fondo salva-banche con il 18 % del totale. E cioè l’equivalente della nostra percentuale di Pil europeo. Sarei stato d’accordo se si fosse trattato del fondo salva-Stati, ma visto che le banche italiane erano esposte al massimo per il 5 %, ci opponemmo. A parti invertite Germania e Francia avrebbero fatto lo stesso. A quel punto Jean-Claude Trichet, presidente della Bce, annunciò che la Banca europea non avrebbe più acquistato i titoli italiani, lo spread cominciò a volare e il governo Berlusconi si dovette dimettere» (“Sette” del 1° maggio 2014).
Stando a queste dichiarazioni, l’Italia di Berlusconi era contro la Francia di Sarkozy e la Germania della Merkel per una diversa valutazione su chi salvare: l’Italia voleva salvare gli Stati, la Francia e la Germania avevano interesse a salvare le Banche perché le loro erano più esposte. E sulle cause di dissidi tra l’Italia e questi due paesi si potrebbe cercare ancora in altri settori. In politica estera, per esempio. L’amicizia di Berlusconi col russo Putin non era ben vista dai partner europei e s’incominciava a temerla; gli screzi, che pure ci furono per l’aggressione disastrosa alla Libia, avevano fatto apparire Berlusconi una voce stonata nel coro europeo diretto dal duo Sarkozy-Merkel.
Sarà la storia, in tempi più distanti e sereni, a valutare le vicende del biennio 2010-2011, che portò alla crisi del governo Berlusconi e all’inizio di una stagione di anomalie democratiche. Ora prendiamo atto che se non ci fu proprio un complotto ci fu qualcosa che si somiglia. Parafrasando il reato di concorso esterno in associazione mafiosa si può dire che diversi soggetti italiani ed europei sono colpevoli del reato di concorso esterno in associazione antiberlusconiana. Qualcuno può cambiare “colpevoli” in meritevoli? E’ comprensibile, purché non si neghino i fatti in quanto tali; purché nel valutare il famoso ventennio berlusconiano si tenga conto delle enormi difficoltà in cui Berlusconi ha dovuto governare; difficoltà non solo politiche ed economiche. 

Ma se Berlusconi piange, i giudici di Milano non ridono. E non ride Napolitano, che rischia di diventare sempre più il Presidente-smentita: non sa mai nulla. No, non ride neppure D’Alema, che,  per quanti sforzi abbia fatto in questi ultimi anni per darsi arie di grande politico planetario, è rimasto il comunistello che era. Sprezzantemente gaudioso quando deve registrare la disgrazia di un avversario. Se pure complotto internazionale contro Berlusconi c’è stato – dice – ringraziamo i complottisti che ce l’hanno tolto di torno. Quanta storia italiana c’è nelle sue parole di ultras ribaldo! Quasi quasi incomincia a diventarmi simpatico Renzi, che gli ha rifilato tante di quelle scoppole da farlo gareggiare con la torre di Pisa. E soprattutto non ride l’Italia, che nei suoi tentativi di rimettersi in cammino somiglia sempre più a quel famoso cormorano impantanato nel petrolio del Golfo ai tempi della prima guerra contro Saddam Hussein.

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