domenica 18 marzo 2012

Monti e la tela del ragno

Governo Monti, un passo indietro. Novembre 2011. Si ipotizzava un governo che avesse dei tecnici in alcuni ministeri chiave, in specie in quelli dell’economia, per lasciare ai politici i ministeri più importanti per la fisiologia dello Stato, per intenderci interni, esteri, difesa. Non fu possibile, per il veto del Pd, che vedeva in un simile governo troppi elementi di continuità col precedente. Tanto avrebbe danneggiato il centrosinistra. Dunque la politica, la stessa politica, che tanto disastro aveva provocato fino a quel momento, pretese di procurarne ancora. Così il governo Monti nacque con un difetto di fabbrica: alcuni ministri importanti (Monti, Fornero, Passera) ed altri che non c’entravano a niente (Cancellieri, Severino, Di Paola, Terzi), ministeri, questi, che in genere devono essere guidati da politici, non solo perché legittimati dal popolo ma perché esperti delle specifiche faccende. Il difetto sta in questi ultimi. Senza offesa: ma che fanno tanti pellegrini in luoghi dove sarebbero necessari autentici conoscitori della politica a tutti i livelli? Ed ecco che un Terzi, ex ambasciatore, combina disastri in politica estera, come i casi dei due Marò in India, di Rossella Urru rapita in Algeria e del povero Lamolinara ucciso in Nigeria. Ed ecco un inutile Riccardi che esprime gratuito disprezzo per la politica. Ed ecco una Severino che, non avendo altro da fare in un governo tecnico, cerca di fare qualcosa in un terreno che non le compete, perché è politico. E si potrebbe continuare con questo Carro di Tespi che è il governo Monti. Quanti pasticci combineranno ancora?
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Periodicamente Ernesto Galli Della Loggia ricorda sul “Corriere della Sera” che siamo in una fase di progressivo assottigliamento di sovranità nazionale. Ciò che in Europa ha sospeso o accantonato la politica “ancor più dell’economia è la perdita (consapevolmente quanto incautamente accettata) di sovranità da parte dello Stato nazionale. […] alla lunga, l’assottigliamento della sovranità nazionale rischia di privare della sua ragion d’essere la stessa democrazia, la stessa sovranità popolare. […] Democrazia e Stato nazionale sono cose per più aspetti sovrapposte”. E via di questo passo. Dixit Galli Della Loggia (Democrazia e sovranità statale – 12 marzo). Non si può non dargli ragione. D’altra parte nello stesso giorno a Milano, Hotel Smeraldo, l’Associazione “LeG” (Libertà e Giustizia) di Gustavo Zagrebelsky ha tenuto un convegno sul tema “Dipende da noi - Senza Politica non c’è Democrazia”, con grandi interventi, tra cui quelli di Concita De Gregorio, Roberto Saviano, Giuliano Pisapia, Umberto Eco e ovviamente dello stesso Zagrebelsky. Intendiamoci, da destra e da sinistra si ribadisce in premessa la condivisione del lavoro di Monti, ma intanto con stringenti ragionamenti (Galli Della Loggia) e manifestazioni riprese poi in diretta da qualche televisione (L’Infedele di Gad Lerner su “La Sette”) lo si indebolisce. L’iniziativa di Zagrebelsky ha già raccolto 35.000 firme per rifondare i partiti e la democrazia e per far approvare il decreto anticorruzione. Tutto bello e importante. Ma per Monti non è certo rassicurante.
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Tutto agita le acque intorno alla barchetta montiana. Alfano e Bersani non fanno che confrontarsi duramente, direttamente su alcuni problemi (giustizia e Rai) indirettamente su Monti. Il direttore di “Repubblica” Ezio Mauro ha chiesto a Monti se per caso alla radice del suo governo non c’è stata un’intesa con Berlusconi di non toccare giustizia e Rai. Una domanda irriverente ed offensiva; ma in rebus. Mauro ha detto che quello di Monti è un governo a responsabilità limitata. Chiaro il concetto, ma infelice l’espressione: tutti i governi in democrazia sono a responsabilità limitata, se no che ci stanno a fare il Parlamento e tutte le altre istituzioni? Lo stesso Monti aveva detto, ospite di Fabio Fazio, che della Rai si sarebbe prima o poi interessato. Sta di fatto che Monti sui due spinosi problemi, dopo aver fatto marcia indietro, ha voluto dare soddisfazione alla “Repubblica” e ha indetto un nuovo vertice coi partiti che lo sostengono per la sera di giovedì, 15 marzo. Si parlerà anche di Rai. Sì – ha commentato Alfano – ma solo all’ultimo punto dell’agenda! Appare chiaro ormai che il destino di Monti sta nella tela politica che gli stanno tessendo intorno. Come una mosca lui in questa rete, in cui forse si trova fin dall’inizio, si vede sempre più avviluppato e immobilizzato dai ragni della politica.
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Infelice Alfano! Noi del PdL – ha detto – appoggiamo Monti con “opere ed omissioni”. Non sorprende tanto il tono catechistico, quanto l’outing fatto. Va bene per le opere, che sarebbero sempre quelle che avrebbe voluto fare il governo Berlusconi, ma perché le omissioni? Detta da un siciliano è come esibire la “carta d’identità”. Le omissioni – ha precisato Alfano – sono le cose che non diciamo per non creargli problemi”. Eh no, caro Alfano. Le omissioni, comunque usate, sono negative, evocano situazioni inaccettabili, fanno parte del trio delle tre scimmiette: non vedo, non sento, non parlo. Nessun governo – salvo che non si sia in guerra – vale una sola omissione. Potevi non dirlo, Alfano, dato che non potevi non pensarlo. Probabilmente Alfano cerca di dimostrare di avere quel “quid” che Berlusconi gli rimproverava di non avere. Ma le parole, specialmente quando non sono richieste, tradiscono una condizione che forse è meglio tener debitamente nascosta. C’è un comune senso di decenza come un comune senso del pudore. Si sa che i politici omettono, dicono bugie, ritrattano, a seconda delle circostanze; ma non possono davvero ammettere pubblicamente che il loro modo di essere in politica è fatto di omissioni e bugie.
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Davvero non si capisce in che cosa la situazione italiana stia migliorando in concreto. Tutti i dati rivelano un peggioramento della situazione, mentre aumenta il costo della vita, il prezzo della benzina è arrivato a due euro al litro, è aumentata l’Iva, calano i consumi, aumenta la disoccupazione. Sì, ogni giorno si gioisce per il calo dello spread, per l’andamento delle borse, ma se ci chiediamo che si mangia oggi dobbiamo registrare ancora digiuno. Va sempre più prendendo consistenza che i miglioramenti dell’Italia nei mercati internazionali siano dovuti ad una sorta di fiducia, per ora vuota di concreti miglioramenti, di cui gode Monti. E’ proprio vero che la saggezza popolare non sbaglia neppure per gli ambiti più internazionali: àggi nòmina e bbìnni citu dice un vecchio proverbio salentino, appunto godi di buona fama e puoi anche vendere aceto per vino.
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Finalmente il vertice a Palazzo Chigi tra Monti e i tre segretari di partito c’è stato. Sei ore di colloqui e, come Alfano aveva preteso, di giustizia si è parlato solo per dire che era tardi (le due di notte) e dunque non si sarebbe più parlato per quella sera. Che si è detto? Casini dalla Gruber a Otto e Mezzo su “La Sette” di venerdì, 16, si è limitato a girare intorno alle cose. Non ha voluto ammettere che l’accordo è solo di facciata. Bersani ha tenuto a dire che si sentiva preoccupato, un eufemismo per dire che lui in questa sorta di armonia partitica si riconosce poco; si sente a disagio. C’è da capirlo, è come pensare che quattro maschi, per una qualsiasi congiuntura, debbano dormire in uno stesso letto. Alla fine si coricano, ma è superfluo chiedere loro se e come hanno dormito. Se sono maschi! La stampa, quasi tutta, omaggia e sprizza fiducia in questo strano corso della politica, si fa per dire, di oggi. I governi, in Italia, cadono dopo una consultazione elettorale. Tutto dipenderà dai risultati delle prossime amministrative. Se l’esito per qualcuno non sarà quello sperato…addio Monti, non proprio manzoniano.

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