domenica 13 gennaio 2013

Aiuto, qui sfasciano l'Italia!



Come nel 1994 Berlusconi ha fatto un accordo con la Lega al Nord e con le formazioni meridionalistiche al Sud, con qualche radicalizzazione in più su entrambi i fronti. Al Nord ha ceduto al leghista Maroni la presidenza della Regione Lombardia, nella prospettiva della cosiddetta Euroregione e il trattenimento del 75 % della contribuzione sul territorio; al Sud con confuse ma assai più pericolose rivendicazioni neoborboniche. Un passo avanti verso lo sfascio della nazione, non c’è che dire! Appena dopo le celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, diventa un fatto minacciosamente simbolico. Addio inni nazionali e bandiere al vento, discorsi rievocativi, mostre e convegni. I semi non hanno attecchito, se li è portati il vento della crisi. L’Italia s’è pesta di santa ragione.
A sentire gli imprenditori del mitico Nord-Est italiano, molti dei quali hanno già delocalizzato le loro imprese, la situazione è di una gravità assoluta. Molti di essi si sono tolti e si tolgono la vita non sopportando il fallimento della propria azienda. Non è solo un fatto economico, ma di mentalità padrona, che aveva reso tanti morti di fame, con famigliari ancora sparsi per il mondo in cerca di fortuna, ad arricchiti, arroganti e perfino razzisti, come sono in genere i parvenus. Alcune sere fa su “La 7”, nella stessa serata dello spettacolo Santoro-Travaglio-Berlusconi, una signora imprenditrice di quella zona ha denunciato le gravi omissioni della stampa che nasconde i suicidi per non allarmare il Paese. E papale papale diceva che bisogna uscire dall’Europa se si vuole far riprendere l’economia, che è necessario che si rimetta in circolazione la moneta, anzi, che venga restituita alle persone alle quali è stata tolta. Berlusconi annuiva, benché la signora non sembrasse troppo convinta. Perché, a differenza del 1994, quando aveva la gobba a ponente, oggi Berlusconi ha la gobba a levante; anzi, ha la gobba e basta.
Altri imprenditori della zona più che uscire dall’Europa escono dall’Italia. Ce ne sono alcune decine che starebbero per trasferire le loro aziende in Carinzia, nella vicina Austria, dove le tasse sono meno della metà rispetto a quelle che si pagano in Italia, un divario tra il 65 % circa, in Italia, e il 25 % circa in Austria. Numeri a parte, c’è una pericolosa perdita di autostima nazionale che si sta diffondendo in tutto il Paese. Al Nord chi volle fare l’Italia unita – mi riferisco ai ceti sociali – ora la vuole disfare, perché non è più conveniente. Al Sud si soffia sui carboni ardenti rimasti sotto la cenere per tanti anni e ci si prepara ad un redde rationem che ancora non si sa che cosa sia.
Non so se Giorgio Napolitano si sia reso conto della gravità del momento. Sono convinto di sì se, dopo tanto coraggio dimostrato in quest’ultimo anno e mezzo, si è pilatescamente sottratto alla nomina dei due senatori a vita mancanti alla cinquina prevista. Probabilmente per non dare un altro segnale di parte in un momento in cui è necessario ritrovare un minimo di credibilità. Immaginiamo la nomina di Eugenio Scalfari o quella di Gianni Letta quali casini avrebbe creato nell’infuriare della battaglia elettorale!
Non so quanto questa corsa alla disgregazione nazionale sia conseguente alla perdita di sovranità in seguito agli ultimi trattati europei, da Mastricht in poi. Ma è certo che l’Italia ha preso troppo sul serio l’unità europea in un contesto in cui le altre nazioni di pari dimensioni demografiche ed economiche hanno politiche nazionali che vanno in tutt’altra direzione. L’Inghilterra si è tenuta a parte dall’Europa economica, mentre Germania e Francia fanno i loro comodi, agiscono nei loro interessi e in politica estera non pensano davvero a consultarsi con gli altri partner europei prima di avventurarsi persino in imprese neocoloniali, come quella recente del francese Holland in Africa. Ma, se pure si comportassero con la stessa lealtà con cui si comporta l’Italia, stante una nostra condizione di maggior debolezza, noi resteremmo comunque penalizzati. Il sentire comune di molti italiani è che o l’Europa cambia o l’Italia – e non solo l’Italia – esce dall’Europa.
Mario Monti, che dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa per bastonare gli stessi italiani, a suo dire per cambiarli in meglio, può anche essere più convinto italiano di Giuseppe Garibaldi ma è recepito come un commissario straordinario europeo, un forestiero col compito di controllare un paese riottoso e disordinato. La sua salita in campo, come lui la chiama allo scopo di nobilitare una vigliaccata, ha peggiorato la situazione, perché ha creato un terzo polo con mire di governo assembleare, all’insegna del trasformismo più becero. Uomini eccellenti del centrosinistra e del centrodestra hanno aderito alla sua “agenda”, che ancora non si è capito che cosa sia, a parte le imposizioni che hanno già prodotto recessione e disoccupazione.
La politica, discesa o salita che sia, è diventato territorio di conquista di vecchi e nuovi barbari. E’ ormai assalto alla diligenza. Imprenditori, magistrati, giornalisti, attori, comici, sportivi in pensione, professori, quanti hanno una certa visibilità per un motivo qualsiasi, figli, fratelli, congiunti di uomini noti nel paese per loro vicende drammatiche, tipo Ambrosoli, Borsellino, La Torre, vengono candidati e ridotti a specchietti per le allodole. Perfino i preti, se potessero, si candiderebbero. Le sortite di Bagnasco, le controsortite di altri, i loro continui interventi rendono inagibile lo spazio vitale della politica, fanno precipitare il Paese nel disordine e nell’anarchia.
Incredibile come la mancanza di patriottismo negli uomini più rappresentativi esponga l’Italia alle ammonizioni dell’Europa, a questo tiranno senza volto che pretende di dire quello che si deve e quello che non si deve fare.  In un paese in cui non funziona nulla, un cialtrone come Marco Pannella apre le porte di casa e mostra le vergogne delle carceri. Come se in Italia il lavoro, la sanità, l’istruzione, i trasporti, la giustizia funzionassero meglio! Il sovraffollamento delle carceri è solo uno dei tanti problemi del Paese, sicuramente il meno vergognoso se paragonato ad altre sofferenze sociali.
Che aspettarsi dal voto del 24 febbraio nella condizione in cui ci troviamo? Certo, sperare come navigare necesse est. Ma qui un Nazareno che dica a Lazzaro “alzati e cammina!” non c’è. Ma quanto sarebbe augurabile che ci fosse, e magari non solo con le parole.

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