Il caso è grave ma non eclatante.
La gravità dei fatti in Italia si è sciolta come un Alka Selzer.
Si digerisce tutto e in pochissimo tempo.
In un libro di memorie l’ex Segretario
al Tesoro statunitense Thimoty Geithner ha scritto che il governo Berlusconi
cadde nel novembre 2011 per un “complotto” ordito in Europa. Gli americani,
invitati a prendervi parte, non ne vollero sapere. Si può considerare questa
testimonianza una sorta di excusatio non
petita, un mettere le mani avanti a future rivelazioni. Tutto è possibile
in politica.
Questa testimonianza, al di là
del suo valore in sé, vale soprattutto nel contesto, già abbondantemente noto
di quanto accadde in Italia e in Europa nel fatidico 2011. Nel contesto trova
formidabili riscontri. Le recenti rivelazioni di Alan Friedman col suo libro
“Ammazziamo il gattopardo” non sono state smentite. E non si tratta di
fesserie, ma di testimonianze, che pesano come macigni; non pettegolezzi di
cameriere e autisti, ma dichiarazioni di personaggi come Carlo De Benedetti,
Mario Monti, Romano Prodi.
Va da sé che qui non si sta
parlando di una vittima innocente. Un re – disse Robespierre chiedendo la testa
di Luigi XVI – non è mai innocente. Berlusconi non è un re, ma il capo di un
governo che aveva le sue colpe e le sue pesanti responsabilità, che aveva
soprattutto una debolezza sua strutturale, dopo la defezione di Fini e del suo
seguito. In gioco c’era la salute del Paese, che rischiava un tracollo dalle conseguenze
rovinose. Ma un complotto è sempre un complotto, indipendentemente se volto al
bene; cosa peraltro sempre discutibile in politica. Se poi è ordito da soggetti
stranieri, in concorso con elementi nazionali, è molto più grave. Si è in
presenza della violazione della sovranità nazionale per un verso; del
tradimento bell’e buono per un altro da parte di chi quella sovranità doveva
difendere e tutelare, a prescindere.
Berlusconi può aver fatto – e li
ha fatti – numerosi e gravi errori; può essersi macchiato di colpe assai brutte
per un capo di governo; può aver dato coi suoi comportamenti esempi pessimi a
italiani e stranieri; può aver irritato capi di stato e di governo con le sue
chiassate e con gesti assolutamente inopportuni e ai limiti dell’offesa; ci sta
pure che un personaggio come lui venga combattuto sul piano politico senza
esclusione di colpi; ma non v’è dubbio alcuno che è stato massacrato da forze
non sempre legittimamente ostili, direi anzi a volte pregiudizialmente ostili,
nazionali e internazionali, in cui figurano protagonisti politici,
intellettuali, magistrati, giornalisti, conduttori televisivi, personaggi
dell’alta finanza; a volte loschi figuri, beneficiati, forse corrotti, poi
rivoltatisi contro, perfino con autoaccuse. Cose mai viste in un paese come
l’Italia in cui nel corso della sua storia millenaria è accaduto proprio di
tutto.
La tesi del complotto perciò se
non è vera è verosimile. In una recente intervista Tremonti, il Ministro
dell’Economia di quel governo, è tornato sull’argomento: «Ci venne chiesto di
partecipare al fondo salva-banche con il 18 % del totale. E cioè l’equivalente
della nostra percentuale di Pil europeo. Sarei stato d’accordo se si fosse
trattato del fondo salva-Stati, ma visto che le banche italiane erano esposte
al massimo per il 5 %, ci opponemmo. A parti invertite Germania e Francia
avrebbero fatto lo stesso. A quel punto Jean-Claude Trichet, presidente della
Bce, annunciò che la Banca
europea non avrebbe più acquistato i titoli italiani, lo spread cominciò a
volare e il governo Berlusconi si dovette dimettere» (“Sette” del 1° maggio
2014).
Stando a queste dichiarazioni,
l’Italia di Berlusconi era contro la
Francia di Sarkozy e la Germania della Merkel per una diversa valutazione
su chi salvare: l’Italia voleva salvare gli Stati, la Francia e la Germania avevano
interesse a salvare le Banche perché le loro erano più esposte. E sulle cause
di dissidi tra l’Italia e questi due paesi si potrebbe cercare ancora in altri
settori. In politica estera, per esempio. L’amicizia di Berlusconi col russo
Putin non era ben vista dai partner europei e s’incominciava a temerla; gli
screzi, che pure ci furono per l’aggressione disastrosa alla Libia, avevano
fatto apparire Berlusconi una voce stonata nel coro europeo diretto dal duo
Sarkozy-Merkel.
Sarà la storia, in tempi più
distanti e sereni, a valutare le vicende del biennio 2010-2011, che portò alla
crisi del governo Berlusconi e all’inizio di una stagione di anomalie
democratiche. Ora prendiamo atto che se non ci fu proprio un complotto ci fu
qualcosa che si somiglia. Parafrasando il reato di concorso esterno in
associazione mafiosa si può dire che diversi soggetti italiani ed europei sono
colpevoli del reato di concorso esterno in associazione antiberlusconiana. Qualcuno
può cambiare “colpevoli” in meritevoli? E’ comprensibile, purché non si neghino
i fatti in quanto tali; purché nel valutare il famoso ventennio berlusconiano
si tenga conto delle enormi difficoltà in cui Berlusconi ha dovuto governare;
difficoltà non solo politiche ed economiche.
Ma se Berlusconi piange, i
giudici di Milano non ridono. E non ride Napolitano, che rischia di diventare
sempre più il Presidente-smentita: non sa mai nulla. No, non ride neppure
D’Alema, che, per quanti sforzi abbia
fatto in questi ultimi anni per darsi arie di grande politico planetario, è
rimasto il comunistello che era. Sprezzantemente gaudioso quando deve
registrare la disgrazia di un avversario. Se pure complotto internazionale
contro Berlusconi c’è stato – dice – ringraziamo i complottisti che ce l’hanno
tolto di torno. Quanta storia italiana c’è nelle sue parole di ultras ribaldo!
Quasi quasi incomincia a diventarmi simpatico Renzi, che gli ha rifilato tante
di quelle scoppole da farlo gareggiare con la torre di Pisa. E soprattutto non
ride l’Italia, che nei suoi tentativi di rimettersi in cammino somiglia sempre
più a quel famoso cormorano impantanato nel petrolio del Golfo ai tempi della
prima guerra contro Saddam Hussein.
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