Stupisce – ma forse è improprio
il verbo – che tanti senatori e deputati, per quanto siano stati nominati e non
eletti, si siano messi agli ordini di un uomo, Silvio Berlusconi, che ormai è
un macigno che rotola giù a valle e travolge tutto ciò che incontra. Forse si
capisce perché lo facciano: pensano che mettendosi davanti come rincalzo
riescano a non farlo precipitare. Ma è follia pura, perché ormai ha percorso
gran parte del pendio, Berlusconi, e aspetta solo di toccare il piano e
fermarsi definitivamente.
Le dimissioni in massa da
parlamentari, ad eccezione di Giovanardi, che da buon democristiano ha capito
che per Berlusconi è finita, e le dimissioni dei ministri, criticate da
Cicchitto, che da buon socialista, è pratico di vie d’uscita, stanno mettendo
in crisi mezza Italia, l’Italia del centrodestra, un’Italia che lavora o
vorrebbe lavorare, che produce o vorrebbe produrre, che tiene alla libertà o vorrebbe
tanto essere libera. Quest’Italia rischia di non avere più, per i prossimi
dieci anni, un’adeguata rappresentanza politica.
D’altra parte è superficiale e
riduttivo dire che tutta la buriana dipende da un uomo solo, come si vuol far
credere. D’accordo, Berlusconi avrebbe potuto compiere un gesto forte e virile
– lui che tiene tanto alla virilità! – e dimettersi subito dopo la condanna
confermata dalla Cassazione e gestire la sua uscita con dignità. Nella vita
accade anche di essere sconfitti. Tutti i grandi della storia, sconfitti, hanno
compiuto gesti nobili, pur nella certezza di aver combattuto per una causa
giusta. Lui non l’ha fatto perché è espressione di una società malata, la
società delle apparenze, dell’immagine, del sembrare a tutti costi anche ciò
che non si è più o non si è mai stati; una società non di cittadini ma di
guappi. L’Italia è stata guappizzata non solo dalle mafie ma anche dal
berlusconismo per un verso e dall’antiberlusconismo per un altro
Non solo Berlusconi, perciò, nell’ostinatezza
di una classe politica che facendo cadere il governo dà battaglia a rischio di
un disastro politico generale. C’è un’Italia che non vuole essere governata
dalla sinistre, che vuole riprendere la sua strada, quella di tanti
imprenditori che negli anni hanno fatto l’Italia grande nel mondo coi loro
marchi, oggi tutti venduti o svenduti perché non protetti da una chiara politica
nazionale e travolti dalla globalizzazione selvaggia. E’ l’Italia che vorrebbe conservarsi
in tutta la sua dimensione politica, sociale, culturale e produttiva. Quella
che potrebbe definirsi dei conservatori, dei moderati, che nella sua storia ha
trovato forme diverse di organizzazione del potere ma ancorata agli stessi
valori di fondo: l’Italia liberale, l’Italia fascista, l’Italia democratica.
L’Italia che non vuole avere nella magistratura il braccio armato di una parte
politica, ma un importante ramo dello Stato di diritto, forte e separato dagli
altri, a garanzia di tutti.
Berlusconi a parte, il problema
della magistratura è di una dimensione enorme. Questo terzo potere dello Stato
ormai si è arrogato il diritto di interferire nella politica e nell’economia
senza avere né al di sopra né al lato altro potere che lo bilanci o lo
controlli. In questa fase la magistratura si è posta al servizio di una parte
politica, di cui è espressione e filiazione. Verrebbe di paragonare i
parlamentari al servizio di Berlusconi ai magistrati al servizio delle
Sinistre. E’ inoppugnabile – solo armati della più legnosa malafede si potrebbe
negarlo – che essa si è avventata, come un cane aizzato dal padrone, contro
l’ospite indesiderato per ridurlo a brandelli. Non si è lasciata sfuggire
occasione di dimostrarlo nei cinquanta e passa processi contro Berlusconi, fino
alle eclatanti sentenze risarcitorie nei confronti del comunista miliardario ed
evasore fiscale De Benedetti e della moglie divorziata Veronica Lario,
subissati di danaro berlusconiano.
La differenza che passa tra un
magistrato corretto ed un magistrato deviato è che il primo assolve l’imputato,
anche quando è convinto della sua colpevolezza ma non ha le prove; il secondo
lo condanna a prescindere e in difetto dei reati da contestargli e delle prove
s’inventa gli uni e le altre. E’ quanto accaduto con Berlusconi: alle leggi ad personam si è risposto con sentenze contra personam.
Questa magistratura fa paura al cittadino.
Nessuno in Italia nega il conflitto di interessi di Berlusconi, i suoi eccessi
di vita, il suo ostentare ricchezze e potere, le sue indecenze e stravaganze, che
a volte lo hanno reso odioso a tanta gente; ma gli italiani convinti della
bontà dello Stato di diritto avrebbero voluto che Berlusconi venisse condannato
per reati veri e non inventati, con prove vere e non immaginate. Berlusconi
doveva rimanere una questione politica, come più volte a parole hanno dato ad
intendere che volessero i suoi avversari dello schieramento opposto.
Nei confronti di Berlusconi si è
creato un fronte non tutto visibile. Come sa chi frequenta la storia, sempre e
in tutte le società il potere politico ha avuto due livelli: uno è quello delle
regole, degli ordinamenti, dei fatti che si sentono e che si vedono; l’altro è
quello della cosiddetta ragion politica, è il livello in cui si fa non quello
che la costituzione e le leggi dicono ma quello che in quel momento è più
importante per gli interessi concreti del Paese. Per fare un esempio: l’accordo
Stato mafia per porre fine agli attentati terroristici dei primi anni Novanta,
per il quale oggi la Procura
di Palermo vuole ascoltare come testimone il Presidente Napolitano. Cosa è
accaduto in questo secondo livello: si è ordito anche lì contro Berlusconi o
improvvisamente, in questo strano “Eldorado” che è l’Italia di oggi, il secondo
livello non c’è più?
Chi della politica ha una
conoscenza scientifica sa che il secondo livello, quello della ragion politica,
c’è e non potrebbe non esserci. Si arguisce pertanto che la ragion politica non
è andata in direzione di quello che si dice e si ostenta: il bene dell’Italia,
ma in direzione dell’annientamento di quello che da vent’anni è considerato il
male assoluto dell’Italia.
La ragion politica avrebbe potuto salvare Berlusconi e il Paese; la
ragion politica lo ha annientato. Che sia questo il bene superiore per l’Italia
è da dimostrare. Il resto è solo un vociare confuso come il frinire delle cicale che si
scatena in un assolato meriggio d’estate.