domenica 10 novembre 2013

Pd-congressi: che sputtanamento!


Di tessere fasulle nel Pd, fatte a chicchessia – verrebbe di ricordare il “chicche” e “sia” di Totò – per gonfiare i consensi congressuali dei candidati Pd ai vari livelli dirigenziali se ne parlava da tempo, al punto che uno dei candidati alla segreteria nazionale, Cuperlo, aveva suggerito di stoppare il tesseramento. Tanto è stato poi fatto tra mille polemiche e mugugni. E sì perché ormai chi aveva da ingrassarsi si era ingrassato, alla napoletana: chi ha avuto, ha avuto” con quel che segue.
Renzi, che da qualche anno viene proposto agli italiani come il puer della quarta egloga di Virgilio, il “bombardino” di Firenze, fa il superiore dicendo che lui non si occupa di regole ma di fatti. In realtà è il solito furbo, che tace quando gli conviene tacere e parla, anche troppo, quando gli conviene parlare. Per lui la Cancellieri si doveva dimettere. Ma è stato bene attento a dirlo non durante i giorni di discussione, ma dopo, quando ormai il caso era stato archiviato con non poco imbarazzo di tutti. Se non ha sollevato lo scandalo delle tessere, vuol dire che a lui andava bene.        
Il fenomeno delle tessere ha rievocato il similare fenomeno della Democrazia cristiana, quando i suoi vari ras locali tesseravano pure i morti per giungere al confronto congressuale con un nutrito pacchetto di “consensi”. Ma francamente lo spettacolo offerto dal Pd dei giorni scorsi ha superato il limite della decenza. Un fenomeno che ha riguardato l’intero territorio nazionale e si aggira tra il 15 e il 20 % dei congressi sezionali. Non è volgare retorica se lo si paragona a quanto provoca un pozzo asettico che tracima coi suoi liquami e inonda il condominio.
La puntata di “Virus”, la trasmissione di Nicola Porro su Rai Due, dell’8 novembre ha mostrato l’indecente spettacolo con dovizie di particolari, dai comuni di Tricase e Alessano del più profondo Sud, ad alcuni comuni del più alto Nord piemontese, alla stessa Torino, ad altri comuni del Lazio, tra Roma e Frosinone, in una “unità d’Italia” incredibile nella furbizia più spicciola e idiota.
Ma come si può giungere a tanto? Un erogatore di soldi si apposta ad una cinquantina di metri dalla sezione dove avviene il tesseramento. Delle persone, “chicche” e “sia”, passano da lui, ritirano quindici euro, e poi vanno in sezione a ritirare la tessera, che dà diritto a partecipare a tutte le votazioni di partito. Le stesse, intervistate, hanno detto candidamente che non capivano niente di politica, che erano lì solo per fare un favore ad un amico, che non conoscevano neppure il nome del segretario nazionale del partito, che non sapevano perché si prestavano a quell’invereconda operazione e via di seguito. Sono andate a tesserarsi perfino persone notoriamente di destra e perciò avversarie; e tanto, per fare il favore all’amico o al compare. Ovvio che chi da sempre appartiene al partito inorridisca di fronte all’insulso spettacolo e si rifiuti di ritirare una tessera, che è ormai distintivo di vergogna.
La malattia del Pd è una vera e propria epidemia, che non risparmia nessuno e che mostra, ancora una volta, che in questo paese ormai è tempo di nerbate. Appena si incomincia a sperare in qualcuno o in qualcosa, ecco che avviene il peggio meno immaginabile.
Non sono passati che pochissimi mesi dall’incredibile spettacolo dei 101 che dopo aver partecipato ad una standing ovation pro Prodi per eleggerlo presidente della repubblica lo impallinano come neppure i cecchini democristiani degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso riuscivano a fare. Non si è ancora spenta l’eco della squallida figura che ha fatto il ministro Cancellieri, donna nella quale gli italiani avevano riposto tanta fiducia, ed ecco l’ennesimo spettacolo dei furbi del Pd che come cavallette danno l’assalto al partito. E dire che nei loro slogan si rifanno niente meno che all’«Italia giusta». Non hanno neppure il senso del ridicolo.
Questa gente, che si propone come alternativa a Berlusconi e addirittura alle larghe intese di Letta, sta dimostrando il peggio di un paese che sorprende sempre nello spostare l’asticella del sopportabile. Non si capisce come possa riuscire Renzi o chi altri a governare il paese quando tutti dimostrano di non riuscire a gestire i propri impulsi a frodare i loro stessi amici di partito.
Ma, a ben riflettere, quanto sta accadendo nel Pd è quasi una sorta di nemesi storica, dopo le abbuffate di vent’anni di antiberlusconismo all’insegna della predicata decenza, del rispetto della legge. Quando si credeva che ormai il mostro fosse finito, invece di prepararsi a dimostrare la recuperata salute pubblica, ecco l’abbandono sconsiderato ad ogni forma di indecenza, quasi a dimostrare che in questo paese finalmente si è tutti uguali, sia pure nella schifezza.
E’ probabile che ancora una volta il superamento del difficile momento politico che sta vivendo il Pd stia nella scissione, più volte preconizzata da Cacciari. Se non saranno gli ex democristiani a lasciare il Pd agli ex comunisti; saranno gli ex comunisti a lasciare il Pd agli ex democristiani. Solo così è possibile che ognuno torni a parlare in maniera chiara sapendo che chi ascolta si riconosce nel suo stesso vocabolario. Pensare di costruire un partito con linguaggi e comportamenti diversi è come ripetere l’errore della torre di Babele.

Nel Pd ormai non si capiscono più. Ma mentre gli ex democristiani hanno conservato intatte le abitudini dei loro padri, gli ex comunisti stentano a riconoscersi perfino tra di loro. Ecco perché lo spettacolo indecoroso delle tessere deve servire ad un coraggioso rinsavimento, prima che l’epidemia si trasformi in pandemia.      

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