domenica 4 marzo 2012

Monti e la grosste Koalition

C’è uno spread tra Italia e Germania di cui non si parla, è quello tra la grosse Koalition (grande coalizione) della Merkel e la grösste Koalition (grandissima coalizione) di Monti. La grande coalizione parlamentare tedesca che sostiene la Cancelliera ultimamente si è assottigliata, in seguito ai provvedimenti salva-Grecia. Mentre la grandissima coalizione parlamentare italiana, la grande abbuffata parlamentare, regge, anzi voci insistenti vorrebbero che l’esperienza Monti andasse oltre il 2013. Quel che disturba un normale cittadino educato alla democrazia e magari “perseguitato” per un suo diverso modo di leggere la storia del fascismo e della dittatura è tutto questo consenso ad una situazione politica quanto meno anomala. Possibile che gli italiani siano così pecoroni? Non si disconosce la necessità di sospendere la normale routine politica italiana, di cui non si ha certamente nostalgia, per i suoi risvolti di rissa continua, estesa dalle aule parlamentari a quelle dei tribunali, alle piazze e ad ogni luogo urbano e forse anche domestico, ma sorprende negativamente che da destra a sinistra non c’è nessuna voce che si spende per la democrazia e più in generale per la politica. Neppure i cosiddetti oppositori, la Lega e l’IdV, sembrano dolersi più di tanto per la sospensione del dibattito democratico; oppositori nel merito più che nel metodo. E, invece, dovrebbero esserlo di più nel metodo che nel merito, dato che l’Italia di una cura forte, per uscire dalla crisi, comunque aveva bisogno.
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E veniamo all’ipotesi Monti “due”. Sarebbe possibile? Escluso che si possa sospendere anche la Costituzione, che all’art. 60 recita: «La Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica sono eletti per cinque anni. // La durata di ciascuna Camera non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra», non resta che pensare ad una conferma di Monti anche dopo il rinnovo del Parlamento nella primavera del 2013. A questa ipotesi ha messo del suo lo stesso Presidente del Senato Schifani. Ipotesi non del tutto peregrina, salvo che è subordinata alle variabili elettorali, che nessuno al momento può prevedere. Sotto sotto un pensierino lo fa pure Monti, il quale ha così commentato le voci: «Se facciamo molto bene il lavoro con i miei colleghi di governo, non penso che sia molto probabile che mi chiedano di restare» (dichiarazione del 29 febbraio). Intanto la Rosi Bindi, presidente del Pd, ha detto che Monti deve durare fino alla scadenza naturale delle Camere e poi si deve riprendere col progetto del suo partito. E’ certa che le prossime elezioni le vincerà il centrosinistra. Ma, con sua buona pace, è una delle tante variabili possibili. Vorrei vederla la Bindi in presenza di un successo del centrodestra se non sarebbe favorevole ad un Monti sine die!
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La vicenda dei due marò del Reggimento San Marco ha dell’incredibile e dà l’esatta misura dei limiti del governo dei tecnici di Monti. A prescindere dal fatto se sono stati i due militari che hanno sparato nella convinzione che sull’imbarcazione indiana ci fossero dei pirati, comunque uomini armati, delle due l’una: o vale l’extraterritorialità delle acque in cui è accaduto il fatto o non vale. Nel primo caso l’Italia dovrebbe far rispettare le leggi internazionali; nel secondo caso dovrebbe dimostrare che non sono stati i due militari italiani ad uccidere i due “pescatori” indiani. Da quanto vediamo e sentiamo viene di farci l’idea che sono stati i due militari italiani a sparare sul peschereccio indiano in acque territoriali indiane. Se così non dovesse essere allora il comportamento dell’Italia non è paragonabile neppure a quello che in una circostanza simile potrebbe assumere Cipro o Malta. Davanti al mondo stiamo facendo la pessima figura di uno Stato che non riesce a farsi rispettare, dando l’idea di sprovvedutezza e debolezza. Altro che il bunga-bunga di Berlusconi! Lo zitti-zitti e quieti-quieti di Monti è ancor più mortificante. Speriamo, a questo punto, che il caso si risolva col rilascio dei due militari. I quali, acque internazionali o meno, se hanno sparato per difendere la nave hanno fatto la madre di tutto il bene, a mamma tu bbonu, diciamo noi salentini in dialetto.
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Altra dimostrazione dell’incapacità di affrontare i problemi sul piano politico da parte del governo Monti è quanto sta accadendo in Val di Susa, dove i movimenti no tav si stanno scatenando per impedire il necessario ampliamento del cantiere per la costruzione della linea ferroviaria Torino-Lione. I responsabili del movimento hanno capito che il governo è debole e dunque stanno calcando la mano. L’incidente del leader del movimento caduto dal traliccio, Luca Abba, lo sfottò di un altro manifestante al carabiniere, il blocco delle autostrade per impedire il passaggio degli automezzi, l’attacco alle forze dell’ordine con lancio di pietre e di altri oggetti, sono episodi gravissimi, specialmente se accaduti in sequenza; vogliono evidenziare una strategia di soluzione. E difatti i sindaci contrari che affiancano il movimento no tav, con la più grande dabbenaggine di questo mondo, proponevano una tregua: fermiamo il movimento no tav e fermiamo il cantiere; ossia una resa da parte dello Stato. Nessuno invoca l’esercito, come fa il leghista Maroni, ex ministro dell’interno, per risolvere fisicamente la questione; ma, a questo punto, lo Stato dovrebbe dare un segnale di forza e dimostrare che non arretra di fronte a chi vuole impedire che si realizzi un’opera ritenuta assolutamente necessaria. Monti dixit: i cantieri devono andare avanti, il dissenso è libero. Sì, ma qui si tratta d’altro e a fermare le violenze non bastano le parole.
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Angelo Panebianco sul “Corriere della Sera” del 2 marzo (La polveriera iraniana) solleva un altro aspetto della debolezza del governo Monti e di tutti i governi europei di fronte al rischio guerra che di qui a qualche mese potrebbe riproporsi in termini altamente drammatici anche per l’Europa, ossia l’attacco preventivo che Israele potrebbe sferrare contro l’Iran per impedirgli di dotarsi di ordigni nucleari. Tutti presi da spread e borse, mercati ed euro, debiti sovrani e decreti salva-stati, i governi europei non pensano che la polveriera iraniana potrebbe, scoppiando, far ricadere sulla nostra economia conseguenze disastrose, come il rincaro del petrolio e il conseguente aumento incontrollato dei prezzi. Effetto disastroso in un momento in cui la benzina alle stazioni di servizio non costa davvero il resto di un lavaggio automatico. Anche qui, mano alla pistola? Israele fa bene, anche sulla scorta di precedenti circostanze, prevenire l’attacco del nemico colpendolo per primo. Ma i governi europei dovrebbero prodigarsi, in maniera seria e pesante, per scongiurare non l’attacco di Israele ma la causa di questo attacco, inducendo in ogni modo il governo iraniano a desistere dal dotarsi di armi atomiche, facendogli capire che con Israele c’è tutto il mondo occidentale, come fecero con quei poveri disgraziati di Saddam Hussein e Gheddafi. Purtroppo i governi europei passano il loro tempo a contarsi e a ricontarsi i soldi che hanno in tasca e “d’altro non cale”.
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A Bruxelles è stato firmato l’accordo sul Fiscal compact da parte di tutti i Paesi dell’Unione, Inghilterra e Repubblica Ceca escluse. In che consiste? Nell’impegno di tutti i membri dell’Unione a tenere il bilancio entro i termini stabiliti. Ma già la Spagna si è tirata fuori, sforando di 1,4. Non c’è stato niente da fare. Come non ci sarà niente da fare se altri Stati si troveranno costretti a fare lo stesso per gli interessi del proprio Paese. Si continua in Europa a non voler considerare che questa baracca europea non può reggere, in difetto di un governo europeo, di una banca europea, aggiungerei di uno Stato europeo. La sovranità – lo hanno sempre spiegato gli esperti di filosofia del diritto – non è divisibile, non è riducibile, non è modificabile. La sovranità è come Dio.

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