Come nel 1994 Berlusconi ha fatto
un accordo con la Lega
al Nord e con le formazioni meridionalistiche al Sud, con qualche
radicalizzazione in più su entrambi i fronti. Al Nord ha ceduto al leghista
Maroni la presidenza della Regione Lombardia, nella prospettiva della
cosiddetta Euroregione e il trattenimento del 75 % della contribuzione sul
territorio; al Sud con confuse ma assai più pericolose rivendicazioni
neoborboniche. Un passo avanti verso lo sfascio della nazione, non c’è che
dire! Appena dopo le celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia,
diventa un fatto minacciosamente simbolico. Addio inni nazionali e bandiere al
vento, discorsi rievocativi, mostre e convegni. I semi non hanno attecchito, se
li è portati il vento della crisi. L’Italia s’è pesta di santa ragione.
A sentire gli imprenditori del
mitico Nord-Est italiano, molti dei quali hanno già delocalizzato le loro
imprese, la situazione è di una gravità assoluta. Molti di essi si sono tolti e
si tolgono la vita non sopportando il fallimento della propria azienda. Non è
solo un fatto economico, ma di mentalità padrona, che aveva reso tanti morti di
fame, con famigliari ancora sparsi per il mondo in cerca di fortuna, ad
arricchiti, arroganti e perfino razzisti, come sono in genere i parvenus. Alcune sere fa su “La 7” , nella stessa serata dello spettacolo
Santoro-Travaglio-Berlusconi, una signora imprenditrice di quella zona ha denunciato
le gravi omissioni della stampa che nasconde i suicidi per non allarmare il
Paese. E papale papale diceva che bisogna uscire dall’Europa se si vuole far
riprendere l’economia, che è necessario che si rimetta in circolazione la
moneta, anzi, che venga restituita alle persone alle quali è stata tolta.
Berlusconi annuiva, benché la signora non sembrasse troppo convinta. Perché, a
differenza del 1994, quando aveva la gobba a ponente, oggi Berlusconi ha la
gobba a levante; anzi, ha la gobba e basta.
Altri imprenditori della zona più
che uscire dall’Europa escono dall’Italia. Ce ne sono alcune decine che
starebbero per trasferire le loro aziende in Carinzia, nella vicina Austria,
dove le tasse sono meno della metà rispetto a quelle che si pagano in Italia,
un divario tra il 65 % circa, in Italia, e il 25 % circa in Austria. Numeri a
parte, c’è una pericolosa perdita di autostima nazionale che si sta diffondendo
in tutto il Paese. Al Nord chi volle fare l’Italia unita – mi riferisco ai ceti
sociali – ora la vuole disfare, perché non è più conveniente. Al Sud si soffia
sui carboni ardenti rimasti sotto la cenere per tanti anni e ci si prepara ad
un redde rationem che ancora non si
sa che cosa sia.
Non so se Giorgio Napolitano si
sia reso conto della gravità del momento. Sono convinto di sì se, dopo tanto
coraggio dimostrato in quest’ultimo anno e mezzo, si è pilatescamente sottratto
alla nomina dei due senatori a vita mancanti alla cinquina prevista.
Probabilmente per non dare un altro segnale di parte in un momento in cui è
necessario ritrovare un minimo di credibilità. Immaginiamo la nomina di Eugenio
Scalfari o quella di Gianni Letta quali casini avrebbe creato nell’infuriare
della battaglia elettorale!
Non so quanto questa corsa alla
disgregazione nazionale sia conseguente alla perdita di sovranità in seguito
agli ultimi trattati europei, da Mastricht in poi. Ma è certo che l’Italia ha
preso troppo sul serio l’unità europea in un contesto in cui le altre nazioni
di pari dimensioni demografiche ed economiche hanno politiche nazionali che
vanno in tutt’altra direzione. L’Inghilterra si è tenuta a parte dall’Europa
economica, mentre Germania e Francia fanno i loro comodi, agiscono nei loro
interessi e in politica estera non pensano davvero a consultarsi con gli altri partner
europei prima di avventurarsi persino in imprese neocoloniali, come quella
recente del francese Holland in Africa. Ma, se pure si comportassero con la
stessa lealtà con cui si comporta l’Italia, stante una nostra condizione di
maggior debolezza, noi resteremmo comunque penalizzati. Il sentire comune di
molti italiani è che o l’Europa cambia o l’Italia – e non solo l’Italia – esce dall’Europa.
Mario Monti, che dell’elmo di
Scipio s’è cinta la testa per bastonare gli stessi italiani, a suo dire per
cambiarli in meglio, può anche essere più convinto italiano di Giuseppe
Garibaldi ma è recepito come un commissario straordinario europeo, un
forestiero col compito di controllare un paese riottoso e disordinato. La sua
salita in campo, come lui la chiama allo scopo di nobilitare una vigliaccata,
ha peggiorato la situazione, perché ha creato un terzo polo con mire di governo
assembleare, all’insegna del trasformismo più becero. Uomini eccellenti del
centrosinistra e del centrodestra hanno aderito alla sua “agenda”, che ancora
non si è capito che cosa sia, a parte le imposizioni che hanno già prodotto
recessione e disoccupazione.
La politica, discesa o salita che
sia, è diventato territorio di conquista di vecchi e nuovi barbari. E’ ormai
assalto alla diligenza. Imprenditori, magistrati, giornalisti, attori, comici, sportivi
in pensione, professori, quanti hanno una certa visibilità per un motivo
qualsiasi, figli, fratelli, congiunti di uomini noti nel paese per loro vicende
drammatiche, tipo Ambrosoli, Borsellino, La Torre , vengono candidati e ridotti a specchietti
per le allodole. Perfino i preti, se potessero, si candiderebbero. Le sortite
di Bagnasco, le controsortite di altri, i loro continui interventi rendono
inagibile lo spazio vitale della politica, fanno precipitare il Paese nel
disordine e nell’anarchia.
Incredibile come la mancanza di
patriottismo negli uomini più rappresentativi esponga l’Italia alle ammonizioni
dell’Europa, a questo tiranno senza volto che pretende di dire quello che si
deve e quello che non si deve fare. In
un paese in cui non funziona nulla, un cialtrone come Marco Pannella apre le
porte di casa e mostra le vergogne delle carceri. Come se in Italia il lavoro, la
sanità, l’istruzione, i trasporti, la giustizia funzionassero meglio! Il
sovraffollamento delle carceri è solo uno dei tanti problemi del Paese,
sicuramente il meno vergognoso se paragonato ad altre sofferenze sociali.
Che aspettarsi dal voto del 24
febbraio nella condizione in cui ci troviamo? Certo, sperare come navigare necesse est. Ma qui un Nazareno che
dica a Lazzaro “alzati e cammina!” non c’è. Ma quanto sarebbe augurabile che ci
fosse, e magari non solo con le parole.
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