La gloriosa Respublica Romana aveva una magistratura particolare per i tempi in
cui versava in seri pericoli: la dittatura. Il Senato si sospendeva per il
periodo necessario ad uscire dalla crisi dopo aver affidato tutto il potere ad
un dittatore, il quale, a pericolo scampato, rimetteva la carica allo stesso
Senato dal quale l’aveva ricevuta. Il più celebre di questi dittatori fu
Cincinnato, il quale, richiamato “in servizio” preferì l’aratro alla spada;
dittatore non si può essere che una volta.
Oggi in Italia viviamo qualcosa
di simile, senza che nella Costituzione della Repubblica tanto fosse previsto e
contemplato. Per una serie di congiunture economiche e politiche si è pensato
di congelare la massima istituzione, quella del Presidente della Repubblica,
che formalmente è stato rieletto a stragrande maggioranza di consensi. E, pur
di fronte ad una sentenza della Corte Costituzionale, che ha dichiarato il
Parlamento eletto con una legge incostituzionale, il Porcellum, si è andati avanti come se nulla fosse, fino a giungere
all’affidamento del governo ad un signor “nessuno”. Matteo Renzi, infatti, è
capo del governo con una investitura presidenziale che i costituzionalisti, non
tutti e non in maniera esplicita, giudicano forzata o borderline. Per politically correct: bisogna capire.
Renzi, che nel volto e nella
loquela ricorda qualche personaggio boccaccesco, si è circondato di comparse in
gran parte femminili, le quali gli sono così devote che non oserebbero mai
creargli dei problemi; della serie diversamente maschilista. Grillo a parte,
che comunque non è configurabile come opposizione attendibile, non tanto nella
qualità quanto nella quantità, non c’è opposizione. Quella di Forza Italia è, a
volerla giudicare benevolmente, una mezza opposizione, dato che per le riforme
appoggia il governo e si dice pronta ad appoggiarlo se il Paese dovesse
trovarsi in ancor più serie difficoltà. Nel Pd nessuno osa più fiatare. Nessuno,
neppure i rottamati, gli umiliati e offesi. Conviene a tutti che Renzi vada
avanti, perché porta il pane a casa, fuor di metafora sembra che dal punto di
vista elettorale funzioni.
Renzi, dunque, si trova ad
esercitare il potere da solo; nella forma non lo è, ma in sostanza è così.
Dice: in settanta giorni abbiamo iniziato le riforme e abbiamo dato ottanta
euro a dieci milioni di italiani. Non è molto quanto è stato fatto, ma non è
neanche poco, anche se la solita politica degli annunci, di cui fu maestro
Berlusconi – ricordate lo spot televisivo con il timbro “fatto”? –, stia
facendo capolino, pur nel rispettoso silenzio dei grandi elettori e dei media,
tutti allineati e coperti. Ma prendiamo per credibile quanto dice il Capo e
quanto subito dopo replica, con le stesse parole, il gineceo.
La situazione, tuttavia, non
sfugge a nessuno: Renzi fa quello che vuole. Prende provvedimenti senza sentire
le parti sociali; se qualche dissenso emerge nella sua stessa maggioranza pone
il voto di fiducia e il suo provvedimento passa. Poi esce in televisione e con
iattanza dice: la palude voleva fermarmi, ma non è riuscita. La palude sarebbe
quella parte della sua stessa maggioranza che lo aveva costretto a porre il
voto di fiducia.
In verità – bisogna sempre dire
la verità! – sta crescendo una nuova idea di dirigenza politica a livello
governativo, che va ben oltre i singoli provvedimenti. Non è tanto il
decisionismo in sé quanto il decisionismo nella versione Renzi, qualcosa di più
rapido, rude e veloce; tollerato e favorito. Renzi è riuscito a far passare
l’idea che tutti, in presenza di una crisi così minacciosa come quella che
stiamo vivendo, devono piegarsi a qualche sacrificio. Quando mai sarebbe stato
possibile ridurre stipendi e pensioni di manager e magistrati? Che, scherziamo?
Fosse stato non dico Berlusconi, ma chiunque altro in altro momento, sarebbe
stato fatto fuori il giorno dopo, salvo che non fosse stato ricoverato in
psichiatria il giorno prima. Renzi è riuscito.
Sta accadendo che anche per il
reperimento di danaro per fare fronte ad alcune iniziative, come i dieci
miliardi per gli ottanta euro in busta paga per dieci milioni di italiani,
Renzi è riuscito a trovarli. Chi altri sarebbe riuscito? Nessuno. Ho sentito un
esponente del Movimento 5 Stelle dire che quando certe proposte le facevano
loro si rispondeva che non c’erano i soldi per farvi fronte; quando le ha fatte
Renzi i soldi sono stati trovati.
Non ci si meraviglia. Accade
tante volte anche in piccoli comuni che ad un sindaco gradito l’apparato dica
sempre sì e rimuova gli ostacoli, ad un sindaco sgradito sempre no, e agli
ostacoli veri ne aggiunge altri fittizi. Renzi, il “Sindaco d’Italia”, così lui
ama definirsi, ha a disposizione quella burocrazia che in altra sede dice di
voler combattere; ma intanto essa lo aiuta a fare quello che vuole. Per il bene
del Paese, si capisce! La burocrazia è femmina. Che sia spaventata o
conquistata da Renzi? Può essere una cosa e l’altra, entrambe sono condizioni
femminili.
Dove si vuole arrivare con tutta
questa premessa? Che se Renzi riuscirà nel suo intento, di trasformare questo
Paese in qualcosa di moderno, di funzionale, di pulito, tanto sarà dovuto più
che al suo genio politico a tutta una serie di circostanze. Voglio dire che è
normale che riesca nel suo intento; non è normale che non riesca. Se tanto
dovesse accadere, se, cioè, la sua dittatura non riuscisse a salvare la Repubblica dai barbari
esterni e interni, vuol dire che non i mezzi gli sono mancati ma le capacità.
Nessuno, infatti, ad eccezione di Mussolini, ha governato l’Italia in assenza
di oppositori e con un’ampia convergenza di fattori favorevoli.
Ci sarebbe una terza spiegazione,
disperante, come disperate erano le condizioni di quando Mussolini la enunciò:
governare l’Italia non è né facile né difficile, è inutile. Speriamo che non
sia sempre così. In fondo, ci vogliamo bene.
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