La data è da ricordare: 15
novembre 2013. La componente governativa del Pdl non ha inteso partecipare al
Consiglio Nazionale del partito, indetto per sabato 16, in cui si è poi deciso la
liquidazione del Pdl e il ritorno a Forza Italia.
I riottosi, guidati da Angelino
Alfano, hanno dato vita a gruppi parlamentari autonomi, denominati Nuovo
centrodestra. E’ stata di fatto la scissione. L’ennesima nella storia politica
di questo paese. Ancora una volta non ne verrà che male.
Ovvio che la gente, portata com’è
ad esemplificare, si chieda chi ha torto e chi ha ragione. Non è facile
rispondere. Ci sono almeno tre profili da analizzare. Due sono formali, uno è
sostanziale.
Primo profilo. Non c’è alcun
dubbio che in un partito possano esserci punti di vista diversi, dal confronto
escono una maggioranza e una o più opposizioni. Chi vince si assume le
responsabilità delle scelte, chi perde deve lealmente stare nel partito e fare
di tutto perché la linea scelta dia buoni frutti perché è nell’interesse di
tutti. Qui la minoranza, per esemplificare, quella guidata da Alfano, non è
stata alle regole e ha lasciato il partito. Dunque: hanno ragione Berlusconi e
chi lo segue, hanno torto Alfano e chi lo segue.
Secondo profilo. Non si è
trattato di un normale confronto all’interno di un partito che nessuno metteva
in discussione, ma di una vera e propria rifondazione: da una parte
(Berlusconi) che voleva tornare a Forza Italia; dall’altra (Alfano) che voleva
continuare col Pdl. Le due parti hanno preso strade diverse su un piano
paritario: nessuna delle due ha ragione e nessuna ha torto.
Terzo profilo. Questo è
sostanziale. Una parte (Berlusconi) vuole evitare la sua decadenza da senatore
e dunque la sua uscita di scena negoziandola con la fiducia al governo,
nell’altrettanto esemplificata conclusione: se decade Berlusconi cade il
governo. Cosa che si è sempre detto di voler tenere distinte e fino ad ora sono
state tenute distinte, pur con molti mal di pancia. La posizione di stare con
Berlusconi senza se e senza ma, se ha un fondamento forte sul piano
dell’emotività – il capo è sempre il capo –, è debole sul piano politico, dato
che è sotto gli occhi di tutti che Berlusconi è finito, non solo per la
decadenza da senatore ma per le tante ghigliottine giudiziarie che gli stanno
sul collo. La caduta del governo, poi, non porterebbe nulla di buono né a
Berlusconi né al Paese. Sarebbe per tutti una catastrofe da muore Sansone con
tutti i Filistei. La componente governativa del Pdl, nella consapevolezza di
tutto ciò, non ha ritenuto di stare con Berlusconi, irrimediabilmente perso, e
ha deciso di sostenere il governo, limitandosi a piangere la fine di Berlusconi
come le prefiche di una volta accompagnavano l’agonia e la morte dell’eroe
morente. Un canto funebre, ecco che cosa Alfano era disposto a dare a
Berlusconi a risarcimento di ciò che perdeva e come gratitudine di ciò che personalmente
da lui aveva ricevuto. Inutile dire che umanamente Alfano doveva perire con
Berlusconi. Politicamente ha fatto una scelta diversa nel tentativo di una
prospettiva più favorevole per sé e nell’immediato per tenere contento il
Presidente della Repubblica Napolitano, unico e solo domino della situazione. I
cosiddetti lealisti, da parte loro, stando dalla parte di Berlusconi, sperano
di poter trarre un profitto politico dalla sua ricchezza di mezzi e dalla sua
forza elettorale, in vista di nuove elezioni, essendo non meno coscienti dei
governativi che Berlusconi è finito. Ai canti funebri loro hanno preferito i
canti di guerra, ma con l’occhio e la mano sulla cospicua eredità politica.
Ci sarebbe un quarto profilo,
quello del risentimento di chi per anni ha dovuto dire sì-sì e no-no, a seconda
delle indicazioni di Berlusconi; di chi per anni ha subito anche le sue non
sempre generose battute. E’ da credere che Alfano abbia dimenticato di non
avere il “quid”? Lui, che peraltro è siciliano? E’ da credere che in tutti
questi anni non abbia pensato di dimostrare che lui il “quid” ce l’ha e come?
E’ da credere che uno come Quagliarello abbia digerito perfino il dover sostenere
in Parlamento che la Ruby
fosse davvero la nipote di Mubarak? E’ da credere che uno come Cicchitto, che
da sempre si dà arie di grande stratega politico, non abbia nutrito in tutti
questi anni il rancore e la speranza di riscatto per la mortificazione di
essere un esecutore di ordini? Ci sarebbe da fare un elenco infinito di
risentiti in attesa di rivalsa. Le corti sono da sempre luoghi di comodità e di agi, ma anche di veleni e di fetidezze,
per le tante umiliazioni che i cortigiani subiscono dal signore e dai suoi
favoriti.
I risvolti umani in certe
drammatiche situazioni si spartiscono tanti e tanti, tanti di gratitudine, tanti
di risentimento.
Io non credo che il calcolo
politico stia solo da una parte, la generosità e la lealtà dall’altra. Quel che
oggi deve far pensare tutti, lealisti e antilealisti, per intenderci, è ciò che
conduce agli esiti della vicenda. Chi finirà per avere la meglio: i ribelli o i
fedeli?
La storia non ha mai premiato i
generosi. Dai loro tormentati gesti non hanno mai tratto beneficio. Si dice che
il tradimento non esiste in politica. Ma si dicono tante altre cose in
politica, come se fosse la giungla, l’azzeramento della civiltà. Bisognerebbe
pensare a qualche cura di umanità e di umanesimo. Ripensando la vicenda di
Bruto, quello che diede l’ultimo colpo di daga a Cesare, pronto a uccidersi
dopo la sconfitta di Filippi, Leopardi si chiedeva se per caso Giove non sieda
sempre a tutela degli empi.
Qui non si fa poesia, si fa
politica. Al di là delle simpatie o delle antipatie, si cerca di capire dove
porterà la rivolta di Alfano, dove la lealtà di Fitto e dove la saggezza di
Gianni Letta. L’operazione di Alfano è chiaramente di vertice, non si sa al
momento a quale elettorato faccia riferimento. Si conoscono i rimandi di
vertice, non quelli di base. Se la storia non ha raccontato finora frottole,
Alfano e compagni andranno incontro alla sconfitta, dopo la bella fiammata di
successo di questi giorni; andranno a tener compagnia a Bruto a Filippi. Tutti i profeti armati – insegna
Machiavelli – vinsono, i disarmati
ruinorno. A meno, come è opportuno sospettare, non si tratti alla fine di
una scissione burla…alla Berlusconi.
Parole chiave: Berlusconi Alfano Scissione Forza Italia Nuovo Centrodestra
Argomento: Nuovo centrodestra
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