Si era proposto come colui che
avrebbe cambiato la mentalità degli italiani. Chi è? Ma Mario Monti! Il
Ragioniere di Napolitano, fatto Senatore a vita. Siccome non c’è innamoramento
– direbbe Francesco Alberoni – che non riguardi almeno due persone, è molto
probabile che Monti abbia accettato l’incarico di presiedere il governo
salva-reputazione dell’Italia previa la nomina a Senatore a vita. Se, invece,
si è trattato di un matrimonio combinato, come è assai più probabile, e quindi
con l’intervento di terzi e magari con qualche prete di mezzo, allora la nomina
di Senatore a vita è stata debitamente negoziata, come una volta i consuoceri negoziavano
la dote dei figli per il matrimonio. Io do questo se tu dài quest’altro.
Un marchingegno della più bella tradizione
italiana, o se vogliamo un’operazione di bassa trama, che ricorda intrecci
plautini, intrighi da Mandragola, la
bella commedia di Machiavelli. Forse anche per questo a Monti è venuta la
brillante idea di esorcizzare la bassezza dell’azione compiuta, ossia la
discesa vera, con la salita presunta. Il principio di Archimede vale anche in
politica, è la sua giusta metafora. Un corpo immerso nell’acqua riceve una
spinta dal basso in alto direttamente proporzionale al suo peso. E difatti
Monti galleggia.
Fino alla vigilia della sua
“salita” in politica si poteva rimanere perplessi. Chi sarà mai questo incauto
riformatore di coscienze e di abitudini in un paese che ne ha viste più di
tutti gli altri della terra messi assieme? Quest’emulo di Martin Lutero? Perplessità
legittime. Ma ora, è tutto chiaro. Il riformatore risulta sempre più riformato.
Bugiardo, improvvisatore, promettitore, arrampicatore, qualcuno direbbe gay col
culo degli altri, un Cagliostro dei nostri tempi.
Dopo il berlusconismo, ecco il
montismo! Che cos’è? E’ la tendenza a credersi padreterni tra poveri cristi,
una sindrome tipica dei professori, che sanno tutto, che non conoscono esseri a
loro superiori, che di recente ha colpito anche magistrati, giornalisti e
uomini di cultura in generale. Esempi a bizzeffe. A sentire i vari Grasso,
Ingroia, Dambruoso, Mineo, Sechi, Mucchetti, mo’ che arrivano loro in
Parlamento, apriti cielo! L’Italia sarà rivoltata come un calzino, gli italiani
diventeranno un ibrido tra inglesi e giapponesi, esempi insuperabili di
coerenza, tenacia, onestà. Ognuno si sente un Attila che non farà crescere erba-corruzione
sul terreno da dove passa.
Le esperienze infelici dei loro
predecessori non hanno insegnato nulla. Si è visto cosa sono riusciti a fare
finora i tanti padreterni calati in politica per graziosa cooptazione del
cosiddetto Porcellum! Qualche sera fa
Pierangelo Buttafuoco, posto tra Mineo e Sechi, tutti ospiti della trasmissione
“In onda” del duo Telese-Porro, li bacchettò di santa ragione, tra sberleffi e
sfottò. Che figura di cazzo, i due promessi riformatori! Prima potevano anche
turlupinare il pubblico dietro la maschera dell’obiettività giornalistica; ora
non li crede più nessuno, maschere diventate di altri. Che figura di cazzo quel
Mucchetti l’altra sera a “Otto e mezzo” dalla Gruber di fronte ad un Formigoni
che giocava come il gatto col topo! Non sarebbe stato meglio se il Mucchetti
avesse continuato ad essere maschera di se stesso anziché maschera di altri? Aveva
una reputazione! Ed ora?
Questi signori, pur con tanta
cultura, che se fosse colesterolo o glicemia schiatterebbero secchi
all’istante, non sanno che la politica è governata da fattori che sfuggono
perfino a quei politici col bernoccolo e che uno può essere una mente divina in
un campo come la filosofia, il diritto, la letteratura, il giornalismo o la
medicina, ossia nel proprio settore, da dove può anche incidere e contare, ma
trasferito in politica è come l’albatro di Baudelaire: fa ridere e diventa
gioco degli altri. Quanti italici geni non seguirono Berlusconi nel 1994?
Perfino Monti ha detto che allora lo votò. Giornalisti, filosofi, scrittori lo
seguirono per allontanarsene appena si accorsero che lì non solo non avevano
niente da fare ma non contavano nulla. Perfino un filosofo come Lucio Colletti!
Gli smaliziati come Giuliano Ferrara e Vittorio Sgarbi, che la storia la
conoscono molto bene, non hanno mai lasciato i ferri del mestiere e hanno
mantenuto sempre una loro autonomia, con un piede ben saldo nel loro settore di
competenza e di potere. Si capisce! Perché l’una cosa va con l’altra.
Tra berlusconismo e montismo si
sta prosciugando il patrimonio del Paese. L’uno e l’altro fanno credere a tanti
personaggi, eccellenze nel loro campo, di avere finalmente il loro autore che
li renderà importanti e immortali. Una vera pandemia. Bersani, anche lui, candida
ogni persona dal nome importante. Dice: ma c’è qualcuno della società civile
più civile di Ambrosoli? Discorsi da ragazzini tifosi. E Ingroia, che fa? Candida perfino la sorella
di quel Cucchi, morto non si sa come in carcere, dove era finito per affari di
droga.
Ora Monti – per tornare a bomba –
promette, fa cioè una cosa che lui diceva che non avrebbe mai fatto. L’Imu? Si
può rivedere. La riforma Fornero? Si può rivedere. Il redditometro? Non so cosa
sia, l’ha fatto Berlusconi. Le tasse? Si possono abbassare. E via di seguito.
Monti non conosce né scorno né buongiorno, come si dice giù da noi, nel
Salento, per significare la spregiudicatezza di certe affermazioni e di certi
comportamenti.
Ma la cosa che più colpisce di
questa campagna elettorale e dei suoi protagonisti è la manfrina tra Bersani e
Monti, che si dicono competitors ma procedono
divisi per fottere uniti. Ecco, il pericolo più volte denunciato dell’ennesima
truffa agli italiani! Che Bersani e la sinistra potessero vincere le elezioni era
auspicabile, che dovessero governare il Paese era più che legittimo dopo il
disastro dell’esperienza berlusconiano-finiana, ma che si dovesse giungere alla
truffa di una coalizione, in cui è compreso lo stesso Fini, è la prova che in
Italia nulla mai cambia davvero. Se le cose dovessero andar male, chi potrà
dire che la colpa è di Bersani? Questi potrà sempre dire che la colpa è di
Monti. Come è accaduto in Italia per sessant’anni, nel corso dei quali la Democrazia cristiana,
pur potendo governare da sola, si portava appresso piccoli alleati, Psi-Psdi-Pri-Pli,
sui quali scaricare la colpa dei fallimenti. Ma almeno la Dc aveva cavalli di razza nella
sua scuderia. Oggi si vedono soltanto muli, con rispetto parlando per le
bestie.
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